SET 29, 2024
Obiettivo della patente a punti: Il sistema è stato introdotto per migliorare la sicurezza nei cantieri edili, prevenire incidenti sul lavoro e ridurre il lavoro nero. L’obbligo di ottenere la patente riguarda tutte le imprese e i lavoratori autonomi che operano nei cantieri temporanei o mobili.
Requisiti per ottenere la patente: Le imprese devono soddisfare una serie di requisiti, tra cui la regolarità contributiva (DURC), la regolarità fiscale (DURF), l’adempimento degli obblighi formativi in materia di sicurezza sul lavoro e l’iscrizione alla Camera di Commercio. Questi requisiti possono essere autocertificati tramite il portale dell’INL e Designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), se previsto.
Sistema di crediti: Ogni impresa riceve 30 crediti iniziali al rilascio della patente. La patente consente di operare solo se si hanno almeno 15 crediti residui. Il punto 3 del sistema della patente a punti introduce un meccanismo di assegnazione e incremento dei crediti, che partono da 30 crediti iniziali e possono essere incrementati fino a 100. L’incremento avviene attraverso varie attività, tra cui la storicità dell’impresa (fino a 10 crediti), l’assenza di violazioni biennali (1 credito ogni 2 anni fino a 20 crediti) e specifiche azioni premianti, come investimenti in salute e sicurezza sul lavoro.
La tabella dei crediti aggiuntivi include:
Fino a 30 crediti per:
Certificazione SGSL conforme alla norma ISO 45001.
Asseverazione del Modello di organizzazione e gestione della sicurezza (MOG) ai sensi dell’art. 30 D.Lgs. 81/2008.
Investimenti in formazione specifica per i lavoratori, soprattutto stranieri, in ambito di prevenzione e sicurezza.
Utilizzo di tecnologie avanzate per la sicurezza sul lavoro.
Fino a 10 crediti per:
Attestazione SOA di prima e seconda classifica.
Formazione linguistica per i lavoratori stranieri.
Certificazioni interne per cooperative.
L’incremento dei crediti premia quindi le imprese che investono attivamente in sicurezza, compliance e formazione, incentivando comportamenti virtuosi. Inoltre, il punteggio può essere recuperato in parte anche in seguito a violazioni, attraverso corsi di formazione obbligatori e misure correttive adottate per migliorare le condizioni di sicurezza nei cantieri.
Questo sistema premia non solo l’adempimento normativo, ma anche la proattività delle imprese nel migliorare gli standard di sicurezza, con un meccanismo che bilancia incentivi e sanzioni.
Decurtazione dei crediti: I crediti possono essere decurtati in caso di infortuni sul lavoro, soprattutto se sono causati da una colpa grave del datore di lavoro o dei dirigenti. La decurtazione può essere applicata anche per violazioni amministrative accertate dall’INL.
Sospensione della patente: In caso di infortuni gravi, mortali o di violazioni sistematiche delle norme di sicurezza, l’INL può decidere di sospendere la patente fino a 12 mesi. Durante la sospensione, l’impresa non può operare nei cantieri.
Recupero dei crediti: Le imprese possono recuperare fino a 15 crediti attraverso la partecipazione a programmi di formazione o investendo in miglioramenti della sicurezza sul lavoro. La commissione territoriale, composta da rappresentanti dell’INL e dell’INAIL, valuta l’idoneità delle attività per il recupero dei crediti.
Piattaforma digitale: La gestione delle patenti avviene attraverso una piattaforma online gestita dall’INL. Questa piattaforma permette la presentazione delle domande e il monitoraggio dei crediti associati a ciascuna patente.
Implicazioni per le imprese: Le imprese che non rispettano i requisiti o subiscono la decurtazione completa dei crediti possono essere escluse dagli appalti pubblici o limitate nelle loro attività lavorative fino al ripristino della conformità.
Il sistema sarà operativo dal 1° ottobre 2024, ma la piena implementazione del portale e delle regole si concluderà entro il 31 ottobre 2024.
Con le ultime modifiche approvate, le variazioni essenziali sono uscite dall’insieme di interventi che, in caso di sanatoria edilizia, richiedono la doppia conformità.
In base al Testo unico dell’edilizia, le variazioni essenziali sono stabilite dalle Regioni quando si verifica una o più delle seguenti ipotesi:
- mutamento della destinazione d’uso che implica una variazione degli standards;
- aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;
- modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato o della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza;
- mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito;
- violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.
Questo significa che, a prescindere da quanto stabilito dalle Regioni, la sanatoria delle variazioni essenziali seguirà il percorso semplificato previsto per le difformità lievi.
Fin dalla versione iniziale, il Decreto Salva Casa ha alleggerito il requisito della doppia conformità.
Il Decreto Legge ha infatti previsto due percorsi differenziati per la sanatoria degli abusi più gravi e delle difformità lievi.
In caso di totale difformità dal titolo abilitativo, assenza del titolo abilitativo e variazioni essenziali rispetto al progetto autorizzato, per ottenere la sanatoria sarebbe stata ancora richiesta la doppia conformità.
Per sanare le difformità parziali, invece, il Decreto Salva Casa ha stabilito i requisiti della conformità:
- alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, disciplina che meglio può rappresentare gli interessi attuali del territorio;
- ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione dell’intervento.
Con le ultime modifiche, le variazioni essenziali entrano nel perimetro di interventi sanabili con quest'ultima procedura più leggera.
La versione definitiva del Decreto SalvaCasa estende la procedura semplificata di sanatoria edilizia senza doppia conformità agli interventi eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, anche se:
- gli interventi hanno determinato la creazione di superfici utili o volumi o l’aumento di quelli legittimamente realizzati;
- gli interventi risultano incompatibili con il vincolo paesaggistico apposto dopo la loro realizzazione.
L’autorità competente deve pronunciarsi sulla richiesta di sanatoria entro 180 giorni, previo parere vincolante della Soprintendenza, da rendere entro 9 0giorni. Scaduti questi termini, scatta il silenzio assenso.
La possibilità di ottenere la sanatoria senza il requisito della doppia conformità si applica poi agli interventi realizzati entro l’11 maggio 2006, autorizzati dagli Enti locali senza l’accertamento della compatibilità paesaggistica.
Fonte: Edilportale.com
Gli emendamenti approvati ieri dalla Commissione Ambiente della Camera ampliano anche le tolleranze costruttive, prevedendo un limite del 6% per gli immobili di superficie inferiore a 60 metri quadri.
Questa nuova soglia si aggiunge a quelle già previste dalla prima versione del DL Salva Casa, che quindi diventano:
- 2% per le unità immobiliari con superficie utile superiore ai 500 mq;
- 3% per le unità immobiliari con superficie utile tra i 300 e i 500 mq;
- 4% per le unità immobiliari con superficie utile tra i 100 e i 300 mq;
- 5% per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 mq;
- 6% per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 60 mq.
Ricordiamo che le tolleranze costruttive costituiscono degli scostamenti rispetto all’altezza, ai distacchi, alla cubatura, alla superficie coperta e ad ogni altro parametro delle singole unità immobiliari.
Tali scostamenti sono considerati lievi e non implicano una violazione edilizia.
Se gli scostamenti, rispetto alle misure autorizzate, si mantengono nel range delle tolleranze costruttive, i tecnici abilitati possono attestare lo stato legittimo dell’immobile, che è uno dei requisiti fondamentali per le compravendite immobiliari e per la realizzazione di nuovi interventi edilizi.
Fonte: Edilportale.com
Un contribuente ha chiesto chiarimenti sull’imposta del 26% sulla plusvalenza, che deve essere pagata da chi vende l’abitazione su cui sono stati realizzati i lavori Superbonus.
Il dubbio prospettato riguarda il caso in cui i lavori sono stati realizzati dal comodatario, che ha anche beneficiato del Superbonus, mentre la vendita dell’immobile è curata dal proprietario, che non ha beneficiato del Superbonus e non sa se deve comunque pagare l’imposta.
L’Agenzia delle Entrate ha risposto che gli immobili interessati dalla plusvalenza Superbonus sono tutti quelli sui quali sono stati effettuati interventi ammessi al Superbonus, a prescindere:
- dal soggetto che ha eseguito i lavori (proprietario o altri “aventi diritto” alla detrazione - conduttore, comodatario, familiare convivente, ecc.);
- dalla tipologia dei lavori (trainanti o trainati);
- dalla percentuale di detrazione spettante;
- dalla modalità di fruizione del Superbonus.
L’Agenzia ha poi ricordato che sono escluse le plusvalenze derivanti dalla cessione di immobili acquisiti per successione e di quelli che sono stati adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte dei dieci anni precedenti la cessione (o, qualora tra la data di acquisto o di costruzione e la cessione sia trascorso un periodo inferiore a dieci anni, per la maggior parte di tale periodo).
L’Agenzia ha infine spiegato che per il calcolo della plusvalenza, sulla quale il contribuente può applicare l’imposta sostitutiva del 26% (invece che il regime ordinario di tassazione), bisogna fare riferimento alla recente circolare con cui il Fisco ha chiarito come funziona la plusvalenza Superbonus.
Fonte: Edilportale.com
Alla fine di giugno 2024, le detrazioni maturate per lavori conclusi ammontano a circa 122,8 miliardi di euro.
Rispetto al mese di maggio c’è stato un aumento di meno di 66 milioni di euro.
Continua quindi a crescere il calo della spesa Superbonus, che a maggio ha registrato un aumento di 88 milioni di euro rispetto ad aprile, mentre ad aprile aveva segnato un aumento di 400 milioni di euro rispetto a marzo.
Spicca anche il dato della percentuale di lavori conclusi, che è rimasta identica rispetto al mese precedente (93,8%).
Prima che iniziasse il calo, la crescita della spesa Superbonus non è stata mai inferiore a 3 miliardi di euro al mese, con picchi di 8 miliardi a marzo su febbraio.
L’andamento della spesa Superbonus riflette i cambiamenti della normativa. Ricordiamo che il 1° gennaio 2024 l’aliquota del Superbonus è scesa al 70%, ma fino a marzo l’arresto non è stato percepito perché Enea ha continuato a ricevere le asseverazioni relative ai lavori realizzati nel 2023, che sono state inviate entro 90 giorni dalla fine dei lavori.
L’impatto delle restrizioni e delle condizioni meno convenienti ha iniziato a farsi sentire da aprile.
Fonte: Edilportale.com
Il dubbio è stato sollevato da un’impresa che il 28 dicembre 2023 ha caricato una fattura sul sistema di interscambio (Sdi) dell'Agenzia delle Entrate, cioè il sistema informatico che riceve le fatture ed effettua i controlli sui dati inseriti. Il sistema ha scartato la fattura e l’impresa l’ha ricaricata nei primi giorni del 2024 con lo stesso numero e la stessa data.
Il 31 dicembre 2023 è stato l’ultimo giorno per usufruire del Superbonus al 110%, a condizione di aver rispettato la scadenza del 25 novembre o del 21 dicembre 2022 per la presentazione della Cilas o del permesso di costruire. La detrazione è infatti scesa al 70% nel 2024.
Una differenza sostanziale per il beneficiario della detrazione, che non avrebbe potuto usufruire dello sconto in fattura integrale, ma anche per l’impresa, che avrebbe acquisito un credito inferiore.
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta 140/2024, ha premesso che, in linea generale, una fattura scartata dallo Sdi non può considerarsi emessa.
Tuttavia, se il problema che ha causato lo scarto viene corretto nei 5 giorni successivi alla ricezione del messaggio che avvisa che la fattura è stata scartata dallo Sdi, la fattura può considerarsi emessa in modo regolare e nei termini giusti.
Di conseguenza, per individuare il momento in cui è stata sostenuta la spesa e determinare la percentuale di detrazione Superbonus nonché quella dello sconto in fattura, si può fare riferimento alla data indicata nella fattura stessa.
Le stesse considerazioni valgono anche nel caso in cui l’emissione della fattura non avviene contestualmente al pagamento e nella fattura sono indicate due date differenti (una del pagamento e una di trasmissione allo Sdi). Se la fattura scartata dallo Sdi è ripresentata entro 5 giorni, le condizioni più vantaggiose del Superbonus possono essere preservate.
Fonte: Edilportale.com
Circa un quarto degli investimenti per lavori di riqualificazione degli edifici, analoghi a quelli incentivati da bonus facciate e superbonus 110%, sarebbero stati fatti anche in assenza di incentivi.
Poiché le due misure hanno comportato una spesa di oltre 170 miliardi di euro nel periodo 2021-23 (circa il 3% del PIL in media d’anno), se ne deduce che circa 45 miliardi di euro sarebbero stati spesi anche senza bonus.
È la conclusione che la Banca d’Italia mette nero su bianco nel paper ‘L’impatto economico degli incentivi fiscali alle ristrutturazioni edilizie’ pubblicato lunedì scorso, che analizza gli effetti del bonus facciate e del superbonus 110% attivi dalla seconda metà del 2020 con l’obiettivo di stimolare il settore delle costruzioni attraverso investimenti mirati a migliorare l’efficienza energetica e le caratteristiche antisismiche ed estetiche degli edifici residenziali.
La valutazione degli effetti dei due bonus è stata realizzata confrontando l’andamento della spesa per investimenti residenziali dell’Italia con quello di alcuni Paesi europei che non avevano adottato programmi simili (cd. ‘metodo del controllo sintetico’).
Bankitalia osserva che i sussidi hanno fornito un notevole stimolo agli investimenti abitativi, che sono stati considerati la variabile target del trattamento. Alla fine del 2023, gli investimenti per abitante in termini reali erano maggiori del 67% in Italia rispetto al controllo sintetico.
L’addizionalità del programma, cioè la quota di investimenti immobiliari che hanno ricevuto sostegno pubblico e che non sarebbero stati realizzati senza il programma, è stata di circa il 73%. In altre parole - spiega il documento -, un quarto della spesa relativa agli investimenti agevolati, oltre 45 miliardi di euro, rappresenta una ‘perdita secca’, cioè investimenti che sarebbero stati realizzati anche senza bonus facciate e superbonus 110%.
Questo risultato mostra che il moltiplicatore fiscale è leggermente inferiore a uno, una cifra inferiore a quella associata agli investimenti pubblici nei modelli macroeconomici standard o a quelli previsti per gli investimenti in economia verde.
Inoltre, il bonus facciate e il superbonus 110% sono stati responsabili per circa 2,6-3,4 punti percentuali della crescita totale del valore aggiunto del 13,5% dal 2020 al 2023. Gli incentivi hanno rappresentato circa tre-trimestri di crescita del valore aggiunto nel settore delle costruzioni.
Indubbiamente i bonus edilizi hanno generato benefici in termini di risparmio energetico ma l’analisi di Bankitalia non li ha considerati, né ha quantificato le possibili risposte comportamentali di imprese e famiglie in un contesto caratterizzato da prezzi di input in aumento e lunghi ritardi nell’esecuzione dei lavori di ristrutturazione.
In sintesi, confrontando il valore aggiunto generato dal programma con i suoi costi, “possiamo tranquillamente concludere - si legge nel paper - che la politica non si è ‘ripagata da sola’, vale a dire che le entrate extra-pubbliche generate dalla spinta all’attività economica indotta dai bonus sono state significativamente inferiori al loro costo lordo per le casse dello Stato, comportando un ulteriore accumulo di debito pubblico che dovrà essere ripagato in futuro”.
Fonte: Edilportale.com
Sono online sul sito web del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase) i documenti relativi ai lavori che hanno fruito del superbonus per l’efficientamento energetico finanziato dal PNRR.
I dati pubblicati sono quelli delle asseverazioni relative ai lavori rendicontati all’interno della quarta richiesta di pagamento PNRR comprensivi del codice univoco identificativo (ASID) e del Codice unico di progetto (CUP).
L’elenco comprende 60.755 interventi e, per ognuno, indica il tipo di immobile (unifamiliare, unità immobiliare indipendente, condominio), la Regione e il costo ammissibile dell’intervento.
La diffusione di questi dati è prevista dall’articolo 41 del Decreto PNRR 4 (DL 19/2024 convertito nella Legge 56/2024) che impone di pubblicare le asseverazioni rendicontate relative alle istanze per la fruizione di detrazioni fiscali afferenti agli interventi di efficientamento energetico finanziati con le risorse del PNRR relative alla Missione 2 Componente 3 ‘Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici’, Investimento 2.1 ‘Rafforzamento dell’ecobonus per l’efficienza energetica’.
Questa sub-misura del PNRR, lo ricordiamo, ha finanziato l’efficientamento energetico e sismico degli edifici con 13,95 miliardi di euro, ai quali si sono aggiunti 4,56 miliardi di euro del Fondo Complementare e 14,5 miliardi di euro del Decreto Rilancio a carico delle casse dello Stato italiano.
Lo stanziamento complessivo previsto - pari a 33,3 miliardi di euro -, come sappiamo, è stato abbondantemente superato e ad oggi sfiora i 123 miliardi di euro per gli interventi di efficientamento energetico.
La pubblicazione dell’elenco delle asseverazioni ha lo scopo di ottemperare all’articolo 22 ‘Tutela degli interessi finanziari dell’Unione’ e all’articolo 34 paragrafo 2 del Regolamento (UE) 2021/241 istitutivo del dispositivo per la ripresa e la resilienza, e all’articolo 129 ‘Cooperazione finalizzata a tutelare gli interessi finanziari dell’Unione’ del Regolamento (UE) 2018/1046 che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione.
Fonte: Edilportale.com
Il proprietario di un fabbricato inagibile, composto da abitazione, magazzino e autorimessa, intende demolirlo e ricostruirlo effettuando interventi antisismici e di efficientamento energetico.
Il fabbricato è suddiviso in due parti strutturalmente autonome:
- un blocco è inagibile dal 2009 e non può beneficiare di alcun contributo per la ricostruzione, ma solo di un contributo per la demolizione;
- l’altro blocco è inagibile dal 2016 e può beneficiare di un contributo per la ricostruzione.
Il proprietario ha quindi chiesto se, e in che misura, può ottenere il Superbonus.
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta 119/2024, ha ricordato che è possibile fruire della detrazione esclusivamente sulle spese effettivamente sostenute e rimaste a carico del contribuente, mentre eventuali contributi devono essere sottratti dall'ammontare su cui applicare la detrazione.
Il proprietario ha quindi diritto al Superbonus al netto dei contributi già riconosciuti, per la parte di spesa rimasta a suo carico.
L’Agenzia ha ricordato che il Superbonus nel cratere sismico ha ancora l’aliquota al 110% fino al 31 dicembre 2025 e che il limite di spesa è di 96mila euro per ciascuna unità e relativa pertinenza.
Alla spiegazione dell’Agenzia bisogna aggiungere le ultime novità introdotte dal nuovo Decreto Superbonus.
Le aree del cratere sismico sono le uniche dove si può ancora scegliere lo sconto in fattura e la cessione del credito.
Tuttavia, sulla scia delle limitazioni introdotte, per le istanze presentate a partire dal 30 marzo 2024, le opzioni continueranno fino all’esaurimento del plafond da 400 milioni di euro (330 milioni per le aree colpite dal sisma 2016 e 70 milioni per quelle del sisma del 2009).
Il nuovo Decreto Superbonus ha inoltre istituito un Fondo da 35 milioni di euro che erogherà contributi a chi sostiene le spese per la realizzazione dei lavori Superbonus.
Fonte: Edilportale.com
Il Decreto Superbonus prevede che le spese sostenute dal 1° gennaio 2024 daranno diritto ad una detrazione che sarà rateizzata obbligatoriamente in 10 quote annuali.
Per le imprese che hanno praticato lo sconto in fattura, sarà possibile continuare a utilizzare il credito corrispondente in compensazione in 4 anni. In realtà nel 2024 non sono molti i crediti acquisiti dalle imprese a seguito dello sconto in fattura perchè le chance dell osconto in fattura e della cessione del credito erano rimaste in piedi solo per Onlus, Iacp e lavori di rimozione delle barriere architettoniche.
A partire dall'entrata in vigore della legge sul nuovo Superbonus, anche le possibilità residue di sconto in fattura e cessione del credito saranno definitivamente eliminate.
L’unica eccezione al divieto di sconto in fattura e cessione del credito è quella delle aree dei crateri sismici, dove le opzioni saranno ancora consentite. Tuttavia, per le istanze presentate a partire dal 30 marzo 2024 (data di entrata in vigore del DL 39/2024), lo sconto in fattura e la cessione del credito saranno limitate. La legge sul nuovo Superbonus ha stanziato 400 milioni di euro, esauriti i quali la cessione del credito e lo sconto in fattura non saranno più consentiti.
Nei crateri sismici è inoltre prevista l’istituzione di un Fondo da 35 milioni di euro che erogherà un contributo a chi sostiene le spese per la realizzazione di interventi Superbonus.
Dal 1° gennaio 2025 le banche e gli Istituti di credito non potranno più utilizzare i crediti derivanti dal Superbonus e dai bonus edilizi, precedentemente acquistati, per compensare i contributi Inps e i premi Inail dovuti. Il divieto disincentiva le banche e gli Istituti di credito dall'acquisto di nuovi crediti.
Il Decreto Superbonus stablisce inoltre che le banche e gli Istituti di credito che hanno acquistato i crediti ad un prezzo inferiore al 75% potranno utilizzare tali crediti in sei rate annuali anziché in 4 e la quota di credito non utilizzata non potrà essere fruita negli anni successivi.
Per gli interventi di efficientamento energetico e di messa in sicurezza antisismica sarà obbligatorio inviare documenti aggiuntivi a Enea e al Portale nazionale delle classificazioni sismiche.
I Comuni che segnaleranno la mancata corrispondenza tra titoli abilitativi e interventi Superbonus realizzati riceveranno il 50% dei tributi statali riscossi e delle relative sanzioni civili applicate ai trasgressori.
Fonte: Edilportale.com
Il Superbonus frena, a fine aprile lavori e investimenti ai minimi storici
A fine aprile il costo legato alle detrazioni maturate per i lavori Superbonus conclusi è arrivato a 122,6 miliardi di euro. Rispetto al mese precedente c’è stato un aumento di quasi 400 milioni di euro.
Si tratta del dato più basso dall’introduzione del Superbonus ad oggi. Da quando il Superbonus è stato istituito, la crescita mensile non è mai stata inferiore ai 3 miliardi di euro.
Sono stati anche registrati dei picchi in corrispondenza della scadenza delle condizioni più vantaggiose e dei cambiamenti nella normativa sui lavori Superbonus agevolati. A fine marzo 2024, per esempio, l’aumento rispetto al mese precedente è stato di 8 miliardi e a fine febbraio di 7 miliardi, complice la scia di chi si è affrettato a chiudere gli interventi e sostenere le spese con le condizioni più vantaggiose del 2023.
Per contestualizzare il calo emerso a fine aprile 2024 bisogna considerare che chi realizza un intervento agevolato con il Superbonus deve inviare all’Enea le asseverazioni entro 90 giorni dalla fine dei lavori. Il dato di fine aprile si riferisce quindi a interventi realizzati nel 2024.
Dal 1° gennaio 2024 l’aliquota della detrazione che agevola i lavori Superbonus è scesa al 70%, risultando meno conveniente rispetto alle percentuali del 90% o 110% vigenti nel 2023.
Sul calo ha influito anche la progressiva eliminazione dello sconto in fattura e della cessione del credito. Ricordiamo infatti che a inizio 2023 il Decreto “Blocca Cessioni” ha limitato la possibilità di scegliere lo sconto in fattura e la cessione del credito agli interventi con titoli abilitativi presentati entro il 16 febbraio 2023. Le possibilità di scegliere lo sconto in fattura e la cessione del credito si sono poi praticamente azzerate con il nuovo Decreto in materia di detrazioni fiscali (DL 39/2024).
Il dato economico è lo specchio dei lavori Superbonus realizzati. A fine aprile si contano 1063 nuovi edifici interessati dagli interventi agevolati rispetto alle fine di marzo, mese che aveva chiuso con un aumento di circa 13mila edifici coinvolti rispetto a febbraio.
La decelerazione riguarda anche la percentuale di lavori conclusi. Dal 93,6% di fine febbraio, si è passati al 95,2% di fine marzo e al 95,3% di fine aprile. Segno che chi aveva dei lavori in corso e non ha fatto in tempo a ultimarli nel 2023 non si è affrettato a terminarli, scoraggiato dalle condizioni del 2024.
Nei prossimi mesi gli investimenti in lavori Superbonus potrebbero ulteriormente calare per effetto delle novità introdotte durante la conversione del DL 39/2024.
I beneficiari del Superbonus che hanno sostenuto spese nel 2024 sono stati colpiti dall’obbligo retroattivo di rateizzazione decennale. È molto probabile che chi ha iniziato i lavori non li completerà o che chi aveva programmato un intervento rinuncerà.
Fonte: Edilportale.com
Le detrazioni fiscali relative alle spese sostenute per i lavori agevolati dal superbonus saranno ripartite in 10 rate annuali, anzichè nelle 4 oggi vigenti.
La novità si applicherà alle spese sostenute a partire dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del DL 39/2024, quindi alle spese sostenute a partire dal 1° gennaio 2024.
La ripartizione del Superbonus in 10 anni sarà obbligatoria. Il Governo supera quindi le proposte emendative presentate, che prevedevano la possibilità di scegliere tra la fruizione regolare in 4 anni o in 10 anni.
L’obbligo del Superbonus in 10 anni colpisce quindi:
- i committenti privati che sostengono le spese e usufruiscono del Superbonus come detrazione Irpef nella dichiarazione dei redditi;
- le imprese che hanno praticato lo sconto in fattura e hanno acquisito un credito da utilizzare in compensazione.
Ricordiamo che dal 1° gennaio 2024 l’aliquota del Superbonus è scesa al 70%. I committenti privati che hanno iniziato i lavori nel 2024 possono usufruire del Superbonus solo come detrazione Irpef in 4 anni a meno che i titoli abilitativi siano stati presentati entro il 16 febbraio 2023: in questo caso i committenti hanno potuto optare per lo sconto in fattura o per la cessione del credito.
Alcune spese sostenute a partire dal 1° gennaio 2024 possono però riferirsi ad interventi iniziati negli anni precedenti, per cui il committente deve pagare ad esempio l’ultimo Sal. In questi casi, le aliquote della detrazione sono variabili dal 110% al 90% a seconda delle regole vigenti al momento in cui sono stati presentati i titoli abilitativi. Fino ad ora, a prescindere dall'aliquota, la detrazione è stata utilizzata in 4 anni.
Le imprese che hanno incamerato il credito dopo aver praticato lo sconto in fattura, fino ad ora lo hanno utilizzato in compensazione in 4 anni, mentre con le nuove regole saranno obbligate ad utilizzarlo in 10 anni.
L’annuncio ha subito messo in allarme gli operatori del settore. L’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) e l’Associazione bancaria italiana (Abi) hanno diramato una nota in cui affermano che “in questa fase complessa è importante dare certezze e rafforzare la fiducia. Interventi retroattivi sul Superbonus minerebbero la fiducia di famiglie, imprese e investitori”. Ance e Abi nella nota ricordano che lo stesso Ministro dell’Economia ha più volte indicato che non ci sarà il ricorso a interventi retroattivi.
“Leggiamo delle dichiarazioni, ma aspettiamo di vedere il testo. Come ha anche detto il ministro Giorgetti nessun provvedimento può essere retroattivo. Escludiamo che ci sia una retroattività, altrimenti avrebbe un impatto fortissimo su imprese, banche e cittadini” ha dichiarato all’Ansa la presidente dell’Ance, Federica Brancaccio.
"Mi sento in dovere di suggerire massima cautela relativamente alla paventata ipotesi dell'obbligo di spalmare i crediti da 4 a 10 anni anche per quelli antecedenti, ipotesi che apre al rischio default del settore: le norme non possono essere retroattive, l'introduzione di una retroattività apre a profili di incostituzionalità" ha commentato la deputata FI Erica Mazzetti.
La risposta sulla retroattività del Superbonus in 10 anni è arrivato dal Sottosegretario all’Economia Federico Freni, intervenuto ieri in Commissione Finanze del Senato. “La retroattività, lo ha detto il Ministro e io ribadisco, è limitata alle spese sostenute nell’esercizio fiscale vigente alla data di entrata in vigore della norma. E quindi, semplificando, a tutte le spese sostenute nell’esercizio 2024”.
Questo significa che i crediti fiscali e le detrazioni relativi alle spese sostenute nel 2023 non devono essere rateizzati in 10 anni.
Stando alle parole del Sottosegretario, un’impresa che ha in pancia diversi crediti fiscali può utilizzarli con tempistiche diverse a seconda della data della spesa cui si riferiscono. I crediti relativi a interventi e spese sostenute nel 2023 potranno continuare ad essere utilizzati in 4 anni. I crediti relativi alle spese 2024 saranno invece utilizzati in 10 anni. Anche se la retroattività è limitata al 2024, le imprese che, ad esempio, a gennaio 2024 hanno accettato un credito convinte di poterlo compensare in 4 anni e che devono invece utilizzarlo in 10 anni, vengono colpite dal nuovo cambio delle regole.
Lo stesso discorso vale per i committenti privati con lavori a cavallo del 2023 e del 2024. Per le spese sostenute nel 2023 usufruiranno della detrazione Irpef in 4 anni, per quelle sostenute nel 2024 del Superbonus in 10 anni. Probabilmente, conoscendo in anticipo le nuove regole, qualche committente non avrebbe affrontato le spese a inizio 2024.
Il Superbonus in 10 anni non è l’unica novità annunciata da Giorgetti: nell’emendamento del Governo ci saranno risorse per i Comuni che vigileranno sulle irregolarità e per le onlus.
Per incentivare i Comuni a effettuare tali controlli, sarà loro riconosciuta una quota pari al 50% delle maggiori somme riscosse a titolo definitivo sia in relazione a tributi statali sia alle sanzioni civili emerse a seguito di accertamento.
La novità ricalca la proposta del piano straordinario di controlli sulla corrispondenza tra titoli abilitativi presentati e realizzazione degli interventi programmati, contenuta tra gli emendamenti al ddl.
Fonte: Edilportale.com
Un emendamento al ddl propone di continuare a consentire la cessione del credito e lo sconto in fattura per gli interventi di rimozione delle barriere architettoniche fino al 31 dicembre 2025. Un altro avanza la stessa richiesta non solo per i lavori di rimozione delle barriere architettoniche, ma anche per qualli di messa in sicurezza antisismica negli edifici residenziali.
Ricordiamo che l’obiettivo del DL 39/2024 è continuare il lavoro iniziato con il Decreto “Blocca cessioni” (DL 11/2023), che ha limitato la cessione del credito e lo sconto in fattura agli interventi per i quali i titoli abilitativi, o le prove atte a dimostrare l’avvio dei lavori, sono stati presentati entro il 16 febbraio 2023.
Il DL 11/2023 aveva risparmiato dal blocco dello sconto in fattura e della cessione del credito i lavori per l’abbattimento delle barriere architettoniche (scale, rampe, ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici, realizzati su parti comuni dei condomìni e sulle unifamiliari possedute da nuclei familiari a basso reddito o con la presenza di un disabile). Il DL 39/2024 estende il divieto di cessione del credito e sconto in fattura anche a tali interventi, ma gli emendamenti vorrebbero ridimensionare la portata della novità.
Un emendamento propone di continuare a consentire la remissione in bonis per gli interventi per i quali la copia dell'asseverazione è stata trasmessa all’Enea entro il 30 marzo 2024 (data di entrata in vigore del DL 39/2024).
La riapertura della remissione in bonis consentirebbe la sanatoria di ritardi e imprecisioni nelle comunicazioni relative alla scelta dello sconto in fattura e della cessione del credito entro il 15 ottobre 2024 (termine per l’invio della dichiarazione dei redditi). Il DL 39/2024 ha invece bloccato questa possibilità per risolvere il problema dell’acquisizione dei dati sull’ammontare complessivo delle opzioni esercitate e delle cessioni stipulate, quindi sulle minori entrate del bilancio dello Stato.
Il 4 aprile è scaduto il termine ultimo per inviare all’Agenzia delle Entrate la comunicazione relativa alla cessione del credito e allo sconto in fattura, ma se le proposte non saranno accolte non sarà consentita alcuna correzione o integrazione.
Un’altra serie di emendamenti bipartisan propone di salvaguardare la cessione del credito e lo sconto in fattura per gli interventi realizzati nelle aree dei crateri sismici. Il DL 39/2024 ha introdotto il limite di 400 milioni di euro, superato il quale la cessione del credito e lo sconto in fattura non saranno più consentiti. Le proposte puntano all’aumento delle risorse per includere il maggior numero di lavori possibile.
Altri allentamenti sono stati chiesti per i lavori realizzati da onlus e Iacp o altri enti di edilizia popolare: gli emendamenti propongono di consentire la cessione del credito e lo sconto in fattura per i lavori realizzati dagli enti costituiti fino al 30 marzo 2024.
Fonte: Edilportale.com
Secondo l’UPB, i prossimi bonus edilizi dovrebbero avere un’aliquota tale da incentivare un comportamento ritenuto meritevole senza porre a totale carico dello Stato l’onere della spesa. Nella determinazione del livello dell’aliquota occorrerà inoltre tenere conto del recupero del costo iniziale dell’investimento che sarà assicurato nel tempo dal risparmio energetico prodotto dall’efficientamento.
Secondo UPB, l’interesse verso gli interventi di efficientamento energetico dipenderà più che dal livello assoluto dell’aliquota, dal differenziale rispetto alle agevolazioni di cui godono le ristrutturazioni ordinarie. In questa prospettiva, la prevista riduzione dal 50% al 36% delle detrazioni ordinarie a partire dal 2025 potrà contribuire a mantenere incentivi adeguati per l’efficientamento energetico con aliquote inferiori.
UPB pensa che i bonus fiscali dovrebbero essere selettivi sia riguardo alle attività incentivate sia ai beneficiari. L’analisi del Superbonus suggerisce che sarebbe stato possibile condizionare meglio il riconoscimento delle agevolazioni agli interventi che garantiscono il maggior risparmio energetico a parità di risorse impiegate.
Sul piano dei beneficiari, la possibilità di optare per lo sconto in fattura e il credito di imposta cedibile è stata riconosciuta alla generalità dei contribuenti anziché limitarla a coloro che avrebbero avuto problemi di capienza fiscale e vincoli di liquidità per anticipare le spese.
Tuttavia, senza una autorizzazione preventiva, UPB ritiene che ci sarebbe comunque il rischio che la misura produca effetti superiori alle attese.
A ventilare l’ipotesi dell’autorizzazione preventiva nei giorni scorsi è stato anche il Direttore del Dipartimento Finanze del Ministero dell’Economia, Giovanni Spalletta, intervenuto nello stesso ciclo di audizioni.
Dopo che le agevolazioni esistenti fino ad ora, in particolare Superbonus e bonus facciate, hanno mostrato le loro criticità, UPB pensa che si potrebbe valutare la possibilità di sostituire la detrazione fiscale con un trasferimento monetario (un contributo diretto alla spesa) modulato in base alla condizione economica del nucleo familiare e alla classe energetica dell’edificio, sottoposto ad autorizzazioni preventive e soggetto a un limite di spesa.
UPB ritiene infine necessario mettere subito a punto un sistema di monitoraggio che consenta di valutare l’efficacia della misura per poterla correggere e verificare l’andamento delle risorse effettivamente impiegate.
L'idea di UPB mira ad evitare quanto successo col Superbonus. UPB riferisce infatti che al 1° marzo 2024, data di pubblicazione del conto economico delle Amministrazioni pubbliche, l’ammontare del Superbonus nel periodo 2020-2023 è stato pari a circa 170 miliardi di euro.
Dai dati del monitoraggio pubblicati mensilmente da Enea risulta che, al netto dei nuovi investimenti che dovessero essere asseverati da aprile 2024, sottoposti alle limitazioni disposte dal decreto in esame, rimarrebbero da completare investimenti già asseverati in precedenza per circa 5,6 miliardi di euro, che plausibilmente daranno diritto a un’agevolazione del 70%.
Fonte: Edilportale.com
Dopo aver ripercorso le modifiche normative che hanno interessato i bonus edilizi e, in particolare, il Superbonus, Spalletta ha spiegato. He il design della misura, combinando aliquote eccessivamente generose con la possibilità di cedere il credito senza di fatto sostenere alcuna anticipazione finanziaria delle spese per i lavori di riqualificazione, in assenza di una preventiva procedura di autorizzazione che caratterizza altri crediti di imposta (ad esempio quelli previsti per Industria 5.0), è alla base di difficoltà oggettive e non superabili.
Spalletta ha riportato che la situazione è radicalmente diversa negli altri Pesi europei. Ad esempio, le aliquote di agevolazione vanno da un minimo del 20% in Germania a un massimo del 60% (Spagna) e 70% (Francia) variabili a seconda del tipo di intervento; in tutti i casi, comunque, sono previsti massimali di spesa e di importo delle detrazioni.
Secondo Spalletta, misure agevolative automatiche e senza preventiva autorizzazione non sono più compatibili con il nuovo quadro di finanza pubblica.
Spalletta nel suo intervento ha ricordato le norme che regolano il Superbonus e i bonus edilizi e affermato che la possibilità di scegliere tra lo sconto in fattura e la cessione del credito è stata determinante per l’aumento degli interventi agevolati e dell’interesse da parte dei beneficiari, degli operatori del settore costruzioni e degli intermediari finanziari.
Lo sconto in fattura e la cessione del credito hanno reso l’agevolazione particolarmente vantaggiosa, tenuto conto che si consentiva ai beneficiari di non anticipare la liquidità necessaria a sostenere i lavori di ristrutturazione. La quasi totalità dei beneficiari ha utilizzato le suddette modalità di fruizione e ha preferito quindi non anticipare le spese e non portarle in detrazione dall’Irpef a partire dall’anno successivo.
Spalletta ha illustrato i dati a disposizione del Dipartimento delle Finanze, dai quali risulta che le detrazioni Irpef per il Superbonus sono risultate nell’anno di imposta 2022 pari a circa il 4% del totale del costo annuo della misura, mentre il 96% del beneficio è riconducibile allo sconto in fattura e alla cessione del credito.
Sulla base degli ultimi dati forniti dall’Agenzia delle Entrate aggiornati alla data del 4 aprile 2024, termine ultimo per inviare la comunicazione relativa all’opzione per la cessione del credito o lo sconto in fattura senza possibilità di remissione in bonis, risulta che l’ammontare dei crediti relativi alle prime cessioni è pari a 160,5 miliardi di euro. Tale importo comprende anche i crediti che sono stati annullati dagli utenti o sequestrati dall’Autorità giudiziaria.
Dall’uso indiscriminato dello sconto in fattura e della cessione del credito sono scaturite criticità legate all’uso fraudolento delle detrazioni e alla sostenibilità finanziaria, che hanno reso necessaria l’adozione di provvedimenti restrittivi.
Sulla base di queste argomentazioni, il Governo rivedrà il sistema delle detrazioni fiscali relativi alla riqualificazione energetica e edilizia.
Fonte: Edilportale.com
Le regole sui termini di invio della comunicazione Enea relativa ai bonus edilizi non sono chiare nonostante le detrazioni fiscali esistano da anni.
L’Agenza delle Entrate, i Tribunali e la stessa Enea negli anni sono giunti a conclusioni diverse in merito alla comunicazione Enea relativa agli interventi agevolati con l’ecobonus. Il risultato è una generale incertezza, nonostante l’ecobonus sia ormai in scadenza a fine 2024.
Sembra esserci più chiarezza sulle regole della comunicazione Enea nell’ambito del bonus ristrutturazioni.
Per quanto riguarda il Superbonus, la normativa non lascia spazio a molti dubbi e diventa sempre più restrittiva.
A rimettere in dubbio le regole sui termini di invio della comunicazione Enea relativa agli interventi agevolati con l’Ecobonus 50%-65% è stata la sentenza 7657/2024 della Cassazione.
Con questa pronuncia, i giudici hanno affermato che i termini per l’invio della comunicazione Enea ecobonus non sono perentori. La normativa prevede che la comunicazione Enea, contenente l’Attestato di prestazione energetica (APE) e la descrizione degli interventi, vada inviata entro 90 giorni dalla fine dei lavori agevolati con l’ecobonus.
I giudici hanno spiegato che la comunicazione Enea ha una finalità statistica e mira a monitorare il risparmio energetico raggiunto con gli interventi realizzati. Secondo i giudici, non si tratta quindi di un elemento che implica la decadenza dell’ecobonus. Questo significa che l’omesso invio della comunicazione Enea può essere sanato anche oltre il termine di 90 giorni.
La Cassazione si è espressamente discostata da una sua precedente ordinanza (34151/2022) con cui aveva invece affermato che una comunicazione Enea ecobonus tardiva causava la perdita della detrazione.
La normativa sui termini per la comunicazione Enea ecobonus non è mai stata chiara e l’ultima pronuncia della Cassazione potrebbe non risolvere i dubbi. Fino ad ora, l’Agenzia delle Entrate ha interpretato la normativa in senso restrittivo, affermando che i termini della comunicazione Enea ecobonus sono perentori e che eventuali ritardi causano la revoca della detrazione.
Per avvalorare la propria tesi, l’Agenzia delle Entrate si è rifatta all’ordinanza della Cassazione del 2022, mentre qualche anno prima l’Enea, nelle sue faq, aveva affermato che gli errori o le omissioni possono essere sanati.
Tornando all’ultima sentenza della Cassazione, bisogna evidenziare che i giudici sono arrivati alla conclusione che i termini della comunicazione Enea ecobonus non sono perentori facendo riferimento alla Risoluzione 46/E/2019 dell’Agenzia delle Entrate. Questa risoluzione, però, si riferisce agli interventi edilizi e tecnologici che beneficiano del bonus ristrutturazioni ma comportano anche un risparmio energetico.
Si tratta quindi di due riferimenti normativi diversi, che l’ultimo intervento della Cassazione sembra aver confuso.
Le regole della comunicazione Enea sul bonus ristrutturazioni sono sempre state chiare. La normativa stabilisce l’obbligo di invio, ma non prevede una sanzione, quindi nessuno, neanche l’Agenzia delle Entrate, ha mai ritenuto i termini perentori.
Anche le regole sulla comunicazione Enea Superbonus sono chiare. Data l’alta percentuale di detrazione, il Superbonus ha sempre avuto regole più rigide rispetto agli altri bonus e il Decreto “Asseverazioni” ha da subito stabilito le modalità di invio della comunicazione Enea, contenente le asseverazioni e gli APE pre e post intervento, e le sanzioni in caso di dichiarazioni mendaci.
Il costo del Superbonus, che il Governo reputa eccessivo, ha spinto l’esecutivo a varare una serie di strette per depotenziare e rendere meno attrattiva la detrazione.
L’ultima riguarda proprio le comunicazioni da inviare all’Enea. Il nuovo DL 39/2024 ha infatti aumentato il numero di tali comunicazioni. Oltre alle asseverazioni e agli APE è ora obbligatorio inviare all’Enea:
- i dati catastali relativi all’immobile oggetto degli interventi;
- l’ammontare delle spese sostenute entro il 30 marzo 2024 (data di entrata in vigore del DL 39/2024);
- l’ammontare delle spese che prevedibilmente saranno sostenute dal 30 marzo 2024 e nel 2025;
- le percentuali delle detrazioni spettanti per le spese.
Il nuovo obbligo riguarda tutti i lavori in corso e i nuovi lavori da avviare.
Fonte: Edilportale.com
Come spiegato dall’Agenzia delle Entrate, la remissione in bonis è disciplinata dall’articolo 2, comma 1, del Decreto Legge 16/2012, convertito nella Legge 44/2012 sulle semplificazioni tributarie e l'efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento.
L’istituto della remissione in bonis consiste nella possibilità di non perdere i benefici fiscali subordinati ad una comunicazione preventiva o ad altri adempimenti formali non eseguiti tempestivamente.
Per poter beneficiare della remissione in bonis è necessario che le violazioni siano solo formali, che non siano già state contestate dalle autorità amministrative di accertamento e che non siano iniziate le attività di ispezione e verifica e che il contribuente abbia i requisiti necessari per accedere al beneficio.
In presenza di queste condizioni, il contribuente può beneficiare della remissione in bonis versando una sanzione amministrativa entro la data della prima dichiarazione utile.
Nel 2022 la remissione in bonis è stata estesa anche ai beneficiari del Superbonus e degli altri bonus edilizi.
La remissione in bonis ha concesso ad esempio più tempo ai contribuenti che non hanno inviato all’Agenzia delle Entrate la comunicazione per l’esercizio dell’opzione dello sconto in fattura o della cessione del credito perché non erano riusciti a stipulare un contratto di cessione.
Con la remissione in bonis sono stati sanati anche i casi di omessa o tardiva trasmissione delle asseverazioni relative agli interventi.
Per avvalersi della remissione in bonis sul Superbonus e gli altri bonus edilizi, i beneficiari delle detrazioni da cedere hanno versato una sanzione di 250 euro per ogni comunicazione inviata in ritardo.
Il DL 39/2024 cancella la possibilità che i beneficiari del Superbonus e degli altri bonus edilizi si avvalgano della remissione in bonis.
Come illustrato dall’Agenzia delle Entrate, l’esclusione della remissione in bonis si riferisce alle comunicazioni delle opzioni relative alle spese agevolabili sostenute nell’anno 2023 (nonché alle relative successive cessioni) e a quelle relative alle rate residue non fruite delle detrazioni riferite alle spese sostenute negli anni precedenti (nonché alle relative successive cessioni).
La remissione in bonis avrebbe consentito la sanatoria dei ritardi e dei piccoli errori formali fino al 15 ottobre 2024 (termine per l’invio della dichiarazione dei redditi).
Eliminando la remissione in bonis, non sarà possibile apportare correzioni o integrazioni dopo il termine del 4 aprile 2024. Secondo il Governo, in questo modo viene risolto il problema dell’acquisizione dei dati sull’ammontare complessivo delle opzioni esercitate e delle cessioni stipulate, quindi sulle minori entrate del bilancio dello Stato.
Consentendo la remissione in bonis fino al 15 ottobre 2024, il Governo ritiene che non sarebbe stata possibile una corretta gestione delle finanze pubbliche, perché ci sarebbero stati ritardi nelle stime e nelle valutazioni dell’efficacia delle stime stesse.
Il DL 39/2024 introduce anche un altro limite per la sostituzione delle comunicazioni delle opzioni di sconto in fattura e cessione del credito inviate dal 1° aprile al 4 aprile 2024.
Fino ad ora, in caso di errori, la comunicazione delle opzioni di sconto e cessione poteva essere annullata o sostituita entro il quinto giorno del mese successivo a quello dell’invio.
Questa possibilità resta solo per le comunicazioni inviate entro il 31 marzo 2024. Le comunicazioni inviate dal 1° al 4 aprile 2024 possono essere sostituite entro il 4 aprile 2024.
Il motivo dell’introduzione di questo limite è sempre il monitoraggio puntuale dell’ammontare dei crediti.
Lo stop alla remissione in bonis è considerato penalizzante dal Consiglio nazionale dei commercialisti tanto che il presidente, Elbano de Nuccio, ha scritto una lettera al Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, e al viceministro Maurizio Leo per sottolineare le criticità del nuovo decreto.
Secondo i Commercialisti, lo stop alla remissione in bonis “crea le condizioni per cui molti contribuenti perdano le agevolazioni, di cui hanno pieno diritto, per errori commessi in buona fede (si pensi a un errore di un solo codice fiscale in un condominio di centinaia di persone)”.
I Commercialisti ricordano che l’istituto della remissione in bonis è stato introdotto per tutelare i comportamenti in buona fede e ritengono che questa non possa essere sacrificata per esigenze informative di contabilità pubblica.
“E ciò è ancor più vero - concludono - per le comunicazioni inviate dal 1° al 4 aprile che non potranno essere sostituite utilizzando le procedure ordinariamente previste in caso di errori o di scarti in fase di trasmissione, il che costituisce, anche per gli Iscritti che rappresento, una falcidia pericolosissima considerate le condizioni incerte e frenetiche in cui ci si trova ad operare”.
Fonte: Edilportale.com
“Lo stop improvviso e totale a cessione del credito e sconto in fattura” previsto dal recente DL del Governo “ha creato un’ondata di preoccupazione sia in tutta la filiera degli operatori, sia tra i committenti degli interventi che non sanno se e quando i lavori potranno riprendere”. Così Manuel Castoldi, Presidente di Rete Irene, rete di imprese che operano nel settore dell’efficienza energetica.
“Operatori e committenti possono accettare una revisione degli incentivi per contenere la spesa, come quella proposta da Rete Irene negli ultimi mesi che subordina sconto in fattura e cessione del credito alla qualità o all’urgenza degli interventi. Risulta però del tutto impossibile fare e beneficiare della riqualificazione in un contesto normativo in continuo stravolgimento: un approccio che sorprende, specialmente considerata l’attenzione mostrata in altri casi dalla Maggioranza ad evitare cambiamenti normativi forti prima che le filiere interessate abbiano il tempo di adattarvisi” - prosegue Castoldi.
Si concentra sulle conseguenze per i professionisti e le imprese che agiscono nelle zone del cratere del terremoto del 2016 in Italia centrale, il commento dei Consigli Nazionali degli Ingegneri e degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori e della Fondazione Inarcassa. “Immaginare di completare la ricostruzione delle aree terremotate in tempi rapidi e senza l’utilizzo di fondi pubblici - dichiarano - è puramente utopistico”.
“Come abbiamo ripetutamente affermato, è necessario un sistema complessivo che agevoli l’opera di ricostruzione non che la ostacoli. Questa decisione del Governo, inusitatamente drastica, rischia di rendere impossibile l’opera di ricostruzione. Per questo chiediamo un ripensamento e che le agevolazioni fiscali siano mantenute almeno limitatamente alle aree colpite dal sisma. Noi, come di consueto, siamo disponibili al confronto col Governo per individuare una soluzione che concili l’esigenza di tenere i conti dello Stato sotto controllo e il diritto dei cittadini colpiti dal sisma di tornare a vivere nelle proprie case” - concludono.
Confabitare, associazione proprietari immobiliari, evidenzia con preoccupazione lo stop allo sconto in fattura per interventi di rimozione delle barriere architettoniche, soprattutto per le persone con limitate capacità economiche: “non è corretto paragonare il bonus barriere architettoniche ad altri bonus edilizi - commenta il presidente nazionale di Confabitare, Alberto Zanni - perché quest’ultimo è un beneficio sociale fondamentale per coloro che affrontano difficoltà economiche nell’accesso all’abitazione”.
“Lo stop agli sconti in fattura e alla cessione del credito influenza notevolmente la capacità delle famiglie e delle imprese di finanziare e gestire interventi volti alla rimozione delle barriere architettoniche; senza questi incentivi, sarà più difficile affrontare i costi necessari per rendere gli spazi urbani più inclusivi e accessibili per tutti i cittadini. “È essenziale - conclude Zanni - che la rimozione delle barriere architettoniche rimanga una priorità nella pianificazione e nella gestione urbana”.
“Mentre il capogruppo di Fdi Foti ci parla di ‘argine a sistema malato’, il governo Meloni decide di abbandonare a sé stesso il cratere sismico di Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo, nel quale senza il Superbonus 110% la ricostruzione post-sisma sarebbe ancora ferma al palo. Di fronte al delirio di Giorgetti, che con la stretta del suo DL sta scatenando il panico in queste ore tra i terremotati, chiediamo a tutto il governo Meloni di rinsavire. Il Centro Italia rischia ricadute devastanti, con comuni interi costretti alla paralisi e quindi al conseguente spopolamento. Di malato qui vediamo solo il furore ideologico del ministro dell’Economia”. Così in una nota la deputata umbra del M5s Emma Pavanelli.
Senza freni il deputato del Movimento 5 Stelle Agostino Santillo: “Praticamente di nascosto, Giorgetti e Meloni hanno compiuto l’ultimo atto in Consiglio dei Ministri del più grande tradimento ai danni degli italiani della storia repubblicana. Quasi un vilipendio di cadavere. Un fallimento totale di un anno e cinque mesi di governo”.
“Eliminando ogni tipo di cessione del credito e sconto in fattura colpiscono bonus fiscali che c'erano già prima del Covid. Oltre che sopprimere la possibilità delle Onlus di beneficiare della circolazione dei crediti al 70%” - prosegue Santillo -. “Motivo? ‘Il conto salatissimo’, il ‘prezzo per la finanza pubblica e sul debito’. Ma quale conto? Quale prezzo e quale debito, caro Giorgetti? Un prezzo che non è mai comparso in nessun documento economico ufficiale del governo? Un debito che secondo Istat è calato di oltre 17 punti negli anni del Superbonus? Un conto che nel biennio 2021-22 ha portato ad una crescita del Pil del 12%? Il conto di un milione di posti di lavoro creati? Come farà un meno abbiente, uno che ha poca capienza fiscale a fare lavori? Non potrà farlo”.
“Il Superbonus è stata una misura del popolo. Una misura per tutti. Che ha consentito a tutti i cittadini, al di là del ceto sociale, di poter migliorare la propria condizione abitativa. Di renderla più efficiente, meno costosa, più sicura e meno inquinante. Di porre l’Italia favorita ai nastri di partenza nella corsa al raggiungimento degli obiettivi richiesti dalla Direttiva Case Green. Una misura che ha fatto girare l’economia delle piccole imprese italiane, degli artigiani, dei professionisti. Non quella delle banche o delle lobby di potere care a questo governo. Forse proprio questa è stata la più grande pecca di questa misura. L’aver trascurato l’economia di pochi potenti a vantaggio di tutti. Anche di chi fino ad oggi non era mai stato considerato” - conclude il deputato M5S.
Puntualizza alcuni aspetti la deputata di Forza Italia Erica Mazzetti: “è chiaro a tutti che sono stati fatti degli errori al momento della prima scrittura della norma, errori che hanno generato problemi di cui oggi paghiamo il conto, fermo restando che bisognerebbe certificare con i numeri le entrate e non solo le uscite. Rimangono degli aspetti da chiarire e perfino da correggere in fase di conversione del decreto: per esempio sulla cessione o sugli immobili appartenenti a onlus o in zone terremotate. Sono convinta ci sarà modo di farlo con modifiche chiare e condivise”.
Fonte: Edilportale.com
Limitare la tassazione della plusvalenza Superbonus in base alla tipologia edilizia di lavoro realizzato e alla sua localizzazione. È questa, in sintesi, la proposta lanciata dal Consiglio Nazionale del Notariato con lo studio 15-2024/T.
L’idea è non colpire tutte le compravendite di immobili riqualificati con il Superbonus, avvenute dopo 5 o 10 anni dalla fine dei lavori, disinnescando di fatto gli effetti della plusvalenza Superbonus, introdotta dalla legge di Bilancio 2024 per evitare speculazioni.
Ma perché il Consiglio Nazionale del Notariato propone questa interpretazione? Alcune risposte possono arrivare analizzando i cambiamenti della normativa.
Fino al 2023, le spese “sostenute” per la realizzazione dei lavori agevolati con il Superbonus erano deducibili dalla plusvalenza tassabile.
La deducibilità delle spese per i lavori Superbonus dalla plusvalenza era stata ribadita nel 2021 dall’Agenzia delle Entrate. In quell’occasione, l’Agenzia aveva spiegato che le spese “sostenute” per i lavori Superbonus erano assimilabili ai costi inerenti al bene che, in base alla normativa fiscale, erano quindi deducibili dalla plusvalenza tassabile. L’Agenzia aveva infine aggiunto che non era rilevante la circostanza che il beneficiario del Superbonus, che poi avesse rivenduto l’immobile, avesse optato per lo sconto in fattura perché questa era una modalità alternativa alla fruizione diretta della detrazione.
La Legge di Bilancio per il 2024 ha cambiato prospettiva e previsto che le spese “sostenute” per i lavori agevolati col Superbonus, fruito sotto forma di sconto in fattura o cessione del credito, non sono più deducibili dalla plusvalenza, che viene tassata al 26%, se l’immobile è rivenduto entro 5 anni dalla fine dei lavori. Le spese sono dedotte per il 50% se l’immobile riqualificato è rivenduto entro 10 anni dalla fine dei lavori.
La ratio della nuova norma è non concedere più una doppia agevolazione: la realizzazione a costo zero di lavori che aumentano il valore dell’immobile e la vendita dell’immobile riqualificato senza il pagamento di una tassa sulla plusvalenza.
Il cambiamento delle regole in materia di plusvalenza fa parte della serie di vincoli al Superbonus introdotti dall’inizio dell’anno.
Lo studio del Consiglio Nazionale del Notariato propone di escludere dalla plusvalenza Superbonus:
- i lavori sulle parti comuni;
- i lavori di manutenzione ordinaria e quelli qualificabili come edilizia libera;
- i lavori agevolati con un’aliquota inferiore al 110%;
- le vendite effettuate da chi non ha usufruito del Superbonus.
Secondo lo studio, dovrebbero generare una plusvalenza Superbonus solo gli interventi che abbiano riguardato direttamente l’immobile, escludendo gli interventi sulle parti comuni dello stabile. Da questa interpretazione sembrerebbe che un lavoro sulle parti comuni non produca alcun effetto per il singolo appartamento.
Sempre secondo lo studio, sarebbero idonei a generare plusvalenza solo gli interventi edilizi trainanti e trainati di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia eseguiti sul singolo immobile. Dovrebbero invece essere esclusi gli interventi di manutenzione ordinaria o più in generale realizzabili in edilizia libera.
Lo studio apporta anche degli esempi degli interventi che non dovrebbero creare plusvalenza. Si tratta di riparazioni, sostituzioni delle finiture, integrazione degli impianti tecnologici, installazione di pompe di calore, eliminazione di piccole barriere architettoniche, sostituzione delle finestre e delle strutture accessorie, installazione di pannelli solari, sostituzione di impianti di climatizzazione invernale.
Degli interventi idonei a creare plusvalenza Superbonus, dovrebbero essere assoggettati alla tassazione solo quelli che hanno usufruito della detrazione al 110% e non gli altri, agevolato con l’aliquota al 90% o 70%.
Lo studio sottolinea anche il caso in cui i lavori agevolati con il Superbonus non sono stati realizzati dal proprietario, ma da un altro titolare di un diritto reale sull’immobile, come l’usufruttuario o il comodatario. Se il proprietario vendesse l’immobile, subirebbe una tassazione per lavori che non ha pagato e per i quali non ha usufruito di alcuna agevolazione.
Lo studio fa infine una considerazione in merito alla fine dei lavori: nel caso di un condominio molto grande, con più scale, non è facile determinare la fine dei lavori, che sarà diversa a seconda della zona dell’edificio. Un elemento che, secondo lo studio avallerebbe l’irrilevanza fiscale dei lavori su parti comuni.
Leggendo le proposte contenute nello studio pubblicato dal Consiglio Nazionale del Notariato sorge qualche dubbio.
Perché solo alcuni lavori, realizzati a spese dello Stato, dovrebbero essere dedotti dalla plusvalenza Superbonus? Un intervento effettuato sulle parti comuni di un condominio aumenta comunque il valore del singolo appartamento, ad esempio perchè acquisisce una migliore prestazione energetica. Lo stesso accade dopo un lavoro di edilizia libera. Una risposta potrebbe essere la volontà di non scoraggiare gli interventi di efficientamento energetico nei condomìni. Ricordiamo che il Superbonus nei condomìni è ancora in vigore per il 2024 e per il 2025 e se il titolo abilitativo è stato presentato entro il 16 febbraio 2023 è ancora possibile optare per lo sconto in fattura e la cessione del credito (condizioni che fanno diventare il lavoro idoneo a creare plusvalenza). Se i lavori non sono iniziati, o devono proseguire, l'idea di essere penalizzati sulla futura vendita dell'immobile riqualificato potrebbe indurre alcuni condòmini a non voler proseguire i lavori.
L’idea che solo gli interventi agevolati con il Superbonus 110% creino plusvalenza eviterebbe una doppia agevolazione a favore di chi ha realizzato i lavori senza sostenere alcuna spesa. Anche questa idea potrebbe voler sostenere gli interventi nei condomìni, sia quelli già effettuati, che hanno beneficiato del Superbonus al 90% nel 2023, sia quelli che nel 2024 e nel 2025 hanno diritto rispettivamente ad aliquote del 70% e 65%.
Sembra condivisibile l’idea di non penalizzare il venditore che non ha usufruito del Superbonus, ad esempio perché l’intervento agevolato è stato realizzato dal comodatario o dall’usufruttuario.
Ad ogni modo, quelle espresse nello studio del Notariato sono solo proposte che mirano alla correzione della normativa.
Fonte: Edilportale.com
Il Superbonus, cioè la detrazione maggiorata per l’efficientamento energetico degli edifici, continua a creare disaccordi.
Nato nel 2020, per consentire la ripresa post-pandemia, il Superbonus è stato modificato più volte, fino a quando il meccanismo su cui si reggeva, cioè lo sconto in fattura e la cessione del credito, si è inceppato ed è stato eliminato dall’attuale Governo.
Il Superbonus è stato considerato troppo costoso dalle Commissioni Bilancio e Ambiente della Camera, che hanno svolto un’indagine conoscitiva sull’impatto economico e finanziario della detrazione.
Le misure per l’efficientamento energetico degli edifici sono però indispensabili. A prescriverle è la Direttiva Case Green, approvata il 12 marzo 2024 dal Parlamento Europeo.
L’Italia dovrà quindi ridisegnare gli incentivi per l’efficientamento energetico.
Secondo il parere provvisorio delle Commissioni Parlamentari, emesso al termine dell’indagine conoscitiva, “l’effetto combinato del riconoscimento di aliquote di detrazione prossime o superiori al 100% delle spese sostenute per la realizzazione degli interventi e della facoltà di illimitata cessione dei relativi crediti di imposta, anche attraverso lo sconto in fattura e, quindi, la riduzione o la sostanziale eliminazione degli esborsi monetari connessi all’effettuazione dei lavori, hanno determinato un rilevante incremento dell’attrattività delle agevolazioni che si è riflesso in oneri molto significativi per la finanza pubblica, peraltro di difficile quantificazione, che hanno richiesto l’adozione di una pluralità di interventi correttivi e di aggiustamenti delle previsioni tendenziali nell’ambito dei documenti di programmazione economica e finanziaria”.
Nella bozza di parere si legge che esistono stime differenziate sugli effetti macroeconomici del Superbonus; tuttavia “gli effetti positivi in termini di crescita economica e occupazionale non sono tali da controbilanciare gli effetti che si rilevano a carico della finanza pubblica, specialmente per quanto attiene al fabbisogno di cassa derivante dalla riduzione del gettito fiscale e all’incremento del debito pubblico”.
Secondo le Commissioni, “è necessario operare una semplificazione dei regimi di agevolazione previsti, che, come si è visto, permangono ancora molto articolati e frammentati, che spesso prevedono il riconoscimento di incentivi differenziati per le stesse tipologie di intervento solo in relazione al tempo di realizzazione dell’investimento”.
Il parere suggerisce di creare un orizzonte di riferimento sufficientemente stabile nel medio periodo, con regimi agevolativi che possano essere mantenuti nel tempo.
Di Superbonus parla indirettamente anche la Direttiva Case Green, approvata definitivamente dal Parlamento Europeo.
Nel testo approvato dal Parlamento Europeo si legge che “la traiettoria nazionale per la ristrutturazione progressiva del parco immobiliare residenziale è espressa come un calo del consumo di energia primaria per unità di superficie di riferimento all'anno (kWh/m2/a) dell'intero parco immobiliare residenziale durante il periodo 2020-2050 e individua il numero di edifici residenziali e unità immobiliari residenziali o la superficie coperta da ristrutturare ogni anno, compreso il numero o la superficie coperta del 43% degli edifici residenziali con le prestazioni peggiori e delle unità immobiliari residenziali”.
Il Superbonus, introdotto in Italia nel 2020, rientra quindi nel conteggio delle misure intraprese per l’efficientamento energetico del patrimonio edilizio. Il Superbonus, però, scadrà a fine 2025 e attualmente la sua portata è stata depotenziata in virtù delle considerazioni sulla sua sostenibilità economica e finanziaria.
Come suggerito dalle Commissioni che hanno condotto l’indagine conoscitiva, il sistema di detrazioni dovrà cambiare, ma gli incentivi saranno fondamentali per stimolare la riqualificazione energetica e centrare gli obiettivi europei.
Al momento il Governo, sostenuto da una maggioranza che si è schierata contro la Direttiva Case Green, sembra preferire misure graduali, inglobate nella riforma fiscale.
Il Ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, commentando i contenuti della Direttiva Case Green ha infatti spiegato che gli interventi dovranno essere valutati anche nell’ottica della riforma fiscale e ha ribadito che “è necessaria gradualità”, anche alla luce “delle caratteristiche immobiliari del nostro Paese”. Infatti “abbiamo un patrimonio edilizio molto vecchio”. Ovviamente “l’obiettivo finale non va messo in discussione”, ha aggiunto.
I prossimi step sono quindi il recepimento della Direttiva Case Green, che deve avvenire entro due anni, e il varo della riforma fiscale. Nel frattempo, però, a fine 2024 scadrà la gran parte dei bonus edilizi, come l’ecobonus 65%-50%, mentre a fine 2025 cesserà di esistere anche il Superbonus.
Il Governo dovrà decidere a breve quale strada intraprendere per centrare gli obiettivi europei senza lasciare periodi non coperti da alcun incentivo.
Fonte: Edilportale.com
Il Governo metterà online i documenti relativi ai lavori che hanno beneficiato del superbonus per l’efficientamento energetico, finanziati dal PNRR. Su questi lavori sono già in corso controlli, sia formali che nei cantieri, da parte degli Organismi europei responsabili della tutela degli interessi finanziari dell’Unione e delle Istituzioni italiane.
Il Decreto PNRR 4 approvato lo scorso 26 febbraio dal Consiglio dei Ministri prevede che, entro 90 giorni dalla sua entrata in vigore, sul sito istituzionale del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica venga pubblicato l’elenco delle asseverazioni rendicontate relative alle istanze per la fruizione di detrazioni fiscali afferenti agli interventi di efficientamento energetico finanziati con le risorse del PNRR relative alla Missione 2 Componente 3 ‘Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici’, Investimento 2.1 ‘Rafforzamento dell’ecobonus per l’efficienza energetica’.
Questa linea del PNRR - lo ricordiamo - ha finanziato l’efficientamento energetico e sismico degli edifici con 13,95 miliardi di euro, con l'obiettivo di completare la riqualificazione energetica di almeno 32 milioni di metri quadri e la messa in sicurezza sismica di almeno 3,8 milioni di metri quadri entro il 31 dicembre 2025. A questi fondi si sono aggiunti 4,56 miliardi del Fondo Complementare e 14,5 miliardi del Decreto Rilancio a carico delle casse dello Stato italiano.
Lo stanziamento complessivo previsto - pari a 33,3 miliardi di euro -, come sappiamo, è stato abbondantemente superato, raggiungendo gli oltre 100 miliardi di euro solo per gli interventi di efficientamento energetico, e continua a salire.
Il Decreto PNRR 4 spiega che la pubblicazione dell’elenco delle asseverazioni relative agli interventi di efficientamento energetico ha lo scopo di ottemperare alle previsioni di cui all’articolo 129 ‘Cooperazione finalizzata a tutelare gli interessi finanziari dell’Unione’ del Regolamento (UE) 2018/1046 che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione e all’articolo 22 ‘Tutela degli interessi finanziari dell’Unione’ del Regolamento (UE) 2021/241 istitutivo del dispositivo per la ripresa e la resilienza.
I controlli previsti, come si può notare, riguardano soltanto gli interventi di efficientamento energetico degli edifici, e non anche quelli sismici che pure sono stati finanziati da una quota di quei 13,95 miliardi di euro. La bozza del Decreto PNRR riporta la nota “norma super-sismabonus in corso di redazione”; occorrerà quindi attendere la versione definitiva del DL.
Secondo i due Regolamenti suddetti, il corretto uso delle risorse europee da parte degli Stati membri viene controllato da diversi organismi comunitari: la European Court of Auditors (la Corte dei conti europea), lo European Public Prosecutor’s Office (EPPO cioè la Procura europea), lo European anti-fraud office (OLAF, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode). Questo vale in generale, anche da prima dell’introduzione del Piano europeo per la ripresa e la resilienza post-pandemia.
Le verifiche delle istituzioni finanziarie europee si aggiungono a quelle già in corso da parte degli organi di controllo italiani: Ragioneria generale dello Stato, Guardia di Finanza, Agenzia delle Entrate, Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, ENEA.
E infatti, tornando al Decreto PNRR 4, per finalità di verifica, le istanze sottoposte a controllo dai competenti organismi di controllo nazionali ed europei saranno inserite nel programma dei controlli predisposto dall’ENEA ai sensi dell’articolo 11 del DM 6 agosto 2020.
Infine, ENEA ha il compito di effettuare controlli in situ, congiuntamente ai predetti organismi di controllo nazionali ed europei, con priorità e nel rispetto della tempistica relativa ai controlli del PNRR. Questi controlli nei cantieri sono già partiti.
Fonte: Edilportale.com
Dopo le prime indiscrezioni sulla proroga, l’Agenzia delle Entrate, con il provvedimento 53159/2024, ha confermato che potranno essere comunicate entro il 4 aprile 2024:
- la scelta dell’opzione di sconto in fattura e cessione del credito, relativi alle spese agevolate dai bonus edilizi sostenute nel 2023;
- la scelta dell’opzione di sconto in fattura e cessione del credito relativa alle rate residue non fruite delle detrazioni riferite alle spese sostenute nel 2020, 2021 e 2022.
Ci saranno quindi 19 giorni in più rispetto alla scadenza originaria prevista dalla normativa che regola la fruizione del Superbonus e dei bonus edilizi, in base alla quale la comunicazione dello sconto in fattura e cessione del credito va inviata entro il 16 marzo dell’anno successivo a quello in cui sono state sostenute le spese che danno diritto alla detrazione.
Il provvedimento motiva la proroga con la necessità di concedere ai contribuenti e agli intermediari un maggiore lasso di tempo per l’invio della comunicazione.
L’Agenzia delle Entrate risponde alle richieste degli operatori, in difficoltà perché non riescono a cedere i crediti nei loro cassetti fiscali.
L’argomento è stato al centro di un’interlocuzione con il Governo del Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili, che ha sottolineato il bisogno di maggiore tempo per trovare cessionari disposti ad acquistare i crediti fermi nei cassetti fiscali.
Fonte: Edilportale.com
Con un’interrogazione presentata in Commissione Finanze della Camera, i deputati del Gruppo Misto Gebhard e Manes hanno chiesto al Mef di confermare se gli Iacp e le cooperative possono ancora scegliere la cessione dei crediti Superbonus secondo le deroghe previste dal Decreto blocca cessioni (DL 11/2023, convertito nella Legge 38/2023).
Il Mef ha risposto che, ai sensi del Decreto blocca cessioni, gli Iacp possono continuare ad optare per lo sconto in fattura e la cessione del credito a condizione che tali enti risultino costituiti entro il 17 febbraio 2023, data di entrata in vigore del decreto.
Il Mef ha affermato che la deroga vale solo per i soggetti espressamente indicati dal decreto blocca cessioni. Di conseguenza, per gli interventi realizzati su condomìni a prevalente proprietà degli Iacp, ma non interamente Iacp, non è possibile continuare a scegliere lo sconto in fattura e la cessione del credito.
Secondo il Mef, infine, gli Iacp possono continuare a scegliere lo sconto in fattura e la cessione del credito indipendentemente dall’aliquota Superbonus spettante, che è determinata dalla data di realizzazione dei lavori antisismici o di efficientamento energetico.
Gli Iacp e gli enti analoghi, se costituiti entro il 17 febbraio 2023, possono quindi optare per la cessione dei crediti Superbonus anche per i nuovi lavori realizzati dopo l’entrata in vigore del decreto blocca cessioni.
Nel caso dei lavori realizzati dai privati, invece, la cessione dei crediti Superbonus è consentita solo se i titoli abilitativi, o le prove atte a dimostrare l’avvio dei lavori, sono stati acquisiti entro il 16 febbraio 2023, cioè prima dell’entrata in vigore del decreto blocca cessioni. I nuovi lavori possono essere agevolati solo con il Superbonus sotto forma di detrazione Irpef.
Nell’ambito dei lavori privati, l’unica eccezione è costituita dalle aree dei crateri sismici, dove il Superbonus continua ad essere fruibile fino al 31 dicembre 2025 con l’aliquota originaria del 110% e sotto forma di detrazione Irpef, sconto in fattura e cessione del credito. Per questi interventi, lo ricordiamo, il nuovo decreto Superbonus (DL 212/2023) ha introdotto l’obbligo di stipula di contratti assicurativi entro un anno dalla data di conclusione dei lavori.
Tornando all'interrogazione sulle regole del Superbonus per gli Iacp e gli enti con finalità analoghe, il Mef ha ricordato che le aliquote del Superbonus attualmente in vigore sono le seguenti:
- Superbonus 70% per le spese sostenute nel 2024;
- Superbonus 65% le spese sostenute nel 2025.
Per completare la panoramica, il Mef ha anche ricordato che gli Iacp nel 2023 hanno usufruito del Superbonus 90% o del Superbonus 110% nel caso in cui avessero completato almeno il 60% dei lavori entro il 30 giugno 2023.
Il Mef ha concluso che le stesse regole valgono anche per i condomìni a prevalente proprietà degli Iacp.
Fonte: Edilportale.com
Il sequestro dei crediti legati al Superbonus continua a creare contenziosi nonostante la detrazione abbia ormai perso il suo appeal per l’abbassamento delle aliquote.
Nei giorni scorsi la Cassazione, con la sentenza 3108/2024 è intervenuta su un nuovo caso in cui il cessionario, che ha acquistato il credito in buona fede, subisce il sequestro perché il beneficiario originario ha frodato il Fisco, ottenendo il Superbonus pur non avendone diritto.
Il caso preso in esame dai giudici inizia con un’accusa di truffa legata al Superbonus ad una serie di soggetti che non avrebbero eseguito gli interventi che hanno ottenuto l’agevolazione, ma avrebbero emesso false asseverazioni e fatturazioni con sconto in fattura, poi monetizzato attraverso la successiva cessione del credito.
I crediti sono stati acquistati da una banca, che ritiene di non essere coinvolta nell’operazione fraudolenta dal momento che, in base all’articolo 121 del Decreto Rilancio (DL 34/2020), il cessionario è responsabile solo in caso di utilizzo irregolare del credito o di concorso nella violazione.
Il Tribunale del riesame, però, boccia la tesi della banca e sequestra i crediti. La banca presenta quindi ricorso in Cassazione, sostenendo di aver acquistato i crediti in buona fede.
La Cassazione ha ribadito un concetto emerso più volte nei contenziosi sul sequestro dei crediti Superbonus: la buona fede dell’acquirente non può evitare il sequestro perché deve essere impedita la circolazione dei crediti legati ad operazioni fraudolente.
Per il sequestro impeditivo, spiega la pronuncia, è sufficiente un collegamento indiretto tra il credito e il crimine commesso.
I giudici hanno sottolineato che i crediti sequestrati alla banca sono stati considerati pertinenti alla truffa, mentre non si può accettare la tesi secondo cui il beneficiario del Superbonus, con la cessione, avrebbe rinunciato al suo diritto alla detrazione e il cessionario, con l’acquisto del credito, avrebbe maturato a titolo originario il diritto al Superbonus.
Questo significa che la cessione del credito non estingue il diritto alla detrazione e l’acquisto dello stesso credito, da parte del cessionario, non fa nascere un nuovo diritto.
Di conseguenza, anche il credito acquistato in buona fede può essere sequestrato.
Fonte: Edilportale.com
È tramontata l’ennesima richiesta di allungare i termini del superbonus: gli emendamenti al ddl di conversione del nuovo Decreto Superbonus (DL 212/2023) che chiedevano di dare più tempo ai condomìni per completare i lavori fruendo ancora delle percentuali del 110% o 90% sono stati ritirati (quelli della maggioranza) o respinti (quello dell’opposizione) nel corso dell’esame in Commissione Finanze della Camera.
Gli emendamenti, lo ricordiamo, proponevano che coloro i quali avessero completato per almeno il 70% al 31 dicembre 2023 lavori agevolati dal superbonus 110% potessero fruire delle stesse condizioni fino alla fine di febbraio 2024.
La proroga dei termini o un SAL straordinario erano stati chiesti anche dall’Ance.-
Saranno invece confermati i contenuti del nuovo Decreto Superbonus che fa salvi i lavori già eseguiti nei cantieri superbonus 110%, consentendo a coloro i quali non dovessero riuscire a completare gli interventi di non restituire tutto il bonus di cui hanno beneficiato, e prevede un contributo per aiutare i cittadini con redditi bassi a far fronte alle spese sostenute dal 1° gennaio al 31 ottobre 2024.
Nel pomeriggio del 24 gennaio, la sottosegretaria all’Economia Lucia Albano ha preannunciato l’orientamento contrario del Governo su tutte le proposte emendative, comprese le ipotesi di proroga delle scadenze previste dal Decreto-Legge.
Albano ha ricordato ai deputati che la misura del superbonus ha effetti seri e gravi sui conti pubblici e che, come già evidenziato dal ministro Giorgetti in audizione sulla legge di bilancio 2024, il Governo ha posto in essere tutte le misure possibili nella consapevolezza di dover salvaguardare i saldi di finanza pubblica.
La sottosegretaria ha aggiunto che, prima di adottare qualunque misura ulteriore, è necessario, tra alcuni mesi, verificare gli effetti del provvedimento in esame, che il Governo è consapevole delle istanze legittimamente avanzate dai cittadini e dagli operatori del settore e che intende porre la massima attenzione alle questioni sollevate”.
Durante la discussione, il PD ha chiesto al Governo come intenda risolvere le numerose questioni aperte sul superbonus e se esista un quadro esatto delle reali conseguenze subite dai cittadini che non hanno ancora concluso i lavori o che non riusciranno a concluderli secondo le scadenze previste dalla legge.
Il Presidente Marco Osnato ha ricordato che il Governo sta lavorando per introdurre una disciplina degli incentivi che sia compatibile con la salvaguardia dei conti pubblici. Si tratta della riforma dei bonus edilizi, preannunciata oltre 3 mesi fa, che rientra nel riassetto generale delle agevolazioni previsto dalla legge di delega fiscale.
La Commissione Finanze di Montecitorio ha quindi concluso ieri l’esame ed espresso la sua posizione: confermare tutti i contenuti del Nuovo Decreto Superbonus (DL 212/2023), senza modifiche. Il testo andrà in Aula alla Camera lunedì 29 gennaio per poi passare al Senato che dovrà convertirlo in legge entro il 27 febbraio 2024.
Fonte: Edilportale.com
Chi ha completato per almeno il 70% al 31 dicembre 2023 lavori agevolati dal superbonus 110% potrà fruire delle stesse condizioni per ulteriori 60 giorni a partire da quello successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del nuovo Decreto Superbonus.
È quanto chiedono 3 dei 123 emendamenti al DL 212/2023, presentati in Commissione Finanze della Camera.
Ricordiamo che il DL 212/2023, nuovo Decreto Superbonus, fa salvi i lavori già eseguiti nei cantieri superbonus 110%, consentendo a coloro i quali non dovessero riuscire a completare gli interventi di non restituire tutto il bonus di cui hanno beneficiato, e prevede un contributo per aiutare i cittadini con redditi bassi a far fronte alle spese sostenute dal 1° gennaio al 31 ottobre 2024.
I 3 emendamenti identici sono stati proposti da Ubaldo Pagano (PD), Renate Gebhard (Gruppo misto) e Saverio Congedo (FdI). Tuttavia, quest’ultimo lo ha ritirato nel giro di poche ore.
La proposta emendativa recepisce la richiesta dell’Ance di prorogare il superbonus 110% al 29 febbraio 2024, per salvare 25.000 cantieri condominiali sui 40.000 ad oggi incompiuti.
Altri emendamenti propongono proroghe più o meno lunghe (febbraio 2024, giugno 2024) e diverse percentuali di completamento dei lavori (70%, 60%). Oppure chiedono di allungare da 4 a 10 anni il periodo di detrazione delle spese dall’Irpef e di portare dagli attuali 15.000 euro a 25.000 il tetto del reddito di riferimento per avere diritto al contributo destinato ai redditi bassi, a parità di dotazione (circa 16 milioni di euro) del Fondo.
Per discutere degli emendamenti presentati, è in programma per oggi un incontro tecnico tra il relatore al ddl di conversione del DL 212/2023, Guerino Testa (FdI), e il Governo.
Fonte: Edilportale.com
La normativa sui bonus edilizi è in continuo cambiamento e chi intende realizzare un intervento deve capire come orientarsi tra le agevolazioni cui potrebbe avere diritto.
Se negli ultimi anni i bonus cappotto termico hanno coinciso con il Superbonus 110% o 90%, nel 2024 la situazione è più complessa. In alcuni casi si può scegliere tra diversi bonus edilizi, valutandone la convenienza, mentre per certe tipologie di edifici è ormai riconosciuto un solo bonus.
Prendiamo ad esempio il caso di un condominio che intende realizzare un intervento di isolamento termico iniziando i lavori nel 2024.
Se l’intervento consiste nell’isolamento termico delle superfici opache verticali, orizzontali e inclinate che interessano l’involucro per oltre il 25% della superficie disperdente lorda dell’edificio, il condominio può richiedere il Superbonus con aliquota al 70% fino al 31 dicembre 2024 o al 65% fino al 31 dicembre 2025.
Il Superbonus ha un tetto di spesa di 40mila euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio negli edifici composti da 2 a 8 unità immobiliari e di 30mila euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio negli edifici composti da più di 8 unità immobiliari.
A beneficiare del Superbonus cappotto termico sono solo le persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti o professioni. I titolari di reddito d’impresa o professionale ottengono il bonus cappotto termico solo in quanto l’isolamento termico è un intervento trainante che riguarda le parti comuni dell’edificio.
Non essendo più consentito lo sconto in fattura né la cessione del credito, è possibile usufruire del Superbonus solo sotto forma di detrazione Irpef in 4 rate di pari importo.
Per ottenere il Superbonus, ci sono diversi adempimenti da rispettare, come acquisire le asseverazioni attestanti la rispondenza dell’intervento al DM Requisiti tecnici e al Decreto Prezzi e la congruità delle spese sostenute per realizzare l’intervento. In fase di dichiarazione dei redditi, i commercialisti devono produrre e rilasciare al beneficiario del bonus cappotto termico il visto di conformità.
In condominio, l’alternativa al Superbonus è l’ecobonus, la detrazione per l’efficientamento energetico degli edifici con aliquota variabile, in vigore fino al 31 dicembre 2024. Per gli interventi di riqualificazione energetica di parti comuni di edifici condominiali che interessino almeno il 25% dell’involucro, l’ecobonus ha un’aliquota del 70%.
La scelta tra Superbonus ed ecobonus potrebbe sembrare indifferente, ma bisogna tenere presente che per usufruire dell’ecobonus non è necessario acquisire l’asseverazione attestante la congruità delle spese nè il visto di conformità. I beneficiari devono comunque acquisire l’asseverazione del tecnico abilitato, l’Attestato di Prestazione Energetica (APE) e la scheda informativa degli interventi realizzati, per poi trasmettere le informazioni all’Enea.
La prospettiva cambia se con l’intervento di miglioramento della prestazione energetica invernale ed estiva si consegue almeno la qualità media di cui al DM 26 giugno 2015: in questo caso l’aliquota dell’ecobonus sale al 75% e questa detrazione può risultare più conveniente del superbonus.
Il tetto di spesa su cui calcolare la detrazione del 70% o 75% è pari a 40mila euro per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio.
Un altro fattore che potrebbe far propendere per l’ecobonus è la ripartizione della detrazione in 10 rate annuali anziché in 4. Spalmare la detrazione in 10 anni abbassa l’importo della rata e un contribuente con una capienza fiscale bassa ha una minore probabilità di perdere una parte della somma cui avrebbe diritto.
Facciamo qualche esempio pratico per capire quale bonus cappotto termico è più conveniente nel 2024.
Prendiamo in considerazione un condominio con 6 appartamenti che richiede l’ecobonus. Il tetto di spesa è pari a 240mila euro (40mila euro x 6), quindi la detrazione al 70% ammonta a 168mila euro e quella al 75% è pari a 180mila euro.
Se lo stesso condominio dovesse richiedere il Superbonus, avrebbe diritto ad una detrazione pari a 168mila euro (70% di 240mila euro).
Le cose cambiano in un condominio più grande, ad esempio di 9 appartamenti. Il tetto di spesa dell’ecobonus è 360mila euro (40mila x 9), di conseguenza l’ecobonus può ammontare a 252mila euro (70% di 360mila euro) o 270mila euro (75% di 360mila euro).
Diversamente, il tetto di spesa del Superbonus ammonta a 270mila euro (30mila x 9) e la detrazione al 70% è pari a 189mila euro.
Tra i bonus cappotto termico cui il condominio ha diritto, il Superbonus risulta meno conveniente.
Fino al 31 dicembre 2024, gli interventi di efficientamento energetico abbinati a quelli di riduzione del rischio sismico, realizzati sulle parti comuni degli edifici condominiali situati nelle zone sismiche 1, 2 e 3, hanno diritto ad una detrazione dell’80% se determinano il passaggio a una classe di rischio inferiore, e dell’85% in caso di passaggio a due classi di rischio inferiori.
La detrazione è calcolata su una spesa massima di 136mila euro, moltiplicata per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio, ed è ripartita in 10 rate annuali.
Per fare un esempio pratico, in un condominio con 6 appartamenti il tetto di spesa della detrazione ammonta a 616mila euro (136mila x 6). Di conseguenza, in base al miglioramento sismico ottenuto, la detrazione può essere 652.800 euro (80% di 816mila euro) o 693600 euro (85% di 816mila euro).
Dal 2024 gli edifici unifamiliari e le unità immobiliari funzionalmente indipendenti non hanno margini di scelta: con la definitiva scadenza del Superbonus, gli interventi di efficientamento energetico realizzati su questi edifici hanno diritto solo all’ecobonus.
L’ecobonus è una detrazione Irpef e Ires, che può essere richiesta da persone fisiche, compresi gli esercenti arti e professioni, i contribuenti che conseguono reddito d’impresa (persone fisiche, società di persone, società di capitali), le associazioni tra professionisti, gli enti pubblici e privati che non svolgono attività commerciale.
Le aliquote e i tetti di spesa dell’ecobonus variano in base agli interventi e agli edifici su cui sono realizzati. L’ecobonus per il cappotto termico è pari al 65% delle spese sostenute. Il tetto massimo della detrazione ammonta a 60mila euro, (il 65% di una spesa massima pari a circa 92.307 euro).
L’ecobonus è suddiviso in 10 rate annuali di pari importo.
Ricordiamo, per completezza, che nel 2024 sia nei condomìni sia negli edifici unifamiliari, è possibile richiedere il bonus ristrutturazioni, che agevola anche gli interventi edilizi e tecnologici che comportano risparmio energetico.
Il bonus ristrutturazioni ha un’aliquota del 50% e un tetto di spesa di 96mila euro per unità immobiliare. La detrazione è ripartita in 10 rate annuali.
Facciamo un esempio: considerando un appartamento con una superficie esterna di 90 metri quadri e pannelli isolanti da 200 euro a metro quadro, il costo dell’intervento sarebbe di 18mila euro e il bonus cappotto termico di 9mila euro per appartamento.
Ipotizzando che l’intervento sia realizzato in un condominio con 6 appartamenti, aventi la medesima superficie esterna, il costo del cappotto termico sarebbe pari a 108mila euro e la detrazione ammonterebbe a 54mila euro.
Fonte: Edilportale.com
Gli investimenti Superbonus chiudono il 2023 con un’impennata sostenuta dai condomìni. A fine dicembre 2023, la spesa per interventi di efficientamento energetico agevolati con il Superbonus ha registrato un aumento di 6 miliardi di euro, contro il trend di 4 miliardi degli ultimi mesi.
Il motivo di questa accelerazione sta nell’abbassamento dell’aliquota della detrazione, che nel 2024 è passata dal 110% o 90% al 70%. I condomìni hanno quindi puntato a realizzare il maggior numero di lavori per ottenere un’agevolazione più favorevole.
Secondo il consueto report mensile diffuso da Enea, gli investimenti Superbonus complessivi a fine dicembre ammontano a 104 miliardi di euro e gli investimenti ammessi a detrazione a 102,6 miliardi di euro.
Il totale degli investimenti per lavori conclusi e ammessi a detrazione ammonta a 91 miliardi di euro, mentre le detrazioni maturate per tali lavori, quindi il costo per lo Stato, è pari a 99,7 miliardi di euro.
L’aumento della spesa Superbonus è sostenuto dai condomìni. Gli investimenti totali a fine dicembre 2023 ammontano a 64,4 miliardi di euro, contro i 58 miliardi di fine novembre. Gli edifici coinvolti dal Superbonus sono in tutto 461.433, cioè 14.555 in più rispetto alla fine di novembre.
Il totale di investimenti ammessi a detrazione ammonta a 64 miliardi di euro e sono stati realizzati lavori ammessi alla detrazione per 54,3 miliardi di euro. Questo significa che restano da terminare lavori pari a circa 10 miliardi di euro. Considerando che dal 2024 l’aliquota del Superbonus è scesa dal 110% o 90% al 70%, il costo per lo Stato sarebbe di circa 7 miliardi di euro.
I lavori completati nei condomìni a fine 2023 sono l’85% di quelli totali. Nel 2024 resta quindi da realizzare il 15% dei lavori. Parte di questi lavori potrebbe non essere terminata perché l’abbassamento dell’aliquota potrebbe aver reso poco conveniente la prosecuzione dei cantieri.
In base alla normativa sui bonus edilizi, il mancato completamento dei lavori comporta la revoca della detrazione. Per evitare un simile scenario, il nuovo decreto “Superbonus” ha previsto che, nel caso in cui i lavori non dovessero essere completati e se non dovesse essere raggiunto il miglioramento energetico di 2 classi, l’Agenzia delle Entrate non procederà alla revoca della detrazione riconosciuta per gli interventi realizzati fino al 31 dicembre 2023.
Inoltre, per consentire la conclusione dei cantieri Superbonus 110% che abbiano raggiunto uno stato di avanzamento dei lavori (SAL) non inferiore al 60% al 31 dicembre 2023, il nuovo decreto "Superbonus" ha introdotto un contributo per le spese sostenute dal 1° gennaio 2024 al 31 ottobre 2024, destinato ai cittadini con reddito di riferimento inferiore a 15mila euro. Questa misura potrebbe pesare sulle casse dello Stato per 16.441.000 euro. I contributi saranno infatti finanziati dallo stesso Fondo per il contributo erogato nel 2023, istituito con una dotazione di 20 milioni, dei quali sono stati utilizzati 3.559.000 euro.
Fonte: Edilportale.com
Sono salvi i lavori già eseguiti nei cantieri superbonus 110%: coloro i quali non dovessero riuscire a completare gli interventi non dovranno restituire tutto il bonus di cui hanno beneficiato. Inoltre, i cittadini con redditi bassi riceveranno un contributo per far fronte alle spese sostenute dal 1° gennaio al 31 ottobre 2024.
Sono le due misure per il superbonus 110% decise nel Consiglio dei Ministri di ieri pomeriggio e contenute nel Decreto-Legge ‘Misure urgenti relative alle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 119, 119-ter e 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n.77’.
I lavori superbonus in corso, per i quali il beneficiario ha optato per lo sconto in fattura o per la cessione del credito sulla base di SAL effettuati entro il 31 dicembre 2023, continueranno a beneficiare dell’agevolazione; per i lavori ancora da effettuare, dal 1° gennaio 2024 saranno confermate le percentuali previste a legislazione vigente, ovvero il 70%.
Questo significa che, anche se i lavori non dovessero essere completati, e se non dovesse essere raggiunto il miglioramento energetico di 2 classi, l’Agenzia delle entrate non procederà alla revoca di tutto l’importo che i proprietari hanno già ottenuto, come invece prevede la normativa sui bonus edilizi.
È la cosiddetta norma salva-spese, una sorta di garanzia per i beneficiari delle detrazioni nei casi in cui non riescano a completare i lavori oggetto di agevolazione, finalizzata ad evitare contenziosi tra proprietari e imprese coinvolti in cantieri in corso. Secondo alcuni però, questa norma favorirà l'abbandono dei cantieri da parte delle imprese edili.
Inoltre, per tutelare i cittadini con reddito di riferimento inferiore a 15.000 euro e consentire la conclusione dei cantieri superbonus che abbiano raggiunto uno stato di avanzamento dei lavori (SAL) non inferiore al 60% al 31 dicembre 2023, è previsto uno specifico contributo, in relazione alle spese sostenute dal 1° gennaio 2024 al 31 ottobre 2024.
Il contributo sarà erogato, nei limiti delle risorse disponibili, dall’Agenzia delle entrate, secondo criteri e modalità che verranno determinati dal Ministro dell’economia e delle finanze con un decreto da adottarsi entro 60 giorni e non concorrerà alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi.
Il Fondo dal quale si attingerà è lo stesso utilizzato per il contributo erogato nel 2023. Dei 20 milioni di euro originari, sono stati utilizzati soltanto 3.559.000 euro; il fondo presenta pertanto una disponibilità di 16.441.000 euro.
Al fine di evitare l’uso improprio dei bonus 75% per l’abbattimento delle barriere architettoniche, il Decreto-Legge limita il novero degli interventi sottoposti all’agevolazione e i casi per i quali continua a essere previsto sconto in fattura e cessione del credito.
Saranno agevolabili soltanto gli interventi aventi ad oggetto scale, rampe e l’installazione di ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici. Saranno invece esclusi gli interventi riguardanti l’automazione di specifiche tipologie di impianto (porte automatiche, tapparelle e saracinesche motorizzate, imposte e persiane automatiche).
Dal 1° gennaio 2024, non sarà più ammesso esercitare le opzioni di sconto in fattura e cessione del credito, salvo che per i condomini, in relazione a interventi su parti comuni di edifici a prevalente destinazione abitativa e per le persone fisiche, in relazione a interventi su edifici unifamiliari o unità abitative site in edifici plurifamiliari, a condizione che il contribuente sia titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare, che la stessa unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale e che il contribuente abbia un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro. Tale requisito reddituale non si applica se nel nucleo familiare del contribuente è presente un soggetto in condizioni di disabilità accertata.
Inoltre, sarà necessaria un’apposita asseverazione per il rispetto dei requisiti e sarà richiesta la tracciabilità dei pagamenti, da effettuare con il cosiddetto “bonifico parlante”.
A partire dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, non sarà più consentita la possibilità di cessione del credito nel caso di interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici nelle zone sismiche 1-2-3 compresi in piani di recupero di patrimoni edilizi o riqualificazione urbana e per le quali non sia stato richiesto, prima della stessa data, il relativo titolo abilitativo.
I contribuenti che usufruiscono del superbonus per interventi avviati dopo l'entrata in vigore del DL 212/2023, sono tenuti a stipulare, entro un anno dalla conclusione dei lavori oggetto del bonus, contratti assicurativi a copertura dei danni cagionati ai relativi immobili da calamità naturali ed eventi catastrofali verificatisi sul territorio nazionale. Le modalità di attuazione di questo nuovo obbligo saranno stabilite con un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro delle imprese e del made in Italy.
Fonte: Edilportale.com
Un SAL straordinario che consenta ai condomìni di completare oltre la scadenza del 31 dicembre 2023 i lavori agevolati con il superbonus fruendo delle aliquote del 110% e del 90% piuttosto che di quella del 70%.
Questa possibilità, richiesta da settimane dai beneficiari del bonus, dalle imprese e portata avanti da Forza Italia, potrebbe concretizzarsi con un decreto ad hoc che il Consiglio dei Ministri esaminerebbe il 28 dicembre. Non è del tutto tramontata però l’ipotesi di inserirla nel Milleproroghe.
L’ipotesi allo studio è quella di prevedere un SAL straordinario superbonus al 31 dicembre 2023, cioè una nuova data entro la quale un condominio con un cantiere in corso possa dimostrare di aver svolto buona parte dei lavori ed avere così diritto alle aliquote del 110% e del 90% e alle opzioni di sconto in fattura e cessione del credito. I documenti per fruire del SAL straordinario andrebbero presentati entro la metà di gennaio 2024.
Il SAL straordinario superbonus non è riuscito ad entrare nell’iter di conversione del Decreto Anticipi, né nella Legge di Bilancio; un possibile veicolo è stato individuato nel Decreto Milleproroghe oppure in un Decreto dedicato. Tutto però nella costante contrarietà del Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, da sempre preoccupato per l’impatto del superbonus sui conti pubblici.
Stando ai dati pubblicati ogni mese da Enea, relativi ai lavori di efficientamento energetico agevolati con il superbonus, ad oggi ammontano a circa 13 miliardi di euro i lavori ancora da realizzare nei cantieri condominiali in corso. Con il SAL straordinario superbonus, una parte di questi lavori potrebbe mantenere le aliquote più alte anche nel 2024.
Tutti gli altri tra 10 giorni vedranno ridursi la percentuale di detrazione dal 110/90% al 70%, con la conseguenza, per i proprietari, di dover pagare di tasca propria il 30% non più coperto dal bonus.
Poiché la stragrande maggioranza dei condomìni ha intrapreso i lavori solo perché questi sarebbero stati integralmente coperti dal superbonus, il rischio è una valanga di contenziosi tra committenti e imprese edili. Per scongiurare questo ulteriore problema è necessaria una norma ad hoc.
Fonte: Edilportale.com
Se il ritardo nei lavori causa la definitiva perdita del Superbonus, l’impresa deve pagare un risarcimento. Lo ha affermato il Tribunale di Frosinone con la sentenza 1080/2023.
Per il pagamento del risarcimento e la sua quantificazione ci sono delle condizioni da valutare.
I giudici si sono pronunciati sul contenzioso sorto tra il proprietario di un edificio unifamiliare e l’impresa di costruzione che avrebbe dovuto realizzare interventi di efficientamento energetico agevolati con il Superbonus.
L’impresa non ha iniziato i lavori anche se, in base al contratto, avrebbe dovuto terminare il primo SAL, pari al 30% dell’intervento, entro il 30 settembre 2022.
Il committente ha quindi perso la possibilità di usufruire del Superbonus 110% e ha chiesto la restituzione delle somme versate a titolo di acconto e un risarcimento del danno subito.
I giudici hanno rilevato l’inadempienza dell’impresa di costruzione, condannandola a restituire l’acconto maggiorato degli interessi legali.
Per quanto riguarda la richiesta di risarcimento, i giudici hanno affermato che bisogna verificare se il committente ha perso realmente qualunque possibilità di ottenere il Superbonus. Se, infatti, il committente, proprietario di un edificio unifamiliare, avesse un reddito di riferimento fino a 15mila euro, potrebbe presentare una nuova pratica edilizia e ottenere il Superbonus al 90% per le spese e i lavori effettuati nel 2023.
Il committente non ha fornito elementi sulla propria situazione reddituale e i giudici non sono stati quindi in grado di stabilire se il ritardo dell’impresa edile abbia causato la definitiva perdita del Superbonus o solo la perdita del Superbonus con aliquota al 110%.
I giudici hanno quindi quantificato il danno “nella misura del 10% dell'importo dei lavori appaltati, quale percentuale “minima” del beneficio fiscale andata perduta a causa del verificarsi dell'inadempienza”.
Se il committente avesse dimostrato di avere un reddito di riferimento maggiore di 15mila euro, avrebbe perso qualunque possibilità di ottenere il Superbonus. La stima del danno da risarcire sarebbe stata sicuramente maggiore.
Fonte: Edilportale.com
Nel 2023 il settore delle costruzioni registra una prima frenata degli investimenti (-0,6%) alla quale seguirà una caduta molto più forte nel 2024 (-8,5%). Il settore è schiacciato tra il superbonus ormai alla fine della sua parabola, la contrazione delle riqualificazioni, le opere pubbliche finanziate dal PNRR, che però procedono molto più lentamente rispetto alle previsioni, la bassa produttività delle costruzioni e il forte aumento del contenzioso.
Sono le previsioni contenute nel 35° Rapporto congiunturale del CRESME sul mercato delle Costruzioni, presentato ieri dal Direttore dell’istituto di ricerca, Lorenzo Bellicini.
Il profondo dualismo del mercato che si prospetta per il 2024 è evidente: -11,4% per il rinnovo residenziale che equivale a 28 miliardi di euro di investimenti in valori correnti persi in un anno (dopo gli 11 miliardi persi nel 2023 rispetto al 2022); +16,6% per le nuove opere del genio civile (ma appena 3,2 miliardi in valori correnti), comunque inferiore al +29,7% del 2023.
Gli investimenti da superbonus sono ormai in caduta libera e nel 2024 andranno ad esaurirsi. Questo trascinerà verso il basso l’attività di manutenzione del patrimonio residenziale, che ha già iniziato la sua contrazione e che diverrà pesante nel 2024 e nel 2025 (dai 120 miliardi a valori correnti del 2022 ai 60 del 2026).
Ricordiamo che, in base ai dati diffusi mensilmente dell’Enea, a giugno e a luglio 2022 si era registrato un incremento di 4,6 e poi di altri 4,5 miliardi e di euro al mese; ad ottobre, un altro balzo di 8 miliardi di euro; a fine novembre, addirittura di 9 miliardi di euro in un solo mese. Nel 2023 il ritmo di crescita degli investimenti in efficientamento energetico agevolati con il superbonus è stato di circa 3,5 miliardi di euro al mese.
L’eccezionale spinta delle opere pubbliche non è in grado di garantire la tenuta dell’intero mercato, ma solo di attenuarne la caduta. Il comparto delle opere pubbliche - spiega il Cresme - è entrato in una complessa fase esecutiva ed è chiamato alla sfida delle realizzazioni: tra gennaio 2019 e agosto 2023 sono stati messi in gara 267 miliardi di euro di lavori pubblici, dei quali 74 afferenti al PNRR, e ne sono stati aggiudicati 204, dei quali 48 PNRR.
La sfida delle opere pubbliche, che dovrebbero continuare a crescere sino al 2027, è tutta di capacità realizzativa. “Il settore è appeso alle opere pubbliche” - sintetizza Bellicini. Ed è evidente che la partita che potrà cambiare questi numeri in corso d’opera è proprio quella del PNRR.
Il Cresme punta il faro sulla produttività dell’industria edilizia: il livello toccato dai costi di costruzione - in particolare rispetto ai prezzi di mercato del prodotto residenziale in molte parti del Paese -, la produttività delle costruzioni e la qualità della manodopera oggi impiegata, pongono altre importanti sfide in termini di innovazione, industrializzazione, digitalizzazione, riduzione del costo dell’errore.
Secondo il Rapporto, i prossimi dieci anni saranno quelli di una forte polarizzazione nel mercato delle costruzioni tra domanda e offerta che guardano al futuro e domanda e offerta che guardano al passato.
Il 2024 e il 2025 saranno con molta probabilità caratterizzati da fallimenti e da un forte incremento del contenzioso. Nel comparto della riqualificazione residenziale, il non collocamento presso terzi dei crediti fiscali comporta rischi di tenuta delle imprese con le spalle meno larghe e una interruzione dei flussi di liquidità, quindi, l’interruzione delle forniture l’aumento dei casi di non completamento dei lavori, i cui esiti si possono prevedere.
Qualche settimana fa il Ministero dell’Economia e delle Finanze stimava in 135 miliardi di euro i crediti incagliati, provenienti da superbonus e bonus edilizi.
Nel campo delle opere pubbliche, la progettazione esecutiva affidata alle imprese aggiudicatarie sulla base di appalti deboli di contenuto tecnico porterà a una verifica dei costi dell’appalto dopo l’aggiudicazione e all’emergere di criticità economiche e realizzative. Sulla base di queste dinamiche, il Cresme si attende una accentuazione dei problemi nei flussi di liquidità.
Fonte: Edilportale.com
Il professionista che procede all’acquisto di crediti fiscali collegati ai bonus edilizi, ad un prezzo inferiore rispetto al loro valore, e li utilizza in compensazione, beneficia di un differenziale positivo che non costituisce reddito tassabile.
La spiegazione, sollecitata da uno studio di commercialisti, è stata formalizzata dall’Agenzia delle Entrate nella risposta 472/2023.
Il chiarimento è stato chiesto da uno studio di commercialisti, che intende acquistare crediti di imposta relativi al Superbonus da un contribuente che ha sostenuto le spese agevolate nel 2022 e che ora vorrebbe cedere tali crediti.
I crediti non sono correlati allo svolgimento di prestazioni professionali né da parte dello studio né dei singoli associati.
Per l’acquisto dei crediti fiscali, lo studio pagherà un prezzo inferiore rispetto al valore dei crediti.
I commercialisti hanno quindi chiesto se la differenza tra il valore del credito e il prezzo pagato genera reddito imponibile.
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta 472/2023 ha ricordato che, in base all’articolo 1 del Testo unico imposte sui redditi (Dpr 917/1986), il presupposto impositivo si basa sul possesso di redditi in denaro o in natura.
Sempre in base al Tuir, le associazioni professionali costituite tra persone fisiche sono soggette alla stessa disciplina fiscale prevista per le società semplici. Questo significa che le associazioni professionali non possono svolgere attività d'impresa e che il reddito imponibile, costituito dalla somma delle singole categorie di reddito indicate dall’articolo 5 del Tuir, deve essere imputato in capo a ciascun socio.
Riguardo al Superbonus, l’Agenzia ha spiegato che il legislatore ha inteso riconoscere ai contribuenti un'agevolazione, sotto forma di detrazione dall'imposta lorda, di ammontare superiore ai costi sostenuti senza, tuttavia, prevedere alcuna rilevanza reddituale del differenziale positivo riferibile al Superbonus (pari al 10% delle spese medesime).
Sulla cessione del credito, l’Agenzia ha ricordato che la normativa sui bonus edilizi prevede il suo utilizzo in compensazione, con la stessa ripartizione in quote annuali adottata con la detrazione, e che l'eventuale quota di credito d'imposta non utilizzata nell'anno non può essere usufruita negli anni successivi e non può essere richiesta a rimborso.
Per capire la rilevanza reddituale del differenziale positivo creato dall’operazione di acquisto dei crediti fiscali, l’Agenzia ha analizzato le varie tipologie reddituali, come ad esempio i redditi da capitale e quelli da lavoro autonomo.
L’Agenzia è quindi arrivata alla conclusione che, vista l’assenza di una norma ad-hoc sulla rilevanza reddituale di queste somme e che esse non sono riconducibili a nessuna categoria di reddito prevista dal Tuir, il differenziale positivo tra l’importo nominale del credito e il prezzo di acquisto non genera reddito imponibile.
Fonte: Edilportale.com
Novità per chi non è ancora riuscito a portare a termine la cessione dei crediti: dal 1° dicembre, fino al 2 gennaio 2024, i cessionari dei crediti maturati grazie al Superbonus e agli altri bonus edilizi, ma non utilizzati per cause diverse dalla scadenza, dovranno comunicarli all’Agenzia delle Entrate utilizzando la nuova funzionalità telematica sul sito web della stessa Agenzia.
Nel Provvedimento del 23 novembre 2023 sono definite le procedure per l’invio dei dati.
La raccolta di questi dati sarà utile a tracciare con maggiore precisione la mole dei crediti fermi a causa del blocco del meccanismo della cessione dei crediti. Al momento le stime non sono precise, però i professionisti e le imprese che hanno praticato lo sconto in fattura, ma non sono riusciti a cedere il credito corrispondente e sono in crisi di liquidità, attendono delle risposte.
L’obbligo di comunicare la presenza di crediti non utilizabili per cause diverse dalla scadenza è stato introdotto dal Decreto “Asset e Investimenti” o “Omnibus”.
La norma (DL 104/2023) obbliga i titolari di crediti fermi, derivanti da cessione del credito o sconto in fattura, a inviare all’Agenzia delle Entrate una comunicazione contenente gli estremi dei crediti che non sono stati ancora utilizzati per cause indipendenti dalla propria volontà e diverse dalla scadenza.
Tale comunicazione deve essere inviata entro 30 giorni dalla data in cui si viene a conoscenza del fatto specifico che ha determinato la mancata fruizione del credito. Il mancato invio comporta una sanzione di 100 euro.
La comunicazione non è invece necessaria se il mancato utilizzo dipende dal decorso dei termini utili per la fruizione.
Dal 1° dicembre sul sito dell’Agenzia, all’interno della Piattaforma cessione crediti, sarà disponibile una nuova funzionalità dedicata ai crediti inutilizzati.
Il servizio sarà utilizzato dagli ultimi cessionari per comunicare che il mancato utilizzo è dovuto ad un evento diverso dalla scadenza.
L’ultimo cessionario deve comunicare:
- per i crediti tracciabili, il numero di protocollo telematico della comunicazione originaria all'Agenzia delle Entrate (prima cessione o sconto in fattura) da cui sono derivate le rate;
- per i crediti non tracciabili, i dati significativi della comunicazione originaria all'Agenzia delle Entrate (numero di protocollo telematico, codici fiscali del cedente titolare della detrazione e del fornitore/primo cessionario) da cui sono derivate le rate;
- la data in cui è venuto a conoscenza dell’evento che ha determinato la non utilizzabilità del credito.
Ricordiamo che i crediti sono tracciabili quando a ciascuna rata è attribuito un codice identificativo univoco. Si tratta di una novità entrata in vigore dal 1° maggio 2022 per evitare la cessione parziale dei crediti.
Appurato che devono essere comunicati i crediti non utilizzati per cause diverse dalla scadenza, l'Agenzia ha aggiunto due chiarimenti con una faq pubblicata sempre il 23 novembre:
1. I crediti bloccati, perché sottoposti a sequestro, non devono essere oggetto di comunicazione. L’Agenzia è già a conoscenza di questa informazione perchè, in caso di sequestro, l’Autorità giudiziaria trasmette una comunicazione all’Agenzia delle Entrate, che a sua volta sospende la possibilità di utilizzare in compensazione i crediti, eliminandoli dal cassetto fiscale.
2. I crediti che siano stati oggetto di irregolarità procedurali che ne inibiscono l’utilizzo devono essere comunicati.
L’obbligo di comunicare i crediti fermi nei cassetti fiscali, per ragioni indipendenti dalla scadenza e dalla volontà dei cessionari, sarà utile per individuare con precisione i soggetti realmente in difficoltà, che non hanno trovato un acquirente per i loro crediti.
Nei giorni scorsi, la Sottosegretaria di Stato per l'economia e le finanze, Lucia Albano, rispondendo a un’interrogazione in Commissione Finanze della Camera, ha spiegato che i crediti bloccati ammontano a 135 miliardi di euro, ma non si sa quale sia la mole dei crediti incagliati, che non riescono ad essere utilizzati, e in che misura i crediti siano fermi per scelta del titolare, che intende utilizzarli in un secondo momento.
Il Ministero dell’Economia ha aggiunto che non si conosce la capienza fiscale residua, cioè la capacità dei vari soggetti di assorbire in compensazione i bonus edilizi ai fini del pagamento dei propri debiti fiscali e contributivi.
Questo significa che non tutti i crediti che attualmente risultano non utilizzati sono senza sbocchi. Una parte potrebbe essere utilizzata in compensazione dai titolari nei prossimi anni. La possibilità che i crediti siano utilizzati in futuro cambierebbe la loro classificazione come pagabili o non pagabili e potrebbe creare debito anzichè deficit.
Si può quindi ipotizzare che, una volta che l’Agenzia acquisirà i dati sui crediti che non riescono ad essere smaltiti e li trasmetterà al Mef, il Governo potrà studiare delle misure adeguate.
Fonte: Edilportale.com
I crediti bloccati ammontano a 135 miliardi di euro. Non è chiaro, però, quale sia la mole dei crediti incagliati, che non riescono ad essere utilizzati, e in che misura i crediti siano fermi per scelta del titolare, che intende utilizzarli in un secondo momento.
Il dato è stato comunicato mercoledì scorso dalla Sottosegretaria di Stato per l'economia e le finanze, Lucia Albano, che ha risposto all’interrogazione illustrata dall’on. M5S, Angela Raffa, in Commissione Finanze della Camera.
Il M5S con l’interrogazione ha chiesto dati aggiornati sull’utilizzo in compensazione dei crediti relativi al Superbonus e agli altri bonus edilizi.
Come spiegato dall’on. M5S Emiliano Fenu, intervenuto durante l’interrogazione, la richiesta dei dati aggiornati è motivata dalla “costante opera di demonizzazione” dei bonus edilizi da parte del Governo, mentre bisogna considerare che, in base ai dati diffusi dalla Banca d'Italia, il trend delle entrate tributarie è in costante crescita. Secondo Fenu, quindi, il Superbonus e i bonus edilizi non hanno inciso negativamente sul gettito.
Il Mef ha spiegato che, per quanto riguarda l’ammontare delle detrazioni anno per anno, risultano complete le informazioni relative agli anni 2020 e 2021.
Complessivamente, nel 2020 e nel 2021 le detrazioni relative al Superbonus ammontano a 16,6 miliardi di euro, quelle relative al bonus facciate a 21 miliardi. Non sono stati forniti dati sugli altri bonus.
Il Mef ha specificato che i dati relativi al 2022 non sono ancora completi perché bisogna attendere l’elaborazione delle dichiarazioni dei redditi, nelle quali viene indicata la scelta di usufruire direttamente dei bonus edilizi come detrazione Irpef. Secondo il Mef, le informazioni saranno disponibili all’inizio del 2024.
Per quanto riguarda le detrazioni cedute o fruite come sconto in fattura, e di conseguenza i crediti fermi o bloccati, i dati del Mef fotografano il periodo che va dal 15 ottobre 2020 al 14 novembre 2023 sulla base delle comunicazioni inviate all’Agenzia delle Entrate.
In questo lasso di tempo, il totale degli sconti in fattura e delle cessioni del credito dovute al Superbonus ammonta a 106 miliardi di euro, mentre quello relativo agli altri bonus edilizi a 55 miliardi di euro, con una netta prevalenza del bonus facciate per 26 miliardi di euro. Si arriva quindi ad un totale di cessioni del credito e sconti in fattura pari a 160,6 miliardi di euro.
Secondo le rilevazioni del Mef, il totale dei crediti compensati è pari a 25,5 miliardi di euro. Ci sono quindi 135 miliardi di euro di crediti fiscali fermi, in attesa di essere utilizzati.
Crediti bloccati o in attesa? Quale capienza fiscale?
I dati del Mef non danno una serie di informazioni che richiedono ulteriori elaborazioni.
Non è possibile sapere, rispetto al totale dei crediti inutilizzabili, a quanto ammontano i crediti bloccati, classificato come incagliati. Il Mef ha illustrato che l’Agenzia delle Entrate non conosce i motivi per cui un credito non viene ceduto a terzi. Non si può quindi stimare se si tratta di una scelta consapevole del titolare del credito fiscale o se questi non trova soggetti disponibili ad acquistarlo.
Il Mef ha poi sottolineato che non è possibile determinare con sufficiente attendibilità la capienza fiscale residua, cioè la capacità dei vari soggetti di assorbire in compensazione i bonus edilizi ai fini del pagamento dei propri debiti fiscali e contributivi, in quanto ciò dipende da caratteristiche peculiari soggettive e propensioni individuali che non sono note.
Non è infine chiara la distinzione dei crediti in base al settore economico di appartenenza del cessionario (costruzioni, bancario, assicurativo), che richiede specifiche elaborazioni piuttosto complesse in corso di completamento.
Fonte: Edilportale.com
I privati intendono efficientare le proprie abitazioni e sono consapevoli che le aliquote delle detrazioni debbano essere ridotte rispetto al Superbonus e differenziate sulla base dell’età e della prestazione energetica dell’edificio da riqualificare, delle condizioni economiche dei beneficiari e dei risultati raggiunti con gli interventi.
I professionisti e le imprese chiedono norme certe, un panorama stabile per gli investimenti e la reintroduzione della cessione del credito.
Sono alcuni dei risultati emersi dall’indagine condotta da Nomisma e Gabetti Lab tra famiglie, amministratori di condominio, professionisti, imprese e general contractor.
L’indagine ha mostrato le opportunità offerte dal Superbonus, ma anche le criticità da superare in futuro. A tal proposito, i soggetti, riuniti in tavoli di lavoro, hanno inoltre formulato delle proposte che mostrano diversi punti di contatto.
Dai dati del report emerge una consolidata consapevolezza delle famiglie riguardo alla necessità di riqualificare il proprio patrimonio abitativo.
7 famiglie su 10 hanno dichiarato di conoscere la Direttiva Case Green e la metà percepisce una certa preoccupazione rispetto agli effetti che potrebbe avere sulla comunità, con particolare riguardo ai costi da sostenere per l’adeguamento energetico.
Una famiglia su due ritiene che la propria abitazione necessiterebbe di interventi di manutenzione straordinaria, che nella metà dei casi finora non sono stati condotti per i costi.
Infine, 7,9 milioni di famiglie hanno espresso l’intenzione di riqualificare, ma ritengono necessario un Superbonus “riconfigurato”, con aliquote commisurate secondo differenti criteri.
Ricordiamo che, meno di un anno fa, un’analoga indagine condotta da Nomisma era arrivata a conclusioni diverse: gli intervistati in quell’occasione hanno affermato di essere disposti a realizzare interventi di riqualificazione, ma a parità di condizioni finanziarie.
Anche Mce Lab a febbraio, dopo l'abbassamento dell'aliquota Superbonus dal 110% al 90%, ha chiesto se fosse ancora conveniente riqualificare gli edifici, arrivando alla conclusione che è comunque indispensabile rispettare gli obblighi dettati dall'Unione Europea.
L’indagine tra gli amministratori di condominio, rivolta al network Gabetti Lab, con una quarantina di interlocutori che complessivamente gestiscono 5000 condomini, mostra una serie di difficoltà e preoccupazioni legate al Superbonus.
Il 90% degli amministratori intervistati ha fatto esperienza di 110% all’interno dei condomini amministrati. Il 67% ha denunciato casi di cantieri bloccati nei condomini, nella metà dei casi anche per problematiche connesse alla cessione del credito.
Quasi la metà degli amministratori intervistati non ha espresso fiducia verso la possibilità di risoluzione di queste problematiche. Per il futuro gli amministratori, oltre alla rideterminazione dell’aliquota della detrazione, ritengono che sia necessario creare un panorama normativo stabile, in grado di dare certezza agli investimenti.
Gli intervistati appartenenti al mondo delle imprese, degli studi professionali e dei general contractor hanno spiegato che, per far fronte alle complessità del Superbonus, hanno adottato nuovi modelli organizzativi e nuove competenze professionali e creato nuove partnership e collaborazioni con altre realtà̀ imprenditoriali.
Gli intervistati stimano che le nuove progettualità hanno avuto una incidenza sul fatturato complessivo che in un terzo dei casi supera la soglia del 50% negli ultimi 3 anni.
L'impatto positivo del Superbonus sul mercato delle costruzioni è stato messo in evidenza durante la presentazione del rapporto di Federcostruzioni, che ha stimato un aumento del fatturato per il 53% delle imprese intervistate e aumenti degli stipendi praticati dal 40% delle imprese.
Tornando alla ricerca Nomisma - Gabetti Lab, professionisti, imprese e general contractor hanno evidenziato anche le criticità, legate in primis al blocco dei progetti in itinere, e hanno sottolineato che, nonostante la convenienza della detrazione, con il Superbonus è stato efficientato meno del 4% del parco residenziale italiano.
Per il futuro, aggiungono, dovrà essere adottata una strategia di riqualificazione credibile e compatibile con le esigenze di finanza pubblica dal momento che, come già stimato dall’Ance, per centrare gli obiettivi della Direttiva “Case Green” sarà necessario 1,8 milioni di immobili in 10 anni.
Nomisma e Gabetti Lab hanno avviato tavoli tematici con esponenti del mondo della finanza, amministratori di condominio e filiera delle costruzioni per formulare proposte per il post-Superbonus 110%.
Gli elementi comuni, emersi da tutti i tavoli, sono:
- la necessità di un piano strategico degli investimenti con modularità temporale a non meno di 3-5 anni;
- la garanzia di una stabilità normativa almeno a medio termine;
- l’adozione di un meccanismo redistributivo dell’aliquota, basato su età del fabbricato, classe energetica e capacità reddituale;
- l’introduzione di strumenti di tipo ESCO sul privato ed EPC sul pubblico;
- la reintroduzione della cessione del credito;
- il rafforzamento della creazione di un mercato di operatori professionali.
Privati e operatori del settore sono quindi consapevoli dell'esigenza di rivedere i bonus edilizi. Tuttavia, senza una una leva fiscale, i provati non sarebbero in grado di sostenere le spese per la riqualificazione energetica e non sarebbe possibile raggiungere gli obiettivi UE.
Si è espresso di recente in questi termini anche il Centro Studi Cortexa, secondo il quale, “senza incentivi non saremmo in grado di riqualificare il patrimonio immobiliare italiano in tempi ragionevoli”.
Per il futuro è quindi certo che i bonus edilizi saranno rivisti, come già annunciato dal Governo. L'obiettivo sarà quello di premiare maggiormente gli interventi in grado di raggiungere migliori performance energetiche degli edifici.
Fonte: Edilportale.com
“In vista dell’imminente scadenza al 31 dicembre 2023 per la conclusione degli interventi sui condomìni eseguiti con il Superbonus, è assolutamente necessario individuare una rapida soluzione alle decine di migliaia di cantieri che, anche in virtù del caos normativo e applicativo dello strumento, non riusciranno a terminare i lavori in tempo utile”.
È quanto sottolineano le sigle della filiera delle costruzioni* pur condividendo la necessità di chiudere la stagione del 110% per aprire una riflessione seria sul futuro dell’efficientamento degli edifici in Italia, in particolare per le famiglie meno abbienti.
Secondo gli operatori del settore, per recuperare i ritardi accumulati, è assolutamente necessaria una proroga tale da permettere una conclusione ordinata alla misura, che eviti la perdita improvvisa di centinaia di migliaia di posti di lavoro causata dalla sicura interruzione di migliaia di cantieri che potrebbe derivare dall’insorgere di un enorme contenzioso tra condomìni e imprese e scongiuri la corsa forsennata già in atto per finire i lavori, con conseguente rischio sia per la sicurezza dei lavoratori coinvolti sia per la qualità degli interventi eseguiti.
La filiera dell’edilizia chiede una proroga limitata per i soli interventi che dimostrino un concreto avanzamento del cantiere potrebbe risolvere tutti questi problemi con un costo contenuto per le casse dello Stato, di gran lunga inferiore a quello del caos sociale e economico che si determinerebbe lasciando invariata la scadenza a dicembre.
“La Legge di bilancio - concludono - deve offrire una soluzione concreta a un problema che riguarda da vicino migliaia di lavoratori, famiglie e imprese che in buona fede hanno avviato i lavori e ora rischiano di trovarsi in gravi difficoltà.
Un tentativo di prorogare oltre il 31 dicembre 2023 il superbonus al 110% o al 90% per i condomìni con lavori completati almeno al 30% era stato fatto a settembre durante la conversione in legge del Decreto Asset e Investimenti.
In sede di discussione della legge, infatti, maggioranza e opposizione avevano presentato una serie di emendamenti con l’obiettivo di prorogare il superbonus per i condomìni con le aliquote più alte (110% e 90%) attualmente vigenti.
Alcuni emendamenti proponevano una proroga del superbonus 110% e 90% per tutto il 2024, altri chiedevano una proroga di qualche mese, ma comunque solo per i condomìni che avessero completato almeno il 30% dell’intervento complessivo entro il 31 dicembre 2023.
Quel tentativo è fallito e i condomìni che non completeranno i lavori entro la fine dell’anno potranno continuare ad usufruire del superbonus nel 2024, ma con una percentuale del 70%. A meno che la nuova richiesta della filiera non trovi sponda.
*Ance, Agci produzione e lavoro, Anaepa Confartigianato, Claai, Cna costruzioni, Confapi Aniem, Confcooperative lavoro e servizi, Federcostruzioni, Fiae Casartigiani, Legacoop produzione e servizi, Rete Professioni Tecniche, Fillea Cgil, Filca Cisl, Feneal Uil.
Fonte: Edilportale.com
I privati intendono efficientare le proprie abitazioni e sono consapevoli che le aliquote delle detrazioni debbano essere ridotte rispetto al Superbonus e differenziate sulla base dell’età e della prestazione energetica dell’edificio da riqualificare, delle condizioni economiche dei beneficiari e dei risultati raggiunti con gli interventi.
I professionisti e le imprese chiedono norme certe, un panorama stabile per gli investimenti e la reintroduzione della cessione del credito.
Sono alcuni dei risultati emersi dall’indagine condotta da Nomisma e Gabetti Lab tra famiglie, amministratori di condominio, professionisti, imprese e general contractor.
L’indagine ha mostrato le opportunità offerte dal Superbonus, ma anche le criticità da superare in futuro. A tal proposito, i soggetti, riuniti in tavoli di lavoro, hanno inoltre formulato delle proposte che mostrano diversi punti di contatto.
Dai dati del report emerge una consolidata consapevolezza delle famiglie riguardo alla necessità di riqualificare il proprio patrimonio abitativo.
7 famiglie su 10 hanno dichiarato di conoscere la Direttiva Case Green e la metà percepisce una certa preoccupazione rispetto agli effetti che potrebbe avere sulla comunità, con particolare riguardo ai costi da sostenere per l’adeguamento energetico.
Una famiglia su due ritiene che la propria abitazione necessiterebbe di interventi di manutenzione straordinaria, che nella metà dei casi finora non sono stati condotti per i costi.
Infine, 7,9 milioni di famiglie hanno espresso l’intenzione di riqualificare, ma ritengono necessario un Superbonus “riconfigurato”, con aliquote commisurate secondo differenti criteri.
Ricordiamo che, meno di un anno fa, un’analoga indagine condotta da Nomisma era arrivata a conclusioni diverse: gli intervistati in quell’occasione hanno affermato di essere disposti a realizzare interventi di riqualificazione, ma a parità di condizioni finanziarie.
Anche Mce Lab a febbraio, dopo l'abbassamento dell'aliquota Superbonus dal 110% al 90%, ha chiesto se fosse ancora conveniente riqualificare gli edifici, arrivando alla conclusione che è comunque indispensabile rispettare gli obblighi dettati dall'Unione Europea.
L’indagine tra gli amministratori di condominio, rivolta al network Gabetti Lab, con una quarantina di interlocutori che complessivamente gestiscono 5000 condomini, mostra una serie di difficoltà e preoccupazioni legate al Superbonus.
Il 90% degli amministratori intervistati ha fatto esperienza di 110% all’interno dei condomini amministrati. Il 67% ha denunciato casi di cantieri bloccati nei condomini, nella metà dei casi anche per problematiche connesse alla cessione del credito.
Quasi la metà degli amministratori intervistati non ha espresso fiducia verso la possibilità di risoluzione di queste problematiche. Per il futuro gli amministratori, oltre alla rideterminazione dell’aliquota della detrazione, ritengono che sia necessario creare un panorama normativo stabile, in grado di dare certezza agli investimenti.
Gli intervistati appartenenti al mondo delle imprese, degli studi professionali e dei general contractor hanno spiegato che, per far fronte alle complessità del Superbonus, hanno adottato nuovi modelli organizzativi e nuove competenze professionali e creato nuove partnership e collaborazioni con altre realtà̀ imprenditoriali.
Gli intervistati stimano che le nuove progettualità hanno avuto una incidenza sul fatturato complessivo che in un terzo dei casi supera la soglia del 50% negli ultimi 3 anni.
L'impatto positivo del Superbonus sul mercato delle costruzioni è stato messo in evidenza durante la presentazione del rapporto di Federcostruzioni, che ha stimato un aumento del fatturato per il 53% delle imprese intervistate e aumenti degli stipendi praticati dal 40% delle imprese.
Tornando alla ricerca Nomisma - Gabetti Lab, professionisti, imprese e general contractor hanno evidenziato anche le criticità, legate in primis al blocco dei progetti in itinere, e hanno sottolineato che, nonostante la convenienza della detrazione, con il Superbonus è stato efficientato meno del 4% del parco residenziale italiano.
Per il futuro, aggiungono, dovrà essere adottata una strategia di riqualificazione credibile e compatibile con le esigenze di finanza pubblica dal momento che, come già stimato dall’Ance, per centrare gli obiettivi della Direttiva “Case Green” sarà necessario 1,8 milioni di immobili in 10 anni.
Nomisma e Gabetti Lab hanno avviato tavoli tematici con esponenti del mondo della finanza, amministratori di condominio e filiera delle costruzioni per formulare proposte per il post-Superbonus 110%.
Gli elementi comuni, emersi da tutti i tavoli, sono:
- la necessità di un piano strategico degli investimenti con modularità temporale a non meno di 3-5 anni;
- la garanzia di una stabilità normativa almeno a medio termine;
- l’adozione di un meccanismo redistributivo dell’aliquota, basato su età del fabbricato, classe energetica e capacità reddituale;
- l’introduzione di strumenti di tipo ESCO sul privato ed EPC sul pubblico;
- la reintroduzione della cessione del credito;
- il rafforzamento della creazione di un mercato di operatori professionali.
Privati e operatori del settore sono quindi consapevoli dell'esigenza di rivedere i bonus edilizi. Tuttavia, senza una una leva fiscale, i provati non sarebbero in grado di sostenere le spese per la riqualificazione energetica e non sarebbe possibile raggiungere gli obiettivi UE.
Si è espresso di recente in questi termini anche il Centro Studi Cortexa, secondo il quale, “senza incentivi non saremmo in grado di riqualificare il patrimonio immobiliare italiano in tempi ragionevoli”.
Per il futuro è quindi certo che i bonus edilizi saranno rivisti, come già annunciato dal Governo. L'obiettivo sarà quello di premiare maggiormente gli interventi in grado di raggiungere migliori performance energetiche degli edifici.
Fonte: Edilportale.com
A settembre l’aumento di investimenti Superbonus è dovuto quasi del tutto ai condomìni. Gli investimenti totali sono arrivati a toccare gli 89,5 miliardi di euro, con un costo per lo Stato pari a circa 96 miliardi.
È quanto emerge dal report mensile diffuso da Enea sugli interventi di efficientamento energetico.
Il report di Enea mostra che il totale degli investimenti si attesta a 89,5 miliardi di euro: circa 3 miliardi in più rispetto alla fine di agosto, che si è chiuso con un investimento pari a 86,3 miliardi di euro.
Sul totale, gli investimenti ammontano a 50,3 miliardi di euro nei condomìni, a 27,8 miliardi negli edifici unifamiliari e a 11,3 miliardi nelle unità immobiliari funzionalmente indipendenti.
Il totale degli investimenti per lavori conclusi, ammessi a detrazione, ammonta a 72,5 miliardi di euro. Si tratta dell’82,2% dei lavori, che ha generato detrazioni, quindi un costo per lo Stato, pari a 79,3 miliardi di euro.
Considerando che ci sono ancora dei lavori in corso, si può stimare che, una volta ultimati, il costo a carico dello Stato ammonterà a circa 96 miliardi di euro.
Analizzando i dati, si può notare che a settembre l’aumento degli interventi agevolati con il Superbonus riguarda prevalentemente i condomìni.
In totale, gli investimenti Superbonus hanno coinvolto più di 430mila edifici. Di questi, più di 78mila sono condomìni, 237mila sono unifamiliari e 115mila rientrano tra le unità immobiliari funzionalmente indipendenti.
Vediamo quindi che dal momento in cui è stato introdotto, il Superbonus ha avuto più successo tra gli edifici indipendenti, che presentano meno difficoltà in termini di delibere e accordi tra vicini. Nel mese di settembre, però, quasi tutto l’aumento è dovuto agli interventi sui condomìni che hanno tempo fino al 31 dicembre per ottenere il Superbonus con le aliquote più alte.
A settembre, infatti, gli edifici interessati da lavori Superbonus sono stati 5300 in più rispetto ad agosto. L’aumento è suddiviso in questo modo: 4423 per i condomìni, 654 per gli edifici unifamiliari e 230 per le unità immobiliari funzionalmente indipendenti.
Dal punto di vista delle risorse, gli interventi nei condomìni assorbono quasi tutto l’importo dell’aumento degli investimenti Superbonus registrato a settembre, toccando una quota pari a 3,65 miliardi.
Il forte incremento registrato nei condomìni è dovuto quasi sicuramente alla notizia che il Superbonus con le aliquote più vantaggiose del 90% o del 110% non sarà prorogato e che dal 2024 l’aliquota della detrazione scenderà al 70%.
Sul versante opposto, la frenata degli edifici unifamiliari e delle unità immobiliari funzionalmente indipendenti dipende dal fatto che, già da inizio anno, gli unici immobili a poter beneficiare del Superbonus sono le prime case di proprietari a basso reddito o quelli che hanno centrato l’obiettivo del 30% dell’intervento complessivo entro il 30 settembre 2022.
Fonte: Edilportale.com
Il Superbonus e i bonus edilizi, che hanno contribuito alla ripresa dell’economia, devono essere ripensati, ma “senza lasciare allo sbando professionisti, cittadini e imprese”.
Lo ha affermato Paola Marone, presidente di Federcostruzioni, in una nota che commenta con preoccupazione le decisioni del Governo.
“I segnali di apertura, come l’annuncio di Poste di riaprire entro certi limiti l’acquisto dei crediti, o il percorso intrapreso dalle Regioni Basilicata e Lazio seguite da altre Regioni come la Campania, la Puglia, l’Umbria e la Calabria, sono positivi ma assolutamente insufficienti per superare lo stallo del Superbonus, che coinvolge tutta la filiera dell’edilizia con conseguenze pesantissime per cittadini e imprese” dichiara la Presidente Marone.
Ricordiamo che, fin dall’inizio dell’anno, le Regioni hanno cercato soluzioni per andare incontro a professionisti ed imprese, proponendo di acquistare direttamente i crediti incagliati.
Il Governo, però, ha vietato agli Enti locali l’acquisto dei crediti fermi nei cassetti fiscali. Le Regioni hanno quindi pensato di far acquistare i crediti fermi a società partecipate ed enti pubblici regionali.
La prima Regione a tentare questa strada è stata la Basilicata, varando una legge che è stata considerata conforme alle norme nazionali e che ha fatto da apripista ad altre Regioni. Pochi giorni dopo il via libera alla legge regionale della Basilicata, una norma analoga è stata approvata nel Lazio.
Negli ultimi giorni il Piemonte ha approvato una legge regionale per la circolazione dei crediti fiscali e si prevedono iniziative simili nell’immediato.
“È necessario che anche il settore bancario si riattivi - dichiara Paola Marone - e che ci sia il coinvolgimento delle grandi partecipate pubbliche nell’acquisto dei crediti, per dare un segnale concreto di fiducia che oggi manca per tutti”.
Fino ad ora, gli annunci del Governo per favorire la circolazione dei crediti fiscali fermi si sono tradotti in un nulla di fatto.
Nel marzo scorso il Governo aveva ipotizzato un veicolo finanziario guidato da Enel X.
Dopo alcuni rinvii, a luglio l’Esecutivo ha reso noto di aver avviato interlocuzioni, ma di non aver intrapreso alcuna iniziativa diretta.
Le ultime speranze sono svanite con l’annuncio della stessa Enel X, che ad agosto ha smentito l’attivazione di una nuova piattaforma.
Il tema della cessione del credito non è l’unica fonte di preoccupazione per Federcostruzioni, che non ha accolto positivamente la decisione del Governo di respingere tutti gli emendamenti al decreto “Asset” che puntavano a una proroga del Superbonus 110% per portare a termine i cantieri avviati.
Ricordiamo che sia la maggioranza sia l’opposizione avevano proposto una proroga del Superbonus al 110% o al 90% per tutto il 2024 a condizione che i lavori in condominio fossero a buon punto.
Gli emendamenti sono stati respinti e i lavori realizzati nel 2024 potranno beneficiare del Superbonus al 70%.
Fonte: Edilportale.com
A partire da oggi 2 ottobre e fino al 31 ottobre 2023 i contribuenti con redditi bassi che hanno realizzato, tra il 1° gennaio e il 31 ottobre 2023, lavori agevolati con il superbonus 90% su prime case possono richiedere un contributo fino al 10%.
Il contributo - introdotto dall’articolo 9, comma 3, del DL Aiuti quater (DL 176/2022 convertito nella Legge 6/2023) e disciplinato dal DL 31 luglio 2023 del MEF - intende compensare l’abbassamento dal 110% al 90% della percentuale di detrazione del superbonus, decisa a partire dal 1° gennaio 2023. Allo scopo è destinato un Fondo da 20 milioni di euro, che verrà ripartito tra gli aventi diritto in base alle istanze di richiesta del contributo presentate.
I requisiti da possedere per avere diritto al contributo sono:
- l’unità immobiliare sulla quale sono stati realizzati gli interventi deve essere posseduta, almeno in quota, a titolo di proprietà o di altro diritto reale di godimento e deve essere destinata a propria abitazione principale. Sono oggetto di contributo anche le spese relative a interventi edilizi detraibili al 90% effettuati su parti comuni condominiali dell’edificio di cui l’abitazione principale fa parte e a questa attribuite in base ai millesimi;
- il reddito di riferimento dell’anno 2022 del contribuente che ha sostenuto la spesa non deve superare 15mila euro.
L’iter per la richiesta e per l’erogazione del contributo a fondo perduto è stato definito dall’Agenzia delle entrate con il Provvedimento del 22 settembre 2023.
Una volta verificato il possesso di tutti i requisiti previsti, il contribuente dovrà presentare all’Agenzia delle entrate l’istanza telematica di accesso al contributo: la finestra di trasmissione si apre oggi 2 ottobre 2023 e si concluderà il 31 ottobre 2023.
Solamente dopo il 31 ottobre 2023, l’Agenzia procederà alla ripartizione dei fondi stanziati in base ai contributi richiesti con tutte le istanze validamente presentate. La percentuale stabilita con la ripartizione dei fondi verrà pubblicata entro il 30 novembre 2023.
Fonte: Edilportale.com
Non ci sarà la proroga del Superbonus al 110% o al 90% per i condomìni. Ieri le Commissioni Ambiente e Industria del Senato hanno respinto gli emendamenti al disegno di legge per la conversione del Decreto Asset e Investimenti che proponevano di concedere qualche mese in più, alle attuali condizioni agevolative, ai condomìni con lavori a buon punto.
La bocciatura degli emendamenti non lascia stupiti perché riflette la contrarietà al Superbonus manifestata dal Governo e da parte della maggioranza.
Nel frattempo, sempre nella giornata di ieri, il Consiglio dei Ministri ha approvato la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Nadef). Nel documento, il Governo sottolinea gli effetti negativi dei bonus edilizi e del Superbonus in particolare.
In sede di conversione del Decreto Asset e Investimenti, maggioranza e opposizione avevano presentato una serie di emendamenti con l’obiettivo di prorogare il Superbonus per i condomìni con l’aliquota più alta attualmente vigente.
Alcuni emendamenti proponevano una proroga del Superbonus al 110% o al 90% per tutto il 2024. Altri chiedevano invece una proroga di qualche mese del Superbonus al 110% o al 90%, fino al 31 marzo 2024 o al 30 giugno 2024, ma solo per i condomìni che avessero completato almeno il 30% dell’intervento complessivo entro il 31 dicembre 2023.
Queste ipotesi sono sfumate e i condomìni che non completeranno i lavori entro la fine dell’anno potranno continuare ad usufruire del Superbonus, ma otterranno una detrazione del 70% nel 2024.
Ma qual è l'entità degli edifici e dei lavori che erano interessati alla proroga? Per fare una stima possiamo rifarci ai dati diffusi a fine agosto da Enea, che fotografano l’utilizzo della detrazione per l’efficientamento energetico degli edifici. I condomìni che hanno usufruito o stanno usufruendo del Superbonus sono circa 74mila. In totale, i lavori ammessi a detrazione ammontano a 47 milirdi di euro. Quelli realizzati, ammessi a detrazione, sono il 74% e ammontano a circa 35 miliardi di euro. Sono quindi in corso lavori per circa 12 miliardi di euro. Per questi lavori era stata prospettata la proroga del Superbonus al 110% o 90% anche dopo il 31 dicembre 2023. Con la bocciatura degli emendamenti, invece, i lavori che non saranno completati entro la fine dell'anno, nel 2024 dovranno “accontentarsi” del Superbonus al 70%.
La bocciatura degli emendamenti è in linea con le intenzioni del Governo. Subito dopo l’estate la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha definito il Superbonus una truffa ai danni dello Stato, mentre nei giorni scorsi il Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha annunciato che il Superbonus non sarebbe stato prorogato nelle forme fino ad ora conosciute.
“Abbiamo appena concluso i lavori delle commissioni 8ª e 9ª del Senato con un risultato pessimo per gli italiani: governo e maggioranza hanno bocciato tutti gli emendamenti in materia di superbonus”. Così i senatori Pd Michele Fina, Lorenzo Basso e Nicola Irto hanno commentato la bocciatura degli emendamenti.
“Tutto questo - spiegano - mentre la questione dei crediti incagliati mette in ginocchio esodati del superbonus e imprenditori onesti che si sono fidati dello Stato ma sono oramai relegati, sempre più, nel totale disinteresse del Governo. Si chiude così l’ennesima giornata di lavori parlamentari nella quale le legittime aspettative di un intero comparto sono state ancora una volta mortificate e tradite”.
Superbonus e bonus edilizi, per il Governo pesano sulle casse dello Stato
Il peso che Superbonus e bonus edilizi hanno sui conti pubblici è stato messo in evidenza anche in fase di approvazione della Nadef.
Come illustrato dopo la riunione del CdM, “per quanto riguarda il profilo del debito, si osserva che in particolare i bonus edilizi comportano un sostanziale incremento del fabbisogno pubblico nel corso della legislatura”.
Nella spiegazione sull’andamento del rapporto debito/Pil, il Governo sottolinea che “il saldo di finanza pubblica conseguito a fine periodo e il venire meno degli effetti negativi sul saldo di cassa dovuti al Superbonus consentiranno di ottenere una discesa molto più rapida del rapporto debito/PIL, con l’obiettivo di tornare ai livelli pre-crisi entro la fine del decennio”.
Fonte: Edilportale.com
Il pagamento di un bonifico Superbonus non sempre va di pari passo con la realizzazione dei lavori: in alcuni casi, pagamenti e interventi devono necessariamente essere allineati, in altri è invece possibile anticipare i pagamenti rispetto al completamento del cantiere.
Il doppio binario è previsto dalla normativa sul Superbonus, su cui l’Agenzia delle Entrate ha fornito ulteriori chiarimenti durante l’ultimo appuntamento con Telefisco.
Fino al 31 dicembre 2023, i lavori agevolati col Superbonus stanno beneficiando di aliquote pari al 110% o al 90%. La differenza dipende dal momento in cui sono stati deliberati i lavori e presentati i titoli abilitativi.
L’aliquota della detrazione scenderà al 70% a partire dal 1° gennaio 2024 e al 65% dal 1° gennaio 2025.
A causa dei ritardi registrati in molti cantieri, una serie di lavori rischia di non essere completato entro il 31 dicembre 2023, ma di dover proseguire anche nel 2024. Per non perdere la possibilità di ottenere la detrazione più vantaggiosa del 90% o del 110%, i contribuenti potrebbero pensare di anticipare i pagamenti dei bonifici per i lavori agevolati col Superbonus.
Questo però, secondo la normativa che regola il Superbonus, non è sempre consentito.
Chi, nonostante le difficoltà del mercato e i limiti introdotti a febbraio 2023 dal decreto "blocca cessioni", sia riuscito a optare per lo sconto in fattura o per la cessione del credito, non può effettuare bonifici Superbonus anticipati rispetto ai lavori. I pagamenti devono essere allineati allo svolgimento degli interventi.
La normativa sul Superbonus stabilisce infatti che, in caso di sconto in fattura o cessione del credito, la liquidazione delle spese deve avvenire sulla base degli stati di avanzamento dei lavori (SAL).
Nel 2022, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la verifica dello stato di avanzamento dei lavori è obbligatoria per scegliere lo sconto in fattura o la cessione del credito e che, nel caso in cui sull’edificio si eseguano sia lavori antisismici sia di efficientamento energetico, la verifica dello stato di avanzamento dei lavori deve essere effettuata separatamente per ogni tipologia di intervento.
Ricordiamo, al contrario, che per chi ha potuto optare per lo sconto in fattura e la cessione del credito nell’ambito di interventi agevolati con bonus edilizi diversi dal Superbonus, non è obbligatoria la liquidazione delle spese in base allo stato di avanzamento lavori. In questo caso, i bonifici possono essere effettuati anche in anticipo rispetto alla conclusione dei lavori.
Chi, invece, non intende optare per lo sconto in fattura o la cessione del credito, ma usufruisce del bonus 110% come detrazione Irpef, può effettuare il bonifico Superbonus anche prima che i lavori siano conclusi.
La normativa sul Superbonus, infatti, non prevede l’obbligo di certificare il SAL a carico di chi utilizza direttamente la detrazione.
L’Agenzia delle Entrate, che con la circolare 24/E/2020 ha fornito una serie di chiarimenti sulla normativa che regola il Superbonus, ha spiegato che, per le persone fisiche, compresi gli esercenti arti e professioni e gli enti non commerciali, la detrazione segue il principio di cassa.
Questo significa che, per verificare se il contribuente ha diritto alla detrazione, e determinare il suo importo, bisogna considerare il momento in cui è effettuato il pagamento, cioè la data del bonifico Superbonus, indipendentemente dalla realizzazione dei lavori.
Fonte: Edilportale.com
Il Governo non prorogherà il Superbonus 110%. Lo ha ribadito ieri pomeriggio il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, durante il question time alla Camera. Le parole del Ministro confermano la linea dell’Esecutivo, che considera la misura uno spreco di risorse pubbliche.
“Se da una parte la stima dell’impatto macroeconomico del Superbonus 110% è incerta - ha spiegato Giorgetti al question time - dall’altra parte la quantificazione dei costi per le finanze pubbliche è certa. Misure pagate da tutti gli italiani hanno interessato meno del 3% del patrimonio immobiliare esistente, prime e seconde case, al mare e ai monti, i ricchi e i poveri e anche sei castelli”.
Di questi costi, ha anticipato Giorgetti, bisognerà tenere conto nella prossima nota di aggiornamento al Def. “Non è intenzione del Governo procedere alla proroga delle misure relative agli interventi nelle forme finora conosciute” ha affermato.
Giorgetti ha illustrato che diverse istituzioni, associazioni ed enti di ricerca hanno concordato sul carattere espansivo del Superbonus 110%. Tuttavia, ha aggiunto, gli stessi studi hanno sottolineato che le valutazioni di impatto di tali misure sono soggette ad un ampio margine di incertezza. Ciò è confermato, ha spiegato, dalla significativa variabilità dei risultati prodotti.
Giorgetti ha poi proseguito spiegando che l’eventuale contributo alla crescita deve essere necessariamente analizzato alla luce dei costi per il finanziamento delle misure. “Come ogni politica pubblica, essa deve essere sottoposta all’analisi costi - benefici”.
Giorgetti ha citato gli studi condotti dalla Banca d’Italia, secondo la quale l’effetto espansivo verosimilmente non è stato tale da rendere lo strumento a impatto nullo per il conto economico delle amministrazioni pubbliche.
Secondo Giorgetti a questo bisogna aggiungere che “i maggiori investimenti per abitazioni hanno, nella migliore delle ipotesi sostituito e, nella peggiore, spiazzato alcune delle spese che si sarebbero comunque realizzate, anche in assenza del Superbonus, tramite l’aumento dei prezzi nel settore”.
L’onorevole Santillo ha replicato bollando come “narrazione tossica” i dati forniti dal Ministro Giorgetti.
Santillo ha ricordato che Giorgetti era al Ministero dello Sviluppo Economico quando l’allora Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha sottoposto all’unione europea il PNRR, che destinava la maggior parte dei finanziamenti proprio al Superbonus.
Santillo ha anche citato diversi studi che hanno dimostrato la validità del Superbonus. Tra questi, in particolare, quello della Fondazione nazionale dei Commercialisti, siglato dal Consigliere del Mef, Enrico Zanetti.
Santillo ha affermato che, secondo lo studio della Fondazione nazionale dei Commercialisti, il Superbonus ha fatto aumentare il Pil più del debito, riducendo il rapporto debito/Pil del 13% dal 2020 al 2022.
Se, da una parte, l’attuale Governo ha espresso la sua contrarietà al Superbonus, dall’altra gli operatori del settore che hanno intrapreso gli investimenti e hanno subìto ritardi a causa delle condizioni del mercato, si sono trovati in difficoltà.
Per far fronte a queste situazioni, il Governo ha disposto la proroga al 31 dicembre 2023 del Superbonus 110% per le villette in cui, entro il 30 settembre 2022, è stato completato almeno il 30% dell’intervento complessivo.
Nei giorni scorsi è stata ventilata l'ipotesi di una analoga proroga, fino al 31 marzo 2024, per i condomìni che avessero completato (entro una data da definire) almeno il 60% degli interventi o per i condòmini con redditi bassi. Per la decisione finale sarà determinante la nota di aggiornamento del Def, che deve essere presentata alle Camere entro il 27 settembre, ma le parole del Ministro al question time creano qualche dubbio.
Le detrazioni potrebbero cambiare radicalmente. Al momento ci sono diverse ipotesi in campo. Forza Italia propone una detrazione commisurata al risparmio energetico. Anche la Lega immagina un bonus con un’aliquota variabile.
Uno dei problemi, ancora irrisolti, è il blocco delle cessioni dei crediti relativi non tanto al Superbonus, quanto agli altri bonus edilizi. Il Superbonus, infatti, fin dalla sua nascita ha previsto dei controlli per poter scegliere la cessione del credito e lo sconto in fattura.
Per gli altri bonus edilizi, invece, i controlli sono stati introdotti solo a partire da novembre 2021. Sui crediti maturati prima dell’introduzione dei controlli sono emerse una serie di truffe, che hanno scoraggiato i potenziali acquirenti e bloccato lo smaltimento dei crediti.
Giorgetti ha annunciato che il Governo intende mettere a punto degli strumenti che consentano all’Agenzia delle Entrate e ai potenziali acquirenti di verificare la bontà dei crediti maturati prima di novembre 2021. Con una certificazione del Ministero, i crediti dovrebbero iniziare a circolare di nuovo.
Santillo ha replicato citando i dati forniti dall’Ance, che ha rilevato la presenza di 320mila famiglie sull’orlo del precipizio per i crediti incagliati e i mancati interventi.
Ricordiamo che con il passare del tempo l’aliquota del Superbonus si sta abbassando. Rispetto al 110% iniziale, nel 2023 è passata al 90%, restando al 110% solo in alcuni casi.
Nel 2024 l’aliquota scenderà al 70% e nel 2025 al 65%. Considerando che sono stati eliminati lo sconto in fattura e la cessione del credito, la detrazione sarà quindi meno conveniente.
Il 31 dicembre 2025 il Superbonus scadrà e al suo posto ci saranno altre agevolazioni da definire.
Fonte: Edilportale.com
Ha sfondato il tetto degli 85 miliardi di euro l’ammontare totale degli investimenti in efficientamento energetico degli edifici, beneficiari del superbonus 110% e 90%. Ad essi corrispondono detrazioni e crediti fiscali per circa 93 miliardi di euro.
Il dato arriva dall’aggiornamento al 31 agosto 2023 sull’utilizzo del superbonus applicato ai lavori di miglioramento energetico pubblicato dall’Enea.
Gli investimenti ammessi a detrazione sono conclusi per l’81,9%, quindi i lavori effettuati corrispondono a 69,6 miliardi di euro; i restanti lavori per 15,4 miliardi di euro sono in via di realizzazione.
Di questi ‘lavori in corso’ per l’efficientamento energetico, 12,2 miliardi di euro riguardano i condomìni, 2,5 miliardi gli edifici unifamiliari cioè le villette, e 0,7 miliardi le case funzionalmente indipendenti.
Proprio per dare ai proprietari di questi immobili il tempo necessario a completare i lavori fruendo dell’aliquota del 110%, la scadenza del 30 settembre 2023 per villette e case indipendenti è stata prorogata al 31 dicembre 2023.
Per i condomìni, che invece, per beneficiare dell’aliquota del 110% devono terminare i lavori entro il 31 dicembre 2023, il Governo sta ipotizzando una analoga proroga al 31 marzo 2024.
I lavori di efficientamento energetico finora completati su condomìni, villette e case funzionalmente indipendenti hanno fatto maturare detrazioni per 76,1 miliardi di euro (il 110% o 90% delle spese). A questa cifra, relativa ai lavori conclusi (l’81,9% di quelli ammessi al bonus), andranno aggiunte le detrazioni che matureranno per i lavori da concludere. Calcolando l’ammontare a lavori finiti, si arriva a 92,8 miliardi di euro solo di bonus per l’efficientamento energetico di cui lo Stato deve farsi carico.
E non va dimenticato che, tra condomìni, edifici unifamiliari e unità immobiliari funzionalmente indipendenti, gli edifici interessati sono 425.351 in totale.
Ricordiamo che al 10 luglio 2023, tra prime cessioni e sconti in fattura comunicati all’Agenzia delle entrate, il superbonus (comprensivo però anche dei lavori antisismici) aveva fatto registrare crediti per un totale di 88,5 miliardi di euro. Ai quali si aggiungevano i crediti maturati con gli altri bonus (53 miliardi di euro) per un totale di quasi 142 miliardi di euro di crediti che si tradurranno in mancato gettito per le casse pubbliche.
Quest’ultimo dato sta circolando molto tra i membri del Governo nelle ultime ore, anche in vista della Nota di aggiornamento al Def (Nadef) che arriverà a fine settembre e della Manovra 2024.
“Nei cassetti dell’Agenzia delle entrate - spiegava lunedì scorso SkyTg Economia il sottosegretario all’Economia, Federico Freni - ci sono 142 miliardi di crediti ceduti, 13 dei quali sono frodi” che quindi non pesano sulle casse pubbliche. “Restano 130 miliardi di euro dei quali 109 sono da portare in compensazione” e 21 vengono detratti dall’Irpef.
Si tratta di 130 miliardi di euro di minore gettito fiscale di cui si dovrà tenere conto nella definizione del bilancio dello Stato e delle misure che comportano nuova spesa pubblica.
Fonte: Edilportale.com
“Enel X sta adempiendo agli impegni assunti a suo tempo, senza attivarne di nuovi e senza ricorso a piattaforme di complessa realizzazione. Ha riattivato gradualmente il processo di acquisto dei crediti fiscali dai soggetti con cui erano già in precedenza sottoscritti contratti, per i casi in cui risultino soddisfatti i requisiti richiesti dalle condizioni contrattuali e dalla normativa di riferimento”.
Con questa precisazione, la società sbarra la strada alla possibilità di attivare un nuovo meccanismo in grado di smaltire i crediti fiscali incagliati, come invece annunciato dal Governo.
L’annuncio di risolvere il blocco della cessione dei crediti corrispondenti al Superbonus e ai bonus edilizi risale allo scorso marzo, quando il Governo ha affermato che i crediti incagliati sarebbero stati acquistati da un nuovo veicolo finanziario guidato da Enel X.
A questo annuncio ha fatto seguito la rassicurazione della Sottosegretaria per l’Economia e le finanze Sandra Savino, che a maggio ha assicurato che la piattaforma per l’acquisto dei crediti superbonus incagliati gestita da Enel X sarebbe stata operativa entro settembre 2023.
Le prime avvisaglie che l’attivazione della piattaforma per lo sblocco della cessione del credito non ci sarebbe stata sono arrivate a luglio, quando la sottosegretaria all’Economia e Finanze, Lucia Albano, rispondendo ad un question time ha affermato che, sebbene il Governo abbia interloquito con gli operatori, lo Stato non ha intrapreso nessuna iniziativa e che la piattaforma di Enel X segue le sue logiche commerciali.
Resta ora da capire con quali iniziative il Governo farà ripartire la cessione del credito. Martedì scorso, durante il Consiglio dei Ministri, la Presidente Giorgia Meloni ha anticipato che il Superbonus non sarà rifinanziato, ma ha aggiunto che “dobbiamo occuparci di coloro che, per queste norme, ora rischiano di trovarsi per strada”, lasciando intendere l’intenzione di risolvere i problemi di liquidità di professionisti ed imprese con crediti incagliati.
Fonte: Edilportale.com
Sono stati definiti i criteri per l’erogazione del contributo a fondo perduto destinato alle persone con redditi bassi che nel 2023 hanno realizzato, su case singole o in condominio, lavori agevolati con il superbonus 90%.
Si tratta del bonus introdotto con il DL Aiuti quater (DL 176/2022 convertito nella Legge 6/2023) che ha ridotto l’aliquota del superbonus dal 110% al 90% e, per le abitazioni unifamiliari, lo ha limitato a quelle adibite a prima casa il cui proprietario abbia un ‘reddito di riferimento’ fino a 15.000 euro.
Nella Gazzetta Ufficiale del 25 agosto è pubblicato il DM 31 luglio 2023 del Ministero dell’Economia e delle Finanze con le modalità per l’erogazione del contributo relativo alle spese sostenute per gli interventi di efficienza energetica, sismabonus, fotovoltaico e colonnine di ricarica di veicoli elettrici.
Il contributo, per il quale è stato istituito un apposito Fondo da 20 milioni di euro per il 2023, sarà erogato in relazione alle spese sostenute fino al 31 ottobre 2023.
Il contributo spetta alle persone fisiche che, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arte o professione, sostengono spese per interventi agevolati dal superbonus 90% e siano in possesso dei seguenti requisiti:
a) il richiedente ha un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro;
b) il richiedente è titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare oggetto dell’intervento o, per gli interventi effettuati dai condomini, sull’unità immobiliare facente parte del condominio;
c) l’unità immobiliare è adibita ad abitazione principale del richiedente.
Come detto, il contributo spetta in relazione alle spese agevolate dal superbonus 90%, sostenute direttamente dal richiedente o dal condominio di cui egli fa parte, entro un limite massimo di spesa di 96.000 euro, ancorchè la detrazione spettante sia stata oggetto di opzione per lo sconto in fattura o per la cessione del credito.
Ai fini dell’erogazione del contributo contano soltanto le spese sostenute per le quali i bonifici risultano effettuati tra il 1° gennaio 2023 e il 31 ottobre 2023.
Nella domanda il richiedente indicherà l’importo del contributo richiesto che non potrà essere superiore al 10% delle spese ammesse al contributo. Si tratta quindi di un ‘rimborso’ della quota rimasta a carico di chi ha fruito del superbonus 90%.
Tuttavia, la richiesta potrebbe essere soddisfatta solo parzialmente: come accaduto per altri bonus, l’effettiva entità del contributo erogato sarà calcolata sulla base dell’ammontare complessivo dei contributi richiesti con le istanze. Qualora tale ammontare ecceda i 20 milioni di euro disponibili, i richiedenti otterranno una somma inferiore a quella che hanno richiesto.
Il contributo sarà erogato, fino ad esaurimento del plafond di 20 milioni di euro, sulla base dell’ordine cronologico delle date del primo bonifico effettuato dai richiedenti. Non conta, quindi, la data di invio della domanda di contributo.
La domanda di contributo deve essere inviata all’Agenzia delle entrate entro il 31 ottobre 2023 attestando il possesso dei requisiti richiesti. Le modalità di presentazione della domanda saranno definite con un Provvedimento che l’Agenzia delle entrate emanerà entro il 24 ottobre 2023.
Fonte: Edilportale.com
Chi sta realizzando lavori agevolati con il superbonus 110% su edifici unifamiliari e unità immobiliari indipendenti, e ne ha completato almeno il 30% al 30 settembre 2022, ha tre mesi di tempo in più per usufruire del beneficio fiscale.
È stato infatti prorogato dal 30 settembre 2023 al 31 dicembre 2023 il termine finale entro cui le persone fisiche possono beneficiare del superbonus 110% sulle spese sostenute per interventi agevolati, su edifici unifamiliari e unità immobiliari indipendenti e autonome, che alla data del 30 settembre 2022 avevano già raggiunto una percentuale di completamento dei lavori pari almeno al 30%.
La proroga è stata decisa dal Governo con il Decreto-Legge ‘Asset e Investimenti’ o ‘Omnibus’ DL 104/2023 contenente norme urgenti a tutela degli utenti e in materia di attività economiche e investimenti strategici entrato in vigore l’11 agosto scorso.
All’articolo 119, comma 8-bis, secondo periodo, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 - si legge infatti nell’articolo 24 del DL 104/2023 dal titolo ‘Misure in materia di incentivi per l’efficienza energetica’ - le parole: «30 settembre 2023» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2023».
L’articolo 24 del DL 104/2023, quindi, sposta al prossimo 31 dicembre (la scadenza precedente era il 30 settembre) la data per l’effettuazione delle spese che rientrano nel superbonus 110%, per gli interventi effettuati da persone fisiche su edifici unifamiliari (villette). La condizione di accesso all’agevolazione rimane la stessa di prima: al 30 settembre 2022 devono già essere stati effettuati lavori per almeno il 30% dell’intervento complessivo.
Per chi non soddisfa questo requisito, la percentuale di detrazione è pari al 90% ma a patto di soddisfare le seguenti condizioni:
- avere un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro;
- essere titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare;
- l’unità immobiliare deve essere l’abitazione principale; di conseguenza a fine lavori bisognerà avere la residenza.
La proroga contenuta nel DL ‘Asset e Investimenti’ o ‘Omnibus’ non riguarda i condomìni, per i quali restano valide le regole vigenti, ovvero aliquota superbonus 110% fino al 31 dicembre 2023 se:
- l’assemblea ha deliberato i lavori entro il 18 novembre 2022 e la Cilas (o la richiesta del titolo abilitativo) è stata presentata entro il 31 dicembre 2022;
- l’assemblea ha deliberato i lavori tra il 19 e il 24 novembre 2022 e la Cilas (o la richiesta del titolo abilitativo) è stata presentata entro il 25 novembre 2022.
- la richiesta del titolo abilitativo per gli interventi di demolizione e ricostruzione è stata presentata entro il 31 dicembre 2022.
Ma non è l’unica novità: l’articolo 25 del DL ‘Asset e Investimenti’ o ‘Omnibus’ obbliga i titolari di crediti derivanti da cessione o dallo sconto in fattura non più utilizzabili, a inviare una comunicazione all’Agenzia delle entrate entro 30 giorni dalla data in cui si viene a conoscenza del fatto specifico che ha determinato la mancata fruizione, e comunque entro il 2 gennaio 2024. La comunicazione, che non sarà necessaria se il mancato utilizzo dipende dal decorso dei termini utili per la fruizione, andrà redatta con le modalità che saranno indicate in un provvedimento del direttore dell’Agenzia; il mancato invio comporta una sanzione di 100 euro.
Fonte: Edilportale.com
Quali incentivi fiscali e quale intervento pubblico per centrare gli obiettivi della Direttiva Case Green? A queste domande risponde la proposta di Testo Unico dei Bonus edilizi presentata da Fillea Cgil nel corso di un convegno in Cgil Nazionale che ha visto confrontarsi politica, sindacato, costruttori e ambientalismo.
La proposta di nuovo Testo Unico dei Bonus edilizi prevede:
1. Bonus ristrutturazioni edili riportati alla loro originale funzione di “emersione” (con maggiorazioni in caso di miglioramento di classe sismica e/o abbattimento barriere architettoniche in alternativa all’attuale ecobonus e sisma bonus ma solo per la prima casa). Una percentuale di incentivo che parte dal 40% fino al 70% (75% per abbattimento barriere architettoniche e in questo caso con trasferimento diretto e non solo detrazione).
2. Bonus per l’efficienza energetica solo per le prime case e se sono in classe G, F, E (con maggiorazione per interventi sismici, ex sismabonus), con obiettivo obbligatorio di arrivare alla classe D, un massimale prestabilito, trasferimento diretto da parte dello Stato e una percentuale variabile dal 75% (+10% se miglioramento sismico) al 100%, in base al reddito del singolo o, sul modello tedesco, dei proprietari che esprimono la maggioranza dei “millesimi condominiali” se di miglior favore;
- 75% di incentivo per i redditi tra i 30 mila e i 100 mila euro sulla base dell’ISEE (per chi è sopra tale reddito non vi è incentivo se non quello per ristrutturazione) con possibilità di integrare parte del restante attraverso la cessione dei risparmi energetici;
- 85% per i redditi tra i 20 ed i 30 mila euro ISEE con possibilità di integrare tramite cessione dei risparmi energetici;
- 100% per i redditi sotto i 20 mila euro Isee, in questo caso con l’obbligo di cedere almeno il 50% dei risparmi energetici (questo al fine di mantenere compartecipazione e attenzione ai prezzi/concorrenza).
3. Introduzione del ‘Contratto di cessione dei risparmi energetici’ come obbligo per tutti gli operatori energetici, al fine di favorire uno strumento facile volto anche a ridurre da subito gli impatti sulla finanza pubblica, responsabilizzare il beneficiario e, per i redditi più bassi, produrre una convenienza immediata.
4. Fondo Crediti Efficienza Energetica presso Cassa Depositi e Prestiti: si tratta di chiudere una volta per tutte il caso dei “crediti incagliati”. Per il futuro, anche favorendo maggiore trasparenza e minori interferenze dei soggetti del credito, si propone il trasferimento diretto, mentre per quanto maturato fino all’entrata in vigore delle nuove norme, si propone che CDP acquisti i crediti incagliati già maturati e comunque contabilizzati come debito pubblico.
5. Semplificazioni amministrative e lotta all’illegalità nei cantieri: occorre mantenere l’asseverazione tecnica anche al fine di evitare “cantieri fantasma” ed altre forme di elusione; occorre estendere il combinato disposto “bonifico parlante” e Durc di Congruità, come previsto dalla legge 25/2022 affinché nessun euro pubblico alimenti evasione fiscale e lavoro nero. Occorre rafforzare l’obbligatorietà dei CCNL edili e delle relative norme di tutela per la salute e sicurezza dei lavoratori. Occorre qualificare le imprese che accederanno agli incentivi per evitare la nascita di “imprese vuote” come avvenuto nel passato. Occorre rafforzare il ruolo dell’ENEA per controlli anche sul campo e dotarsi di un’unica banca dati Agenzia Entrate/catasto/Enea per avere dati puntuali e precisi. Occorre semplificare la normativa sulle difformità e sugli interventi ad impatto paesaggistico li dove tali norme impediscono o rallentano gli interventi di efficienza.
Questo nuovo Testo Unico dei Bonus edilizi consentirebbe di centrare gli obiettivi della Direttiva Casa Green:
- gli edifici pubblici devono conseguire entro il 2027 la classe energetica E, entro il 2030 la classe energetica D;
- gli edifici residenziali, al netto di alcune deroghe, devono raggiungere, per le “prime case” la classe energetica E entro il 2030 e la classe energetica D entro il 2033.
“Avanziamo le nostre proposte oggi, prima dell’incontro di fine agosto 2023 tra Parlamento, Consiglio e Commissione europea per discutere sulla Direttiva Case Green e prima della prossima legge di bilancio per il 2024. Invitando il Governo, più che a contrastare la Direttiva o peggio negarne l’urgenza (ambientale e sociale), a richiedere alla Commissione Europea risorse specifiche aggiuntive, la possibilità di escludere le risorse previste dai Piani Nazionali per l’efficienza energetica dall’eventuale ritorno al Patto di Stabilità, usare quote del PNRR da ridestinare a combattere così la povertà energetica” - ha spiegato il Segretario generale di Fillea Cgil, Alessandro Genovesi.
“La nostra proposta di Testo Unico dei Bonus edilizi - ha continuato - vuole interloquire anche con quelle avanzate in queste settimane da diverse forze politiche (dalla Lega ai 5 Stelle, da Forza Italia al PD) e dalla stessa Ance, invitando ad un’inversione di rotta rispetto a quella presa dal Governo che, con il blocco della cessione del credito e dello sconto in fattura “di fatto permette, oggi, solo a chi ha già risparmi e liquidità e redditi medio alti, di beneficiare degli incentivi rimasti sotto forma esclusiva di detrazioni” un sistema che “favorisce i ceti più ricchi, il Nord del Paese e non seleziona i beneficiari in termini di priorità né energetiche né sociali”.
Per la Fillea, invece, c’è bisogno di una politica degli incentivi “che garantisca certezza nel medio periodo, sia finanziariamente più sostenibile, ma soprattutto sia più efficace in termini energetici e più giusta socialmente”. Per questo Genovesi propone di puntare principalmente sullo “strumento del trasferimento diretto da parte dello Stato, al posto dello sconto in fattura e della cessione del credito, per una maggiore trasparenza, efficacia e tracciabilità delle risorse pubbliche e anche per evitare tentazioni speculative o ricattatorie da parte del sistema bancario italiano”.
La riforma degli incentivi Fillea potrebbe generare “oltre 1,2 punti di PIL aggiuntivi l’anno (12% in 10 anni) con la creazione di oltre 300mila posti di lavori diretti, 430mila con l’indotto, ogni anno” - ha sottolineato Genovesi - “ma servono risorse vere e serve che questa proposta diventi una priorità nella politica economica del Governo Meloni” e dai conti della Fillea “anche nelle ipotesi di previsione contabile più rigide le somme da mettere in bilancio sarebbero circa 20-25 miliardi l’anno”.
Fonte: Edilportale.com
Nuovo Superbonus stabile per 10 anni con aliquota del 70% per tutti e 100% per gli incapienti, miglioramento energetico di almeno 4 classi, se possibile, mantenimento del Sismabonus acquisto e stessa struttura di controlli.
Così l’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) immagina il nuovo sistema di detrazioni fiscali per incentivare la riqualificazione del patrimonio edilizio.
In un elenco composto da 11 punti, Ance traccia le linee guida di quello che, a suo avviso, dovrebbe essere il nuovo Superbonus, cioè il nuovo sistema di detrazioni fiscali.
Secondo Ance, il nuovo Superbonus dovrebbe avere un’aliquota del 70% a regime, elevata al 100% solo per gli incapienti.
Per dare maggiore stabilità al mercato, il nuovo Superbonus dovrebbe avere un orizzonte temporale almeno decennale. Sarebbero poi i contribuenti, a loro discrezione, a scegliere se fruire della detrazione in 5, 10 anni o 20 anni. Ance ipotizza inoltre mutui verdi per finanziare la quota a carico delle famiglie.
Il nuovo Superbonus dovrebbe porsi obiettivi più stringenti, con un miglioramento energetico di almeno quattro classi per gli edifici ricadenti nelle attuali classi E, F e G, laddove tecnicamente possibile.
I lavori antisismici dovrebbero invece raggiungere un miglioramento sismico di almeno una classe di rischio, nelle zone 1, 2 e 3. Ricordiamo infatti che il Superbonus, al contrario del Sismabonus, non ha mai posto il vincolo del miglioramento di una o due classi di rischio sismico.
Secondo Ance, poi, andrebbe mantenuto il Sismabonus acquisti con aliquota maggiorata, che invece è scaduto ed è rimasto in vigore fino al 2024 con le aliquote ordinarie del Sismabonus.
In linea con le norme in vigore, Ance ritiene che il nuovo Superbonus debba agevolare gli interventi sugli edifici unifamiliari solo se destinati ad abitazione principale.
Ance chiede di ripristinare lo sconto in fattura e la cessione del credito solo per gli interventi realizzati su interi edifici.
I costruttori ritengono infine che andrebbero mantenuti controlli, massimali, asseverazioni e sistema di qualificazione attualmente previsti per gli interventi del Superbonus.
Il nuovo sistema di incentivi, secondo l’Ance, consentirebbe di intervenire su circa 120mila edifici ogni anno, con un costo annuo per lo Stato di circa 20 miliardi.
Ance rileva che lo stock abitativo italiano è costituito da 12,2 milioni di edifici dei quali oltre il 70%, è stato costruito prima dell’emanazione delle norme antisismiche (1974) e sull’efficienza energetica (1976).
Secondo l'Ance, "l'impianto normativo dell’ecobonus e sismabonus condomini del 2017 aveva posto, saggiamente e per la prima volta, la massima attenzione sulla necessità di riferire gli interventi a livello di edificio, abbandonando la logica individualistica degli incentivi precedenti, quasi esclusivamente concentrati sulla dimensione dell’abitazione. Purtroppo, i risultati in termini quantitativi sono stati molto al di sotto delle aspettative (2.800 edifici, in media d’anno). La ragione di tale scarso interesse è legata al costo di questi investimenti, che trova nei bilanci familiari un vincolo spesso insormontabile".
Con il Superbonus, scrive Ance in una nota, sono stati riqualificati oltre 400mila edifici in due anni e mezzo.
Confrontando il numero di interventi di efficientamento energetico censiti da Enea, con il totale di edifici per i quali la riqualificazione energetica può risultare fattibile e conveniente, Ance stima che è stato riqualificato il 5% degli edifici, con una distribuzione diversa tra regioni del Centro Nord e del Mezzogiorno, differenza che trova spiegazione principalmente nelle differenze climatiche presenti nel Paese.
L’esperienza del Superbonus volge al termine, anche se deve essere ancora risolto il problema dei crediti incagliati. Tuttavia, ci sono obiettivi internazionali di efficientamento energetico da rispettare: la nuova sfida europea di riqualificare energeticamente l’intero patrimonio immobiliare per renderlo neutrale alle emissioni nocive entro il 2050.
Anche se non si sa come sarà strutturato il testo definitivo della nuova Direttiva europea, Ance sottolinea che per l’Italia questo obiettivo comporterà un numero di interventi, in media ogni anno, molto importante, che può essere raggiunto solo con un sistema di incentivi che renda sostenibile, dal punto di vista economico, la scelta delle famiglie italiane di intervenire sugli edifici in cui abitano.
Il mancato recepimento delle prescrizioni europee, aggiunge Ance, rischia di trasformarsi in un boomerang per il bilancio pubblico, a causa delle sanzioni che verrebbero applicate a seguito della inevitabile procedura di infrazione.
Fonte: Edilportale.com
È in arrivo un nuovo Superbonus, con aliquote del 60% o 100%? È in fase di definizione un nuovo sistema di detrazioni per l’efficientamento energetico e la messa in sicurezza antisismica degli edifici.
Se, da una parte, le modifiche al Superbonus, che il Governo considera troppo costoso, scoraggiano l’avvio di nuovi interventi, dall’altra parte bisogna considerare che la riqualificazione energetica ed edilizia non può fermarsi. Il patrimonio immobiliare deve infatti adeguarsi agli obiettivi di efficientamento e decarbonizzazione fissati a livello internazionale.
Con la delega fiscale, il Governo ha iniziato ad affermare la necessità di varare un nuovo sistema di detrazioni fiscali.
Sul tema del nuovo Superbonus sono stati poi presentati due disegni di legge che ipotizzano nuove regole per le detrazioni fiscali. Uno dei ddl è targato Lega, riflette le posizioni della maggioranza e potrebbe trovare un appoggio maggiore all'interno del Governo. L’altro ddl è stato presentato dal Movimento 5 Stelle e come primo firmatario ha l'on. Agostino Santillo, uno dei sostenitori del vecchio Superbonus.
Al momento entrambi i disegni di legge sono in Parlamento da mesi e non hanno iniziato il proprio iter. È probabile che restino su un binario morto e che i contenuti del testo presentato dalla maggioranza confluiscano nella legge di Bilancio. La reale portata degli incentivi potrà infatti essere definita solo sulla base della dotazione finanziaria della legge di Bilancio. Ad ogni modo, i contenuti sono utili per capire gli argomenti su cui il Governo dovrà confrontarsi e la compatibilità delle nuove ipotesi con gli obiettivi posti a livello europeo.
L’intenzione di rivedere il sistema degli incentivi per la riqualificazione del patrimonio edilizio è presente nel disegno di legge delega fiscale e si inserisce nell’ambito di una revisione generale del sistema di tassazione personale.
Tra gli obiettivi del ddl, approvato ieri dalla Camera e ora all'esame del Senato, c’è la modifica delle deduzioni dalla base imponibile, delle detrazioni dall’imposta lorda e dei crediti d’imposta con riguardo agli obiettivi di miglioramento dell’efficienza energetica e della riduzione del rischio sismico del patrimonio edilizio esistente.
Il ddl sul nuovo Superbonus presentato dalla Lega scende più nello specifico e ipotizza una detrazione del 60%, dal 2024 al 2035, per gli interventi per i lavori antisismici e gli interventi di efficientamento energetico finalizzati al raggiungimento almeno della classe di prestazione energetica E dell’edificio entro il 2035 e della classe di prestazione energetica D entro il 2040.
Il ddl prevede un valore massimo della detrazione pari a 100mila euro e una ripartizione in 10 anni.
La detrazione potrebbe essere pari al 100% al ricorrere di tutte le seguenti condizioni:
- interventi realizzati sull’abitazione principale;
- interventi realizzati da contribuenti con reddito di riferimento fino a 15mila euro;
- interventi su edifici in classe G, con obbligo di raggiungere la classe E entro il 2035.
Secondo il ddl, chi rispetta queste tre condizioni potrà optare per lo sconto in fattura o per la cessione del credito. Sono inoltre previsti finanziamenti agevolati per gli incapienti.
Questo pacchetto di incentivi dovrebbe costare 20 milioni di euro a decorrere dal 2023, a valere sul Fondo del Mef per esigenze indifferibili istituito dalla Legge di Bilancio per il 2015.
L’altro ddl, presentato dal M5S, parte da un’aliquota di detrazione più bassa, pari al 40%, fino ad un ammontare complessivo della stessa pari a 96mila euro, per tutti gli interventi oggi agevolati con il bonus ristrutturazioni (bonus 50% che scenderà al 36% dal 2025).
Sono inoltre previste percentuali di detrazioni aggiuntive per i lavori antisismici, per gli interventi che portano al miglioramento della classe di prestazione energetica degli edifici e per l’uso di materiali riciclati.
Anche in questo caso, il ddl ipotizza un’aliquota al 100% per:
- l’installazione di impianti eolici di piccola taglia o di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici e manufatti fuori terra, co contestuale o successiva installazione dei sistemi di accumulo;
- l’installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici;
- gli interventi per l’eliminazione delle barriere architettoniche.
Il ddl prevede la possibilità di optare per la cessione del credito corrispondente alla detrazione.
Secondo le stime del ddl, questi incentivi dovrebbero costare in totale 11,2 miliardi di euro fino al 2031, sempre a valere sul Fondo del Mef per esigenze indifferibili istituito dalla Legge di Bilancio per il 2015.
Il ddl presentato dalla maggioranza sembra in linea con gli obiettivi della Direttiva Case Green, che punta all’aumento del tasso di ristrutturazioni e alla riduzione del consumo energetico e delle emissioni nel settore edilizio.
La Direttiva stabilisce che gli edifici residenziali dovranno raggiungere, come minimo, la classe di prestazione energetica E entro il 2030, e D entro il 2033. Per gli edifici non residenziali e quelli pubblici il raggiungimento delle stesse classi dovrà avvenire rispettivamente entro il 2027 (E) e il 2030 (D).
La classe G dovrà corrispondere al 15% degli edifici con le prestazioni energetiche peggiori in ogni Stato membro.
La Direttiva prevede inoltre che sia eliminato gradualmente l'uso di impianti di riscaldamento a combustibili fossili in tutti gli edifici.
Ricordiamo che la Direttiva Case Green è stata approvata a marzo dal Parlamento Europeo, ma sono in corso interlocuzioni e confronti con i Paesi membri che in alcuni casi, come per l’Italia, hanno affermato di non essere soddisfatti dal testo.
L’accelerazione nel ritmo di efficientamento degli edifici esistenti è prevista e la revisione del sistema di incentivi sono presenti anche nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC). Si tratta del documento che i Paesi membri inviano all’UE per delineare le politiche utili ad attuare gli obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti.
L’ultima bozza, datata giugno 2023, prevede di incrementare il tasso di ristrutturazione degli edifici, aumentare la diffusione delle tecnologie per l’elettrificazione dei consumi, per l’automazione e il controllo e incrementare gli interventi di isolamento delle superfici disperdenti.
Per quanto riguarda il riscaldamento degli edifici, il PNIEC intende sfruttare a pieno il potenziale di riduzione dei consumi offerto dalle pompe di calore come sistema principale di riscaldamento, da istallare sia in corrispondenza di riqualificazioni profonde degli edifici che ad integrazione dei sistemi di distribuzione del calore vigenti. Lo sviluppo delle pompe di calore e dell’elettrificazione degli altri usi sarà favorito dalla crescente diffusione di impianti fotovoltaici domestici.
Per raggiungere questi obiettivi, il PNIEC prevede una riforma degli incentivi fiscali in grado di incrementarne il rapporto tra beneficio e costo per lo Stato. I nuovi incentivi daranno la priorità agli interventi sugli edifici meno performanti e alle situazioni di povertà energetica e saranno graduati in base al livello di prestazione energetica ottenuta con l’intervento, alla riduzione dei consumi e all’uso di rinnovabili.
Alla luce delle intenzioni proclamate più volte dal Governo e degli obiettivi dell’Italia a livello internazionale, è quindi certo che il sistema delle detrazioni fiscali cambierà per garantire che la riqualificazione del patrimonio edilizio proceda senza gravare eccessivamente sulle casse dello Stato.
Resta solo da capire quale sarà la reale disponibilità finanziaria, sulla base delle priorità che l’Esecutivo vorrà perseguire. Le percentuali di detrazioni e la platea dei beneficiari dipenderanno dalle risorse in campo.
Fonte: Edilportale.com
Dal 1° luglio 2023, per ottenere il superbonus e gli altri bonus edilizi su lavori oltre i 516mila euro, i committenti devono affidare gli interventi soltanto ad imprese che, al momento della sottoscrizione del contratto di appalto o subappalto, sono in possesso della certificazione SOA.
L’obbligo di certificazione SOA riguarda sia la fruizione della detrazione Irpef sia l’esercizio delle opzioni di sconto in fattura e cessione del credito.
L’obbligo di certificazione SOA si applica alle imprese che lavorano nei cantieri agevolati con il superbonus, l’ecobonus, il bonus ristrutturazioni, il sismabonus e le agevolazioni per l’installazione di impianti fotovoltaici, sistemi di accumulo e colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici.
L’obbligo di certificazione SOA non si applica alla detrazione delle spese riguardanti l’acquisto delle unità immobiliari in edifici ristrutturati da imprese (bonus del 50% sul 25% del prezzo di vendita) né al sismabonus acquisto.
Per individuare i lavori di importo superiore a 516mila euro, per i quali è previsto l’obbligo di certificazione SOA, occorre tener conto dell’importo dei lavori al netto dell’Iva.
Il limite di 516mila euro deve essere calcolato considerando singolarmente ciascun contratto di appalto e ciascun contratto di subappalto. Ne consegue che, nell’ipotesi in cui i lavori siano affidati in subappalto, le “condizioni SOA” devono essere rispettate dall’impresa appaltatrice, nel caso in cui il valore dell’opera complessiva superi i 516mila euro, nonché dalle imprese subappaltatrici solo qualora le stesse eseguano lavori di importo superiore a tale soglia.
L’obbligo di qualificazione Soa per i lavori privati, di importo superiore a 516mila euro, incentivati con i bonus edilizi è stato introdotto dal Decreto Taglia bollette (DL 21/2022 convertito nella Legge 51/2022) per arginare il fenomeno delle imprese improvvisate e per cogliere le opportunità delle detrazioni fiscali.
Fonte: Edilportale.com
Finanziare e realizzare un programma nazionale pluriennale di edilizia residenziale pubblica, cioè un Piano Casa, a consumo di suolo zero; attuare le misure del PNRR per la rigenerazione urbana; favorire gli insediamenti di cohousing e le comunità energetiche rinnovabili; prevedere incentivi per il ripopolamento dei piccoli borghi.
Sono le principali richieste che il Movimento 5 Stelle fa al Governo attraverso una Mozione in tema di politiche abitative depositata lunedì alla Camera e presentata in una conferenza stampa dal Deputato Agostino Santillo e dalle Senatrici Alessandra Maiorino e Gabriella Di Girolamo.
Disagio abitativo, caro-affitti, caro-mutui e inflazione sono i problemi, sempre più pressanti per gli italiani, che hanno indotto i parlamentari grillini a farsi carico del tema e a chiedere al Governo di mettere in atto una serie di importanti azioni.
Prima fra tutte la previsione e attuazione in tempi certi di un programma nazionale pluriennale di edilizia residenziale pubblica a consumo di suolo zero, adeguatamente finanziato, che consenta di far fronte in modo sistematico e risolutivo alla grave situazione di disagio ed emergenza abitativa dovuta alla carenza di alloggi.
Per non disperdere quanto fatto in passato, la mozione chiede di effettuare una ricognizione delle risorse stanziate con le leggi in materia di edilizia residenziale pubblica e rimaste inutilizzate, e di reimpiegare gli eventuali importi residui. Nei casi di conclamata inadempienza, chiede di prevedere interventi sostitutivi, anche tramite la nomina di commissari ad acta.
Inoltre, per una migliore pianificazione dell’offerta abitativa, si chiede di prevedere una complessiva ricognizione del patrimonio edilizio esistente, comprensivo del patrimonio in stato di degrado, incluso il patrimonio industriale dismesso suscettibile di riconversione all’edilizia residenziale pubblica.
La mozione chiede anche di dare attuazione alle misure previste dalla missione 5 del PNRR, in modo da garantire il coordinamento degli investimenti in progetti di rigenerazione urbana volti a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale, con l’obiettivo di accompagnare all’edilizia residenziale pubblica la creazione di spazi e/o servizi culturali e socioassistenziali in grado di migliorare l’inclusione e la qualità della vita dei cittadini destinatari di tali interventi.
Un’altra richiesta è quella di introdurre misure di monitoraggio e sostegno all’utilizzo del Superbonus 110% per gli interventi effettuati da IACP ed enti equivalenti e di garantire la continuità dei bonus edilizi prevedendo meccanismi premiali che tengano in considerazione, insieme al livello socio-economico degli interessati, le caratteristiche tecniche degli interventi in termini di efficientamento energetico dell’edificio, utilizzo di materiali riciclati o provenienti da filiere rinnovabili, abbattimento delle barriere architettoniche, installazione di sistemi di produzione energetica da fonti rinnovabili; messa in sicurezza sismica dell’edificio.
Per dare avvio a questa attività con regole aggiornate, si chiede di definire una normativa quadro sull’edilizia residenziale pubblica e sociale che definisca i livelli essenziali del servizio abitativo, in linea con la normativa europea sul diritto all’abitazione.
E ancora, il M5S preme sul Governo affinchè favorisca la costituzione e la diffusione di insediamenti di cohousing, in linea con le normative e le best practices già esistenti in molti Paesi europei, e contrasti il declino infrastrutturale e demografico dei piccoli borghi che ne sta causando lo spopolamento.
“Finora il Governo si è dimostrato letteralmente incapace di spendere i soldi del PNRR strappati in Ue nel 2020 da Giuseppe Conte. Di quegli oltre 200 miliardi di euro, 3,3 sono destinati a progetti di rigenerazione urbana per l’inclusione: i membri del governo Meloni parlano tanto ma non hanno speso un euro finora - ha detto il vicecapogruppo M5s alla Camera Agostino Santillo -. Non basta soltanto dare una casa agli italiani, ma pensare a una qualità dell’abitare alta perché gli italiani hanno diritto di vivere in case sicure, salubri e efficienti da un punto di vista energetico”.
“Il ministro delle Infrastrutture Salvini ha detto: ‘rimetteremo mano dopo decenni a un nuovo Piano Casa perché serve un nuovo piano di edilizia non vecchia ma nuova’”. “Il Governo ha in mente, tanto per cambiare, solo un piano di cementificazione”. In Italia ci sono “persone che non riescono ad accedere ad alloggi o affitti ragionevoli, ma poi abbiamo un’infinità di case sfitte, con uno dei patrimoni immobiliari più vetusti d’Europa” - ha aggiunto Alessandra Maiorino, vicecapogruppo M5s al Senato.
“Chiediamo un monitoraggio e sostegno sull’utilizzo del Superbonus per gli interventi degli IACP. Mai come in questo momento storico crediamo che ci sia la possibilità di ridurre le diseguaglianze cristallizzate in questo Paese” - ha concluso Gabriella Di Girolamo, capogruppo M5S in commissione Lavori Pubblici al Senato.
Fonte: Edilportale.com
Il visto di conformità Superbonus è il documento che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione, rilasciato da dottori commercialisti, ragionieri, periti commerciali, consulenti del lavoro ed esperti iscritti alle Camere di Commercio ai beneficiari della detrazione.
Per evitare frodi, la normativa obbliga il beneficiario della detrazione ad acquisire il visto conformità Superbonus sia quando usufruisce direttamente della detrazione sia quando opta per lo sconto in fattura o la cessione del credito.
Ci sono però dei casi in cui il visto di conformità Superbonus non è obbligatorio. Questi casi sono stati ricordati dall’Agenzia delle Entrate nella circolare 14/E/2023, che insieme alla circolare 15/E/2023, fornisce una serie di indicazioni utili alla presentazione della dichiarazione dei redditi.
Nell’ambito della dichiarazione dei redditi esiste poi, già dal 2014, il visto di conformità sull’intera dichiarazione, che è indipendente dalla circostanza di essere beneficiari del Superbonus o di altri bonus edilizi.
Con la Circolare 14/E, l’Agenzia ha spiegato in quali casi la dichiarazione dei redditi può essere inviata da un soggetto diverso da quello che ha rilasciato il visto di conformità Superbonus. Tra le condizioni da rispettare c'è anche il visto conformità sull'intera dichiarazione.
L’Agenzia ha spiegato che il contribuente può far inviare la dichiarazione dei redditi da un soggetto diverso da quello che ha rilasciato il visto di conformità Superbonus se:
- intende usufruire direttamente del Superbonus come detrazione;
- non sussiste l’obbligo di apporre il visto di conformità sull’intera dichiarazione.
Ricordiamo che il visto di conformità sull’intera dichiarazione esiste già da tempo ed è indipendente dal visto di conformità Superbonus. Ai sensi della Legge di Stabilità 2014 (Legge 147/2013, articolo 1 comma 574) è necessario apporre il visto di conformità all’intera dichiarazione se il contribuente risulta titolare di un credito di imposta superiore a 5mila euro.
L’Agenzia ha aggiunto che il contribuente è tenuto a conservare la documentazione sul visto di conformità Superbonus e ad esibirla in caso di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Il visto di conformità Superbonus è stato già oggetto di chiarimenti da parte del Fisco.
Nel 2021 l’Agenzia ha spiegato che il visto di conformità Superbonus non è obbligatorio se:
- il contribuente invia in autonomia la precompilata;
- il contribuente invia la dichiarazione tramite il sostituto d’imposta (nella maggior parte dei casi il datore di lavoro che opera le trattenute Irpef);
- sussiste già un visto di conformità sull’intera dichiarazione (perchè dalla dichiarazione è risultato un credito di imposta superiore a 5mila euro).
Quindi il visto di conformità è obbligatorio se:
- il contribuente presenta la dichiarazione dei redditi attraverso un Caf;
- il contribuente presenta la dichiarazione dei redditi attraverso un commercialista.
Fonte: Edilportale.com
Raggiunge i 77 miliardi di euro l’importo degli investimenti ammessi a detrazione con il superbonus 110% per lavori di riqualificazione energetica; di conseguenza, l’onere a carico dello Stato arriva a quota 84,7 miliardi di euro.
Sono gli ultimi dati, aggiornati al 31 maggio 2023, diffusi da Enea, relativi all’utilizzo del superbonus 110% per i lavori su condomini, edifici unifamiliari, unità immobiliari indipendenti e castelli.
Nel mese di maggio gli investimenti ammessi a detrazione sono aumentati di 2,4 miliardi di euro rispetto ai 74,6 miliardi di euro registrati alla fine del mese precedente; ad aprile 2023 l’aumento rispetto a marzo era stato di 1,9 miliardi di euro; a marzo 2023 l’aumento rispetto a febbraio era stato di 4,2 miliardi di euro; a febbraio di 3,3 miliardi di euro rispetto a gennaio; a gennaio di 3 miliardi di euro rispetto al mese precedente; a dicembre gli investimenti erano cresciuti di 4 miliardi di euro rispetto a novembre.
I condomìni interessati da lavori agevolati sono passati dai 59.000 di fine marzo ai 61.000 di fine aprile ai 64.000 di fine maggio; per le unifamiliari il dato degli ultimi tre mesi va dai 231.000 di fine marzo a ‘soli’ 232.000 di fine aprile a 233.700 di fine maggio; per le unità funzionalmente indipendenti si passa, negli ultimi tre mesi, da 113.140 a 113.650 a 114.100.
A fine maggio è stato completato l’80,8% dei lavori, contro l’80,3% di fine aprile e il 79,8% di fine marzo 2023. La percentuale di completamento dell'80,8% è un dato medio: gli edifici unifamiliari sono più avanti, intorno al 90% dei lavori completati mentre i condomìni sono al 72,5%.
A maggio si conferma, quindi, il trend registrato in aprile, mese nel quale c’era stata una frenata soprattutto per le unifamiliari, per effetto delle restrizioni introdotte delle recenti norme, prime tra tutte la limitazione alla sola detrazione Irpef quale forma di fruizione e il tetto di reddito, in vigore per chi intenda fruire del superbonus dopo il 16 febbraio 2023.
L’andamento si riflette sull’onere a carico dello Stato che raggiunge gli 84,7 miliardi di euro. Erano 82 miliardi di euro un mese fa, circa 80 miliardi di euro a fine marzo, 75,3 miliardi di euro a fine febbraio, circa 71,7 miliardi di euro a fine gennaio e 68,7 miliardi di euro a fine dicembre 2022.
Su questo tema segnaliamo un recente studio del Consiglio e della Fondazione nazionale dei commercialisti dal quale emerge che invita a considerare non solo il costo del superbonus 110%per lo Stato ma anche il beneficio in termini di PIL. Lo studio calcola, infatti, che, a fronte di un costo netto per lo Stato di 60 miliardi di euro, si registra un incremento del PIL di 91 miliardi di euro, con un “impatto sulle finanze pubbliche addirittura positivo”.
Fonte: Edilportale.com
Sarà operativa entro settembre 2023 la piattaforma per l’acquisto dei crediti superbonus incagliati, gestita da Enel X.
Lo ha detto ieri in Commissione Finanze della Camera la Sottosegretaria per l’Economia e le finanze (MEF) Sandra Savino rispondendo all’interrogazione del deputato M5S Emiliano Fenu che chiedeva notizie del veicolo finanziario deputato all’acquisto dei crediti superbonus incagliati annunciato più di due mesi fa dal Governo.
“Con riferimento alla ‘realizzazione di un apposito veicolo finanziario’ deputato all’acquisto dei crediti - ha detto Savino -, questo Ministero ribadisce, in linea con la normativa vigente e con le regole che presiedono la contabilità di Stato, che nessuna iniziativa è stata intrapresa in questo senso direttamente dall’amministrazione pubblica”.
“Risulta tuttavia, in esito alle informazioni acquisite, che la società Enel X, di concerto con alcuni istituti bancari, stia lavorando alla realizzazione di una piattaforma che, nel rispetto delle vigenti disposizioni, procederà a sostenere l’acquisto di crediti da operatori privati ed industriali. A quanto è dato sapere l’operatività completa della piattaforma è prevista entro il mese di settembre 2023, in linea con le tempistiche previste e le autorizzazioni necessarie allo scopo” - ha aggiunto la Sottosegretaria.
Nell’interrogazione, Fenu ha ricordato che il Governo, per favorire lo sblocco degli oltre 30 miliardi di euro di crediti superbonus incagliati, aveva proposto il ricorso al mercato privato attraverso un apposito veicolo finanziario, con l’intervento di importanti player del settore, di società partecipate dal MEF e di Cassa depositi e prestiti. La soluzione proposta è una piattaforma finanziaria che acquisti i crediti fiscali certificati, liquidi ed esigibili da un primo cessionario, e li ri-ceda a terzi.
“Il 27 marzo 2023 - ha sottolineato Fenu - Francesco Venturini, Ceo di Enel X, parlando del lavoro del Governo sui crediti edilizi, ha prontamente evidenziato il ruolo che la società avrebbe dovuto svolgere nella gestione dei crediti fiscali incagliati e, con riferimento alle tempistiche, di essere quasi pronti («... è questione di poco e potremo dare un decisivo impulso allo sblocco dei decreti incagliati.»)”.
Da allora non c’è stato alcun progresso evidente nella realizzazione della piattaforma di Enel X. Questo silenzio ha fatto emergere le richieste di aggiornamenti che ieri hanno ottenuto la risposta del MEF.
Nella stessa seduta la Sottosegretaria ha aggiunto che “ad oggi, solo Enel X, Intesa San Paolo e Sparkasse già riacquistano i crediti, mentre Credit Agricole, UniCredit e Poste Italiane stanno ultimando le procedure per dare avvio al procedimento in linea con la normativa vigente. Tra le banche che hanno dichiarato la propria disponibilità a riattivare la cessione del credito vi è anche Banco Bpm. Sono, inoltre state predisposte da parte di operatori privati, alcune piattaforme di intermediazione che permettono la valutazione di offerte di acquisto di bonus edilizi, quali: Finanza.Tech e SiBonus, Giroconto e Innova Credit ” - ha concluso Savino.
L’allarme sui crediti superbonus incagliati è stato nuovamente lanciato ieri dall’Ance, Associazione Nazionale dei costruttori, in audizione presso la Commissione Ambiente della Camera, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sull’impatto ambientale degli incentivi in materia edilizia.
“Quattro mesi fa - ha detto il Vicepresidente Stefano Betti - l’Agenzia delle entrate aveva stimato in 19 miliardi di euro i crediti incagliati. Il trend di questi ultimi mesi ha aumentato notevolmente l’importo dei crediti incagliati, già oggi superiore ai 30 miliardi di euro, secondo le elaborazioni rese note ieri”.
“Cresce l’importo dei crediti incagliati e stenta a decollare la soluzione di piattaforma proposta due mesi fa a Governo e Parlamento; è quindi necessario che, nell’immediato, il Parlamento vari una proroga di almeno 6 mesi delle operazioni di 110% in corso, in modo da dare il tempo agli operatori di concludere gli interventi iniziati”.
Fonte: Edilportale.com
Il progetto dei lavori antisismici e la relativa asseverazione devono essere allegati alla SCIA o alla richiesta di permesso di costruire al momento della presentazione allo sportello unico competente. La mancanza dell’asseverazione non è una violazione meramente formale ma può far perdere il superbonus.
Lo ha chiarito l’Agenzia delle entrate con la Risposta 332 del 29 maggio 2023 relativa al caso di un soggetto che ha avviato - su un immobile di proprietà, accatastato come C/6 ma destinato ad essere trasformato in abitazione al termine dei lavori - un intervento di riduzione del rischio sismico dell’edificio per il quale beneficiare delle detrazioni del 110%, nel limite di 96mila euro.
Il proprietario si è avvalso di un ingegnere asseveratore, in possesso di idonea polizza assicurativa, il quale ha provveduto a predisporre e sottoscrivere digitalmente la documentazione richiesta dalle norme edilizie vigenti, trasmessa mediante l’applicativo informatico ‘OpenGenio’.
Alla comunicazione di inizio lavori presentata allo Sportello Unico Edilizia (SUE) del Comune, non è stata allegata né l’asseverazione di rischio sismico ante operam, di cui all’art. 3 del DM 58/2017, né la relazione illustrativa della classificazione sismica.
Ciononostante, considerato che la relazione della documentazione sismica dovuta al SUE del Comune risulta asseverata ed inviata al Genio Civile con firma digitale prima dell’inizio dei lavori, il proprietario ha chiesto se l’omissione possa essere assimilata ad una violazione meramente formale, che non pregiudichi la fruizione del superbonus.
Nella Risposta l’Agenzia premette che l’obbligo di depositare l’asseverazione contestualmente alla presentazione del progetto è disposto dall’articolo 3, comma 3, del DM 58/2017, che prescrive che detto adempimento debba essere tempestivo ed attuato, comunque, prima dell’inizio dei lavori.
La Circolare 28/2022 specifica che la tardiva od omessa presentazione dell’asseverazione non consente l’accesso al beneficio fiscale; detta violazione non può, quindi, essere considerata ‘meramente’ formale perché può ostacolare l’attività di controllo.
E infatti, spiega l’Agenzia, per sanare questa violazione non è possibile ricorrere alla ‘tregua fiscale’ (articolo 1 commi da 166 a 173 legge di bilancio 2023), una ‘sanatoria’ che non si applica alle comunicazioni necessarie a perfezionare alcuni tipi di opzione o l’accesso ad agevolazioni fiscali.
Per queste, invece, il legislatore ha previsto l’istituto della remissione in bonis che consente ai contribuenti di sanare la violazione entro il termine della prima dichiarazione utile e pagando una sanzione.
Per avere diritto ad avvalersi della remissione in bonis, il proprietario deve:
- avere i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;
- pagare la sanzione di 250 euro;
- effettuare la comunicazione entro la prima dichiarazione utile.
Laddove il proprietario, per le spese sostenute nel 2022, abbia scelto la cessione del credito o lo sconto in fattura, la remissione in bonis per sanare la mancata allegazione dell’asseverazione andrà esercitata prima della presentazione della comunicazione dell’opzione, comunicazione che, a sua volta, ove non eseguita entro il 31 marzo 2023, potrà anch’essa essere sanata mediante la remissione in bonis entro il 30 novembre 2023.
Il protagonista del caso in questione, che non ha depositato all’ente locale l’asseverazione prima dell’inizio dei lavori, può, quindi, sanare l’omissione e salvare il suo diritto a beneficiare del superbonus facendo ricorso alla remissione in bonis, sempreché la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza.
Fonte: Edilportale.com
Disegnare un fisco che tuteli la casa quale bene fondamentale, che favorisca la rigenerazione urbana, stimolando gli investimenti nella messa in sicurezza e nella riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare e che sia da stimolo, e non di ostacolo, alla vita delle imprese.
Sono le richieste che l’ANCE, l’Associazione Nazionale dei Costruttori edili, ha espresso il 22 maggio scorso in audizione presso la Commissione Finanze della Camera sul disegno di legge di delega fiscale.
Secondo i costruttori - ha detto la Vicepresidente economico-fiscale tributaria, Vanessa Pesenti - la revisione delle agevolazioni contenuta nella delega fiscale dovrebbe puntare a sfoltire i quasi 700 bonus attualmente vigenti, eliminando quelli non più attuali e non più significativi anche in un’ottica sociale, mantenendo, invece, quelli più idonei a garantire il perseguimento dell’interesse pubblico.
Un sistema stabile e adeguato di incentivi diretti all’efficientamento energetico e antisismico del patrimonio immobiliare è - a parere di ANCE - un presupposto essenziale per il raggiungimento, da qui al 2030-2033, degli obiettivi fissati dal Green Deal europeo e per il conseguente raggiungimento di tutti gli obblighi imposti dalla più recente normativa comunitaria in tema di decarbonizzazione degli edifici.
Per questo, secondo i costruttori, è necessario pervenire, con la delega fiscale, ad una riforma del Superbonus e degli altri bonus edilizi che garantisca il raggiungimento dell’interesse pubblico richiesto dall’Europa, consentendo l’accesso a tutti i contribuenti, pur collegandone l’importo al reddito del beneficiario ed iniziando con l’incentivare prioritariamente la riqualificazione degli edifici in classe energetica più bassa.
Sempre nell’ottica di incentivare prodotti adeguati ed efficienti dal punto di vista energetico e di sicurezza statica, l’ANCE ha poi da sempre sottolineato l’esigenza, nel rinnovare il sistema di incentivi fiscali, di sostenere adeguatamente la domanda di abitazioni nuove o incisivamente ristrutturate in chiave energetica, che oggi invece sconta una tassazione molto più elevata di quella che si rivolge al mercato dell’usato (rispettivamente, IVA al 4%-10% sul corrispettivo d’acquisto, contro il registro al 2%-9% sul valore castale dell’abitazione usata oggetto d’acquisto).
Non potendo incidere sul sistema delle aliquote IVA, l’introduzione di un simile principio nell’ambito della legge per la delega fiscale aprirebbe la strada alla proposta di rendere strutturale la detrazione Irpef del 50% dell’IVA pagata sull’acquisto di abitazioni, nuove o incisivamente riqualificate, e in classe energetica elevata (in scadenza al 31 dicembre 2023).
Un altro tema posto all’attenzione della Commissione in sede di esame della delega fiscale è quello della rigenerazione urbana: Ance propone di introdurre, in via stabile e strutturale, il principio di neutralità dell’imposta di registro nella fase di produzione dei processi di rigenerazione urbana (imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa, a favore degli acquisti di immobili da parte degli operatori specializzati).
Senza incentivi fiscali, spiega l’Associazione, la rigenerazione urbana non parte, mentre, con un sistema diretto a detassare l’acquisto di immobili da rigenerare completamente, si renderebbero fattibili operazioni complesse di rinnovamento del patrimonio edilizio esistente, altrimenti bloccate dall’attuale prelievo espropriativo a carico proprio della fase iniziale d’acquisizione del fabbricato vetusto, energivoro e spesso non più idoneo all’uso consentito.
Infine, una richiesta ‘di metodo’: la Vicepresidente ha evidenziato come fondamentale il richiamo del disegno di legge per la delega fiscale alla certezza del diritto e alla tutela dell’affidamento del contribuente, principi contenuti nello Statuto del Contribuente, ma disattesi dalle continue modifiche alla legislazione tributaria, tra l’altro con effetti retroattivi.
Emblematica in tal senso - ha detto - l’esperienza del Superbonus, per il quale si contano, dal 2020 ad oggi, 19 provvedimenti, per 25 modifiche normative: quasi 1 ogni 45 giorni. Gli effetti di questa incertezza sono valutabili nella crisi finanziaria che sta colpendo decine di migliaia di imprese di costruzioni, che mette a rischio centinaia di migliaia di posti di lavoro.
Fonte: Edilportale.com
Anfit ha sottolineato che infissi, finestre, serramenti e chiusure trasparenti hanno significati diversi, ma spesso vengono usati come sinonimi da professionisti e imprese impegnati nei lavori agevolati con i bonus edilizi.
Questo perché la complessità del momento storico e la continua evoluzione legislativa può portare a tralasciare aspetti che generalmente sono considerati scontati.
Anfit ha rilevato che anche il legislatore e i maggiori testi del settore fanno riferimento a concetti diversi.
Anfit ha ricordato che la Legge 296/2006, considerata dall’associazione “la pietra angolare su cui è stato costruito tutto il castello dell’Ecobonus, fa riferimento al concetto di “finestre comprensive di infissi”.
L’articolo 14 del DL 63/2013, che ha elevato dal 55% al 65% l’aliquota dell’Ecobonus, fa riferimento a “interventi di acquisto e posa in opera di finestre comprensive di infissi”.
Il Decreto Requisiti Minimi (DM 26 giugno 2015), in relazione alla definizione delle soglie per le trasmittanze termiche, prende a riferimento le “chiusure tecniche trasparenti e opache e dei cassonetti, comprensivi degli infissi”.
Il vademecum ENEA stabilisce che è agevolabile la sostituzione di “finestre, lucernari e porte comprensivi di infissi”, delimitanti il volume riscaldato verso l’esterno o verso vani non riscaldati.
Il Decreto Requisiti Ecobonus 2020 (DM 6 agosto 2020), nelle definizioni contenute nell’articolo 2, indica che per finestre comprensive di infissi si intendono le “chiusure tecniche trasparenti e opache, apribili e assimilabili, e dei cassonetti, comprensivi degli infissi”.
L’allegato A al Decreto Prezzi MiTE (DM 14 febbraio 2022) fa riferimento alla “Sostituzione di chiusure trasparenti, comprensive di infissi”.
Anfit ha quindi precisato il significato dei vocaboli maggiormente ricorrenti:
Infisso: è un sinonimo di telaio e sta a indicare l’elemento permanente, fisso e rigido ancorato alla parte sui cui poi vengono agganciate ante, pannelli e vetrate;
Serramento: sta a indicare l’elemento mobile/apribile fissato all’infisso e che ha la funzione di separare gli ambienti;
Finestra: sinonimo di serramento.
Secondo Anfit, avere ben chiari questi concetti è utile per comprendere pienamente il campo di applicazione delle diverse legislazioni.
Fonte: Edilportale.com
I giudici si sono pronunciati sul ricorso, presentato da un condominio, contro la dichiarazione di inefficacia di una CILAS disposta dal Comune.
Il condominio intende realizzare un intervento di efficientamento energetico e ha presentato la CILAS il 22 novembre 2022, quindi appena in tempo per usufruire del Superbonus al 110% anche nel 2023.
Il Comune ha dichiarato l’inefficacia della CILA Superbonus. Di conseguenza, il condominio ha chiesto l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento emesso dal Comune.
I giudici del Tar Calabria sono partiti da un presupposto: il Comune ha il potere di reprimere gli eventuali abusi edilizi rilevati durante o dopo la realizzazione dei lavori.
Al di fuori di questo potere, i giudici non credono che il Comune possa esercitare poteri inibitori rispetto ai lavori indicati nella CILA Superbonus.
Dal momento che, per effetto della dichiarazione di inefficacia della CILA Superbonus, il condominio potrebbe perdere la detrazione, i giudici hanno sospeso l’efficacia del provvedimento del Comune e fissato al 29 novembre 2023 l’udienza per trattare la questione nel merito.
Ricordiamo che la normativa sulle detrazioni fiscali in edilizia ha subìto diverse modifiche e che la data di presentazione della CILA Superbonus determina l’aliquota della detrazione.
I condomìni possono ottenere il Superbonus con aliquota al 110% anche nel 2023 se:
- l’assemblea ha deliberato i lavori entro il 18 novembre 2022 e la Cilas (o la richiesta del titolo abilitativo) viene presentata entro il 31 dicembre 2022;
- l’assemblea ha deliberato i lavori tra il 19 e il 24 novembre 2022 e la Cilas (o la richiesta del titolo abilitativo) è stata presentata entro il 25 novembre 2022.
- la richiesta del titolo abilitativo per gli interventi di demolizione e ricostruzione viene presentata entro il 31 dicembre 2022.
Tornando al caso esaminato, si può affermare che la sospensione della dichiarazione di inefficacia rimette in pista la CILA Superbonus, con la possibilità di accedere al 110%.
Resta tuttavia un margine di incertezza. Il Tar si pronuncerà definitivamente a novembre e, contro questa decisione, si potrà presentare appello davanti al Consiglio di Stato.
Fonte: Edilportale.com
Via alle comunicazioni per l’utilizzo del credito Superbonus in 10 anni. Da oggi si può comunicare, sulla piattaforma dell’Agenzia delle Entrate, anche l’opzione di utilizzo in 10 anni dei crediti collegati al sismabonus e al bonus barriere architettoniche.
L’utilizzo del credito Superbonus, sismabonus e bonus barriere architettoniche in 10 anni è consentito se il credito deriva da operazioni di cessione del credito e sconto in fattura comunicate entro il 31 marzo 2023.
Se la comunicazione relativa allo sconto in fattura e alla cessione del credito è stata inviata all’Agenzia delle Entrate entro il 31 ottobre 2022, per gli anni 2022 e seguenti si può scegliere di utilizzare in 10 anni i crediti residui relativi al Superbonus.
Se la comunicazione relativa allo sconto in fattura e alla cessione del credito è stata inviata all’Agenzia delle Entrate dal 1° novembre 2022 al 31 marzo 2023, per gli anni 2023 e seguenti si può scegliere di utilizzare in 10 anni i crediti residui, relativi al Superbonus, al sismabonus e al bonus barriere architettoniche.
La scelta di utilizzo del credito Superbonus, sismabonus e bonus barriere architettoniche in 10 anni è irrevocabile e non può essere rettificata né annullata.
Non sono consentite ulteriori cessioni e ripartizioni, né l’utilizzo negli anni successivi o il rimborso di eventuali residui non spesi.
Ogni rata può essere usata solo in compensazione, con modello F24 dal 1° gennaio al 31 dicembre del relativo anno di riferimento.
È consentito l’utilizzo del credito in 10 anni anche solo per una parte della quota della rata e l’invio di comunicazioni successive per comunicare l’utilizzo in 10 anni anche delle quote residue della stessa rata.
Da oggi, i fornitori e i cessionari possono accedere alla “Piattaforma cessione crediti” dell’Agenzia delle Entrate e comunicare:
- la tipologia del credito;
- la rata annuale da ripartire nei successivi dieci anni;
- l’importo della rata.
Dal 3 luglio 2023 il servizio sarà esteso agli intermediari con delega alla consultazione del cassetto fiscale dei titolari dei crediti.
L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione 19/E ha diffuso i codici tributo che devono essere utilizzati nelle comunicazioni di chi sceglie di usufruire in 10 anni delle quote non utilizzate dei crediti relativi a Superbonus, sismabonus e bonus barriere architettoniche (se le opzioni di sconto in fattura e cessione del credito sono state formalizzate entro il 31 marzo 2023).
La risoluzione contiene anche i codici da inserire per l’utilizzo in compensazione dei crediti di imposta relativi alle opzioni comunicate all’Agenzia delle Entrate dal 1° aprile 2023.
Fonte: Edilportale.com
Le imprese abruzzesi del settore industriale e commerciale acquisteranno dalle imprese edili i crediti maturati con i bonus edilizi al fine di superare il blocco del mercato creato dalle numerose e ravvicinate modifiche normative, dal disimpegno degli istituti di credito e dai forti tassi d’interesse.
La proposta per lo sblocco dei crediti incagliati nel settore bonus edilizi è stata illustrata venerdì scorso nella sede di Confindustria Chieti Pescara alla presenza di imprenditori, manager, dottori commercialisti ed esperti del settore.
L’obiettivo è quello di superare l’impasse causata - spiegano i promotori - dal passaggio “da un concetto di credito fiscale come ‘bene fungibile’, una sorta di nuova moneta cedibile senza limiti, ad un credito fiscale come ‘bene infungibile’, dotato di un codice univoco, cedibile limitatamente e la cui circolazione sul mercato comporta peculiari adempimenti”.
“I crediti - aggiungono - sono stati in gran parte ceduti dai proprietari degli immobili alle imprese edili (o ai General Contractors che hanno gestito tale tipo di lavori) che hanno operato mediante il cosiddetto ‘sconto in fattura’, al fine di consentire ai committenti di avere un impatto finanziario nullo o quasi”.
“La componente finanziaria relativa a questo sconto si è trasferita alle società appaltatrici, che in genere hanno operato con la ragionevole aspettativa di potere cedere tali crediti a banche o ad altri intermediari finanziari. Si tratta - sottolineano i proponenti - di imprese che, generalmente, presentano una adeguata redditività ed una adeguata patrimonializzazione ma che, tuttavia, si trovano in una situazione di sofferenza più o meno accentuata dal punto di vista finanziario”.
Queste imprese “hanno moltissimi crediti di natura fiscale, che non riescono ad incassare o cedere e, specularmente, molti debiti - soprattutto verso fornitori, ma anche di altra natura - che non possono onorare per carenza di liquidità”.
L’iniziativa messa a punto, quindi, si prefigge di favorire l’incontro tra domanda ed offerta dei crediti fiscali generati dai bonus edilizi, tra aziende del sistema confindustriale locale, per scavalcare, nell’interesse reciproco delle parti, il blocco attuale delle cessioni creato dal disimpegno degli istituti di credito e dai forti tassi d’interesse a volte praticati da società finanziarie.
“Bene la conversione in legge del decreto sulla cessione dei crediti, a cui sono state apportate le necessarie modifiche, ma purtroppo resta ancora irrisolto il problema principale, che segnaliamo da tempo, e cioè lo sblocco dei crediti incagliati. I timidi segnali di apertura manifestati da alcuni istituti bancari e da altri soggetti non sono sufficienti a tranquillizzare le imprese, che stanno continuando a lavorare nell’assoluta incertezza e che a breve rischiano di dover bloccare i cantieri per mancanza di liquidità, con gravi conseguenze su lavoratori e condomini” ha commentato Stefano Betti, vicepresidente ANCE per Edilizia e Territorio.
Antonio D’Intino, presidente di ANCE Chieti Pescara, ha sottolineato: “I numeri della misura del superbonus per l’Abruzzo al 31 marzo 2023 ci confermano che si tratta di un catalizzatore per il raggiungimento degli obiettivi dell’efficientamento energetico e della ricostruzione: abbiamo 11mila cantieri, per un totale di investimenti ammessi a detrazione di più di 2 miliardi di euro con una percentuale di lavori realizzati pari al 75,6. Abbiamo però bisogno di strumenti certi e un quadro normativo stabile per favorire l’organizzazione e la pianificazione dei lavori nell’interesse di tutti gli attori. Questi aspetti vanno curati in modo da salvaguardare gli investimenti di imprese e famiglie ed evitare pesanti ripercussioni a livello economico e sociale nella nostra Regione”.
“La discesa in campo delle imprese del comparto industriale e commerciale - ha aggiunto Antonio Piscione, presidente della Commissione 110% ODCEC Pescara e Presidente A.S.P.P.I. - è fondamentale ma non deve avvenire a caso: è necessaria la predisposizione di una strategia di acquisto basata su pianificazione finanziaria, pianificazione fiscale, valutazione di convenienza, verifica del credito e del cedente, dotazione di un buon contratto di cessione. L’acquisto dei crediti per le imprese costituirà un’ottima opportunità di investimento, anche grazie alla Legge 38/2023, caratterizzata da un basso rischio ed una redditività ad un tasso medio garantito che va dal 7% al 10% annuo”.
“Confindustria è sempre stata in prima linea nel voler garantire il corretto ed efficiente funzionamento dei bonus edilizi e dei relativi meccanismi di utilizzo - ha detto Emanuele Orsini, vicepresidente Confindustria per il credito, la finanza e il fisco -. Fuori dall’emergenza, non possiamo esimerci, però, da una visione prospettica, sul futuro degli strumenti agevolativi improntati all’efficientamento energetico e sismico degli edifici; si dovranno contemperare, da un canto, l’esigenza di sostenere gli investimenti con aliquote appetibili, dall’altro quella di non gravare eccessivamente sul bilancio dello Stato”.
Fonte: Edilportale.com
Via alla cessione del credito in 10 anni. L’Agenzia delle Entrate ha messo a punto il provvedimento che definisce le regole e le tempistiche per comunicare la scelta, che sarà irrevocabile.
La scelta di cessione del credito in 10 anni riguarda, lo ricordiamo, i crediti non ancora utilizzati relativi al Superbonus, al sismabonus e al bonus barriere architettoniche.
La possibilità di optare per la cessione del credito in 10 anni è stata introdotta per cercare di risolvere le difficoltà delle imprese con i cassetti fiscali pieni perché, dopo aver praticato lo sconto in fattura, non sono riuscite a cedere il credito corrispondente.
La quota residua di ciascuna rata annuale, anche se acquisita per cessione del credito successiva alla prima, può essere ripartita in 10 rate annuali di pari importo, a partire dall’anno successivo a quello di riferimento della rata originaria.
Dal momento che le regole sulla cessione del credito in 10 anni derivano dall’intreccio di due norme, cioè il Decreto Aiuti quater (Legge 6/20223) e Decreto blocca crediti (Legge 38/2023), la comunicazione dell’opzione segue due regimi temporali.
Per gli anni 2022 e seguenti si potrà scegliere di utilizzare in 10 anni i crediti residui, relativi al Superbonus, derivanti da opzioni di sconto in fattura e cessione del credito comunicati all’Agenzia delle Entrate entro il 31 ottobre 2022.
Per gli anni 2023 e seguenti si potrà scegliere di utilizzare in 10 anni i crediti residui, relativi al Superbonus, al sismabonus e al bonus barriere architettoniche, derivanti dalle comunicazioni inviate all’Agenzia delle Entrate dal 1° novembre 2022 al 31 marzo 2023.
L’opzione è irrevocabile, non rettificabile né annullabile.
Ogni rata può essere usata solo in compensazione, con modello F24 dal 1° gennaio al 31 dicembre del relativo anno di riferimento.
Non sono consentite ulteriori cessioni e ripartizioni, né l’utilizzo negli anni successivi o il rimborso di eventuali residui non spesi.
Il Provvedimento spiega che l’opzione di utilizzo del credito in 10 anni può essere esercitata anche solo per una parte della quota della rata.
Con comunicazioni successive si può comunicare la rateizzazione in 10 anni anche delle quote residue della stessa rata.
L’Agenzia fa anche un esempio numerico molto semplice: un soggetto che dispone di una rata 2023, relativa al sismabonus, di importo pari a 100 euro, e prevede di non avere sufficiente capacità per assorbirla in compensazione tramite F24 entro il 31 dicembre 2023, ha a disposizione 2 strade:
1. Stimare la quota della rata del 2023 che riuscirà a utilizzare in compensazione entro la fine dell’anno (per esempio 60 euro) e comunicare all’Agenzia delle entrate la restante parte della rata che non prevede di utilizzare (40 euro).
Questo importo residuo sarà ripartito in dieci rate annuali di 4 euro ciascuna, utilizzabili in compensazione dal 1° gennaio al 31 dicembre degli anni dal 2024 al 2033, non cedibili o ulteriormente rateizzabili.
Se alla fine del 2023 il soggetto avrà altri crediti residui non compensabili, potrà comunicare all’Agenzia di volerli ripartire nei successivi dieci anni.
2. Attendere la fine del 2023 per avere contezza dei crediti residui non compensabili e comunicare all’Agenzia di ripartirli nei successivi dieci anni.
Il Provvedimento dell’Agenzia fissa le tempistiche da seguire per comunicare la cessione del credito in 10 anni.
A partire dal 2 maggio 2023, i fornitori e i cessionari potranno accedere all’area riservata del sito dell’Agenzia. Nella “Piattaforma cessione crediti” sarà presente una nuova funzione, che consentirà di comunicare:
– la tipologia del credito;
– la rata annuale da ripartire nei successivi dieci anni;
– l’importo della rata.
Dal 3 luglio 2023 il servizio sarà attivo anche per gli intermediari provvisti di delega alla consultazione del Cassetto fiscale dei titolari dei crediti.
Fonte Edilportale.com
Sarà del 9,15% la percentuale del bonus sistemi di accumulo, il credito d’imposta riconosciuto per le spese sostenute per l’installazione di sistemi di accumulo dell’energia collegati ad impianti alimentati da fonti rinnovabili, come il fotovoltaico.
Lo ha stabilito l’Agenzia delle Entrate con Provvedimento del 5 aprile 2023, al termine del periodo utile per l’invio delle domande, dal 1° al 31 marzo 2023.
Alla scadenza dei termini per il bonus sistemi di accumulo, l’Agenzia ha ricevuto domande per 32.781.559 euro. Ma il bonus sistemi di accumulo aveva un limite di spesa complessivo di 3 milioni di euro. Di conseguenza, la percentuale del credito d’imposta – che partiva dal 100% nel caso in cui l’ammontare richiesto fosse stato inferiore ai 3 milioni di euro – è risultata pari al 9,1514% (3.000.000 / 32.781.559) dell’importo del credito richiesto.
Il bonus per i sistemi di accumulo dell’energia collegati ad impianti alimentati da fonti rinnovabili, come i pannelli fotovoltaici, consiste in un credito d’imposta per le persone fisiche che, dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022, hanno sostenuto spese documentate per installare accumulatori integrati in impianti di produzione elettrica alimentati da rinnovabili, anche se già esistenti e beneficiari degli incentivi per lo scambio sul posto (DL 91/2014).
Il bonus sistemi di accumulo di energia rinnovabile è stato istituito con la Legge di Bilancio 2022 (Legge 234/2021), regolato dal DM 6 maggio 2022 e disciplinato dal Provvedimento 11 ottobre 2022 dell’Agenzia delle Entrate che ha stabilito termini e modalità per beneficiarne.
Il bonus sistemi di accumulo è utilizzabile nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale sono state sostenute le spese agevolabili, in diminuzione delle imposte dovute. L’eventuale ammontare del credito d’imposta non utilizzato potrà essere fruito nei periodi di imposta successivi.
Fonte: Edilportale.com
Negli interventi che uniscono o suddividono gli immobili, i limiti di spesa ai fini del superbonus vanno individuati in base alle unità immobiliari censite in catasto all’inizio dei lavori.
Nel caso di un edificio composto da un’unità abitativa e da due pertinenze, il limite di spesa per gli interventi antisismici sarà di 96mila euro, anche se a fine lavori il magazzino diventerà un’unità A/3 (abitazione di tipo economico) e quindi gli immobili residenziali realizzati saranno due.
In sostanza, per l’applicazione delle detrazioni conta la situazione preesistente ai lavori e non quella successiva. È questa, in sintesi, la Risposta 765 del 9 novembre 2021 dell’Agenzia delle Entrate.
A porre il quesito è stato il comproprietario di un fabbricato composto da un’unità abitativa accatastata A/3 e da due pertinenze, di cui una accatastata C/6, con destinazione d’uso ‘autorimessa’ e una accatastata C/2, con destinazione d’uso ‘magazzino’.
Il contribuente chiede quale sia il limite di spesa ammesso al superbonus considerando che una parte di magazzino a fine intervento diventerà un immobile residenziale e quindi le unità abitative saranno due.
L’Agenzia fa presente che – in linea con la prassi in materia di detrazioni per interventi di riqualificazione energetica e di recupero del patrimonio edilizio, compresi quelli antisismici, (articoli 14 e 16 del DL 63/2013) – per l’individuazione dei limiti di spesa nel caso in cui gli interventi comportino l’accorpamento di più unità immobiliari o la suddivisione di un’unica unità, vanno considerate le unità immobiliari censite in Catasto all’inizio degli interventi edilizi e non quelle risultanti alla fine dei lavori. Tale criterio, come chiarito anche dalla Circolare 30/2020, vale anche per il superbonus.
Di conseguenza, nel rispetto di tutti i requisiti e adempimenti previsti dalla normativa, il proprietario dell’immobile deve considerare che i limiti di spesa saranno pari a:
– 96mila euro per gli interventi antisismici;
– 50mila euro per l’isolamento termico delle pareti esterne;
– 30mila euro per la sostituzione della centrale termica;
– 54.545 euro per la sostituzione degli infissi;
– 48mila euro per l’impianto fotovoltaico;
– 48mila euro per il relativo sistema di accumulo.
FONTE: Edilportale.com
Se il condominio usufruisce del superbonus 110% per l’isolamento termico dell’involucro e per la sostituzione della caldaia centralizzata, trainando di conseguenza il cambio degli infissi nelle singole unità immobiliari, i condòmini possono usufruire anche del bonus mobili nelle singole unità?
Lo ha chiesto un contribuente all’Agenzia delle Entrate, dal momento che il bonus mobili è normalmente previsto a seguito di sostituzione di infissi esterni con modifica di materiale o tipologia di infisso.
L’Agenzia ha ricordato i requisiti di base del bonus mobili ed elettrodomestici: è necessario che sugli immobili destinati ad accogliere tali beni siano effettuati determinati interventi edilizi, ovvero manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia sulle singole unità immobiliari (ex lettere b), c) e d) dell’articolo 3 del TU Edilizia – Dpr 380/2001.
Pertanto, prosegue l’Agenzia, dal momento che la sostituzione di infissi esterni con modifica di materiale o tipologia di infisso nelle singole unità immobiliari rientra tra gli interventi di manutenzione straordinaria, la risposta al quesito è affermativa.
Inoltre, il Fisco ricorda che possono richiedere il bonus mobili anche coloro che usufruiscono del sismabonus e del superbonus (di cui al comma 4 dell’articolo 119 del DL Rilancio – 34/2020) e che l’agevolazione spetta anche nell’ipotesi in cui i contribuenti titolari delle detrazioni optino, in luogo della fruizione diretta delle stesse, dello sconto in fattura o della cessione del credito.
Per concludere, i condòmini possono usufruire del bonus mobili nelle singole unità del condominio interessato dai lavori di isolamento termico e sostituzione degli infissi esterni agevolati dal superbonus 110%.
FONTE: Edilportale.com
La presenza di un materiale nel prezzario DEI non è una condizione sufficiente per dimostrare la sua rispondenza ai requisiti richiesti per usufruire del Superbonus. Lo ha spiegato Enea con una nota pubblicata nei giorni scorsi.
Per poter accedere al Superbonus, i prodotti utilizzati negli interventi di riqualificazione energetica devono rispettare una serie di requisiti tecnici ed è necessaria l’asseverazione della congruità delle spese.
Le valutazioni, però, non possono essere condotte in modo automatico. Come affermato da Enea, i tecnici sono chiamati a valutazioni puntali.
Enea nella nota spiega che “l’inclusione dei prodotti per l’edilizia nel prezzario DEI non costituisce di per sé garanzia circa la conformità degli stessi a tutta la normativa a questi applicabile, compresa la rispondenza tecnica ai requisiti previsti dal Decreto “Requisiti” (DM 6 agosto 2020) ai fini dell’ammissibilità ai benefici dell’Ecobonus e del Superbonus”.
I professionisti, spiega la nota, devono acquisire la documentazione che dimostri la conformità dei prodotti utilizzati alla normativa che regola il superbonus.
La verifica dei requisiti dei materiali e dei sistemi isolanti, scrive Enea, deve essere effettuata sulla base della nota sulle prestazioni dei materiali isolanti, diffusa a dicembre 2020. La nota spiega che per gli interventi con data di inizio lavori precedente al 6 ottobre 2020 (data di entrata in vigore del DM 6 agosto 2020) si applicano i limiti riportati nel DM 11 marzo 2008, coordinato con il DM 26 gennaio 2010. Per gli interventi iniziati a partire dal 6 ottobre 2020 si applicano i limiti riportati nell’Allegato E del DM 6 agosto 2020.
Ma come è nata la convinzione che la presenza di un materiale nel prezzario DEI lo renda automaticamente idoneo ad essere utilizzato nell’ambito di un lavoro agevolato dal Superbonus?
L’Allegato A al DM 6 agosto 2020 prevede che il tecnico asseveri il rispetto dei costi massimi per tipologia di intervento previsti dai prezzari predisposti dalle regioni e dalle province autonome territorialmente competenti o, in alternativa, ai prezzi riportati nelle guide sui “Prezzi informativi dell’edilizia” edite dalla casa editrice DEI – Tipografia del Genio Civile.
La sola presenza del materiale nel prezzario non prova l’idoneità per ottenere il Superbonus. Ai fini della detrazione maggiorata, ci sono infatti dei requisiti tecnici da rispettare per attestare il miglioramento della prestazione energetica: quelli relativi all’isolamento termico e agli impianti sono indicati negli altri allegati al DM 6 agosto 2020.
I materiali isolanti devono inoltre essere conformi ai criteri ambientali minimi (CAM) indicati nel DM 11 ottobre 2017. Questo requisito è stato previsto dal Decreto Rilancio fin dalla nascita del Superbonus proprio per favorire l’utilizzo di materiali sostenibili.
Tutti questi requisiti vanno verificati, unitamente ai prezzi, a cura del tecnico.
FONTE: Edilportale.com
Superbonus 110% anche per le unifamiliari fino al 30 giugno 2022 alle decisioni finali. Come anticipato nei giorni scorsi si riunirà oggi la Commissione UE per valutare la proposta del Consiglio relativa all’approvazione della valutazione del piano per la ripresa e la resilienza dell’Italia (PNRR) e alle proroghe previste per le detrazioni fiscali del 110%.
Parlare di superbonus 110% porta inevitabilmente ad affrontare quello che è ormai stato definito il “problema” dell’orizzonte temporale di riferimento. La fruizione delle detrazioni fiscali del 110% e le relative opzioni alternative (sconto in fattura e cessione del credito) sono state oggetto di modifiche nel corso dell’ultimo anno, soprattutto per quel che attiene il periodo nel quale si devono sostenere le spese di riqualificazione energetica e riduzione del rischio sismico.
L’orizzonte temporale di fruizione del superbonus è stato, infatti, modificato già due volte dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio):
dalla Legge di Bilancio 2021 (legge n. 178/2020);
dal Decreto Legge n. 59/2021 convertito dalla Legge n. 101/2021.
Ma mentre le ultime modifiche di cui al D.L. n. 59/2021 sono entrate immediatamente in vigore con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, le proroghe previste dalla Legge di Bilancio 2021 hanno richiesto l’intervento della Commissione UE che avrebbe dovuto prima approvarle.
In particolare, senza le proroghe della Legge di Bilancio, l’orizzonte temporale di fruizione del bonus 110% è il seguente:
Tipologia Termine per il 60% dei lavori Scadenza finale
Persone fisiche (edifici unifamiliari) 31/12/2021 (*)
Persone fisiche con edifici plurifamiliari da 2 a 4 unità 30/06/2022 31/12/2022
Condomini 31/12/2022
IACP 30/06/2023 31/12/2023
Altri beneficiari 31/12/2021 (*)
(*) Così come previsto al comma 74 dell’articolo 1 della legge 30/12/2020, n.178 (legge di Bilancio 2021) tale data, previa approvazione del Consiglio dell’Unione europea, traslerebbe al 30 giugno 2022.
FONTE: LAVORIPUBBLICI.IT
È in vigore da poco meno di due mesi la Legge di Bilancio 2018 e con essa le misure di agevolazione fiscale, comprese quelle per la casa.
Oltre ai bonus fiscali per gli interventi di ristrutturazione edilizia, riqualificazione energetica e adeguamento antisismico, la Legge di Bilancio 2018 contiene una norma che prova a chiarire una questione spinosa: l’ambito di applicazione dell’aliquota IVA del 10% nei lavori di recupero edilizio, che da anni tormenta committenti e imprese.
Per facilitarne la comprensione, il Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia ha spiegato tale norma di interpretazione autenticadell’applicazione dell’aliquota IVA del 10% alle prestazioni relative ad interventi di recupero del patrimonio edilizio.
La norma riguarda l’articolo 7, comma 1, lett. b), della Legge 488/1999, che prevede l’applicazione dell’aliquota IVA del 10% alle prestazioni relative ad interventi di recupero del patrimonio edilizio, cioè manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia (ex articolo 31, comma 1, lettere a), b), c) e d), della Legge 457/1978) realizzati su fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata.
Con il successivo DM 29 dicembre 1999 sono stati individuati i beni che costituiscono una parte significativa del valore delle forniture effettuate nell’ambito delle prestazioni, ai quali si applica l’IVA al 10% fino a concorrenza del valore complessivo della prestazione relativa all’intervento di recupero, al netto del valore dei predetti beni.
Con la norma di interpretazione autentica, viene chiarito che l’individuazione dei beni che costituiscono una parte significativa del valore delle forniture effettuate nell’ambito delle prestazioni aventi per oggetto interventi di recupero del patrimonio edilizio e delle parti staccate, si effettua in base all’autonomia funzionale delle parti rispetto al manufatto principale, come individuato nel DM 29 dicembre 1999.
Come valore dei predetti beni deve essere assunto quello risultante dall’accordo contrattuale stipulato dalle parti contraenti, che deve tenere conto solo di tutti gli oneri che concorrono alla produzione dei beni stessi e, dunque, sia delle materie prime che della manodopera impiegata per la produzione degli stessi e che, comunque, non può essere inferiore al prezzo di acquisto dei beni stessi.
La fattura emessa dal prestatore che realizza l’intervento di recupero agevolato deve indicare:
– il servizio che costituisce l’oggetto della prestazione;
– i beni di valore significativo, che sono forniti nell’ambito dell’intervento stesso.
Sono fatti salvi i comportamenti difformi tenuti fino al 1° gennaio 2018. Non si fa luogo al rimborso dell’imposta sul valore aggiunto applicata sulle operazioni effettuate.
La nota del Ministero dell’Economia ribadisce quanto spiegato lo scorso novembre nel Dossier del Servizio Studi del Senato.
Fonte: Edilportale.com
Più vicina l’adozione del glossario unico delle opere edilizie; dopo un anno di attesa, infatti, nella Conferenza Unificata di oggi è stato approvato un primo elenco delle opere edilizie realizzabili in edilizia libera.
L’elenco, previsto dalla disciplina sulla Scia (D.lgs. 222/2016), dovrebbe garantire omogeneità di regime giuridico in tutto il territorio nazionale ed essere consultabile in modo agevole anche dai non addetti ai lavori grazie ad una tabella con l’individuazione della categoria di intervento a cui appartiene un’opera edilizia e del conseguente regime giuridico.
Tuttavia, visto l’elevato numero e la disomogeneità delle opere edilizie da includere, è stato stabilito di predisporre, in fase di prima attuazione, un glossario contenente l’elenco delle principali opere edilizie realizzabili in attività edilizia libera. Per le opere edilizie realizzabili mediante CILA, SCIA, permesso di costruire e SCIA alternativa al permesso di costruire, gli elenchi saranno adottati in seguito.
Il primo glossario è un elenco non esaustivo delle principali opere, suddiviso in ‘opera’ ed ‘elemento’. Consulta l’elenco degli interventi
Ad esempio, per interventi su ‘le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici’ si intendono le opere di installazione, riparazione, sostituzione, rinnovamento dei seguenti elementi:
– opera per arredo da giardino (es. barbecue in muratura/ fontana/muretto/scultura/fioriera, panca) e assimilate;
– gazebo, di limitate dimensioni e non stabilmente infisso al suolo;
– pergolato, di limitate dimensioni e non stabilmente infisso al suolo;
– ripostiglio per attrezzi, manufatto accessorio di limitate dimensioni e non stabilmente infisso al suolo;
– tenda, tenda a pergola, pergotenda, copertura leggera di arredo;
– elemento divisorio verticale non in muratura, anche di tipo ornamentale e similare.
Tra “gli interventi volti all’eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio” vengono indicati i seguenti elementi:
– ascensore, montacarichi;
– servoscala e assimilabili:
– rampa;
– apparecchio sanitario e impianto igienico e idro-sanitario;
– dispositivi sensoriali.
Gli ordini e collegi professionali della Rete Professioni Tecniche (RPT) hanno espresso soddisfazione per l’approvazione del primo stralcio del glossario unico che ridurrà in modo significativo il contenzioso e l’incertezza normativa.
Secondo RPT “il provvedimento, quando sarà completo, consentirà di individuare puntualmente quali opere edilizie rientrano nel concetto di manutenzione ordinaria, quali nella manutenzione straordinaria e così via, eliminando l’incertezza e dunque la discrezionalità che ancora vige sul punto”.
La Rete evidenzia che questa prima parte del glossario unico comporta una reale semplificazione dell’edilizia e potrà essere integrato da successivi provvedimenti diretti ad individuare il titolo edilizio richiesto per le restanti opere.
Il glossario dovrebbe chiudere il cerchio delle semplificazioni in materia di edilizia iniziate con il Dlgs 222/2016 che ha modificato il Testo unico dell’edilizia (Dpr 380/2001). Ricordiamo che il Decreto ha ridotto da sette a cinque le procedure edilizie principali (edilizia libera, Cila, Scia, permesso di costruire e Scia alternativa al permesso di costruire).
Inoltre, l’allegato al Dlgs 222/2016 contiene una tabella che indica la procedura richiesta per ogni lavoro. Tuttavia, essendo organizzata in base alle procedure e ai titoli abilitativi, tale tabella non permette una consultazione immediata; per questa ragione si è optato per la realizzazione del glossario unico che esplicita in un elenco (non esaustivo) gli interventi principali che si possono realizzare con un determinato titolo abilitativo.
Un’iniziativa simile a quella del glossario unico è stata la redazione delle 42 definizioni standardizzate allegate al Regolamento edilizio tipo. Le definizioni individuano, in un modo che sarà pressochè lo stesso in tutta Italia, cosa si intende per superficie, edificio, soppalco, veranda, tettoia e molto altro ancora.
Fonte: edilportale.com
Oltre 105 milioni di euro per le verifiche di vulnerabilità sismica sulle scuole e la progettazione degli interventi necessari. Lo prevede il DM 8 agosto 2017 del Ministero dell’Istruzione, pubblicato in Gazzetta Ufficiale nei giorni scorsi.
Le risorse, derivanti dalla revoca di precedenti finanziamenti, copriranno le spese delle verifiche di vulnerabilità sismica degli edifici scolastici ricadenti nelle zone 1 e 2. È prevista una riserva del 20% in favore degli enti locali che si trovano nelle quattro regioni interessate dagli eventi sismici degli anni 2016 e 2017.
I fondi finanzieranno anche la progettazione degli interventi ritenuti necessari dopo le indagini. I progetti potranno essere inseriti nella programmazione triennale nazionale
I nuovi enti locali beneficiari saranno individuati con un bando della Direzione generale per interventi in materia di edilizia scolastica, per la gestione dei fondi strutturali per l’istruzione e per l’innovazione digitale.
La valutazione delle verifiche di vulnerabilità sismica e dei progetti da finanziare seguirà i criteri stabiliti dal Miur in collaborazione con il Dipartimento della Protezione Civile e il Dipartimento “Casa Italia”.
Le risorse sono state recuperate con la revoca di finanziamenti concessi agli enti locali, ma poi non utilizzati. La Legge sulla “Buona Scuola” (L. 107/2015) ha previsto infatti il monitoraggio degli investimenti per la sicurezza delle scuole, effettuati sulla base dei finanziamenti concessi con le leggi 488/1986 e 430/1991, e la revoca delle risorse non utilizzate dagli enti locali.
Dopo il monitoraggio, è stato definito l’elenco dei Comuni cui sono state revocati i finanziamenti (contenuto nell’Allegato al decreto). Che ora saranno riassegnati.
Fonte: edilportale.com